Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21471 del 16/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21471 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DESIDERIO LUCIANA nato il 08/07/1964 a NAPOLI
GRANDO DANIELA nato il 30/06/1969 a LIMBIATE

avverso la sentenza/ordinanza del 08/10/2015 della CORTE APPELLO di
BOLOGNA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere MIRELLA CERVADORO;

Data Udienza: 16/05/2016

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
La CORTE APPELLO di BOLOGNA, con sentenza in data 08/10/2015, riformando, in accoglimento
dell’appello della parte civile e ai soli effetti civili, la sentenza pronunciata dal TRIBUNALE di
MODENA, in data 23/04/2008, che aveva assolto DESIDERIO LUCIANA e GRANDO DANIELA in
relazione ai reati contestati di cui agli artt. 640 e 367 c.p., dichiarava le predette responsabili dei
reati loro ascritti e le condannava a pagare in favore della Società Generali Italia s.p.a., a titolo di
risarcimento del danno la somma di euro 10.000.
Propongono ricorso per cassazione, con unico atto, Desiderio e Grando, deducendo mancanza,
illogicità e contraddittorietà della motivazione

secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di
cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui
valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle
risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944; tra le
più recenti: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 – 06/02/2004, Elia, Rv. 229369). I motivi proposti
tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di
valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi
logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento.
La novella codicistica, introdotta con la L. del 20 febbraio 2006, n. 46 ,che ha riconosciuto la
possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il riferimento ad atti processuali
specificamente indicati nei motivi di impugnazione, non ha mutato la natura del giudizio di
cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimità, sicchè gli atti eventualmente indicati,
che devono essere specificamente allegati per soddisfare il requisito di autosufficienza del ricorso,
devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa ed obiettivamente
incontrovertibili, che possano essere considerati decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del
provvedimento impugnato e nell’ambito di una valutazione unitaria, e devono pertanto essere tali
da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso. Resta, comunque, esclusa la possibilità di
una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di
merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa
ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova.
E’ stato ulteriormente precisato che la modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto
della legge n. 46 del 2006, non consente alla Cassazione di sovrapporre la propria valutazione a
quella già effettuata dai giudici di merito mentre comporta che la rispondenza delle dette
valutazioni alle acquisizioni processuali può essere dedotta nella specie del cosiddetto travisamento
della prova, a condizione che siano indicati in maniera specifica e puntuale gli atti rilevanti e
sempre che la contraddittorietà della motivazione rispetto ad essi sia percepibile ‘ictu oculi’,
dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza,
senza che siano apprezzabili le minime incongruenze. (Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006, Francia,
Rv. 234099)
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dai ricorsi (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), ciascuno al
versamento della somma, che si ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.

Il motivo è inammissibile, in quanto, oltre ad essere del tutto generico, non è consentito. Infatti,

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ciascuna della somma di euro duemila alla cassa delle ammende.

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