Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2145 del 16/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2145 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) HALLOUM ABDELGHANI N. IL 27/01/1980
2) KABOURI MOHAMED N. IL 29/07/1985
avverso la sentenza n. 2232/2012 GIP TRIBUNALE di BOLOGNA, del
27/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 16/11/2012

1) Con sentenza del 27.3.2012 il &IP del Tribunale di Bologna applicava a Halloum
Abdeighani e Kabouri Mohamed, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche e ritenuta la diminuente per la scelta del rito, la pena concordata ex
art.444 c.p.p. di anni 2, mesi 8 di reclusione ed euro 12.000,00 di multa ciascuno per
il reato di cui agli artt.110 c.p. e 73 DPR 309/90 ascritto.
Propongono ricorso per cassazione entrambi gli imputati, denunciando la carenza di
motivazione della sentenza impugnata, in particolare in relazione alla qualificazione
giuridica, alla congruità della pena ed al mancato riconoscimento della circostanza
attenuante di cui all’art.73 comma 7 DPR 309/90.
2) I ricorsi sono manifestamente infondati.
2.1) L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo processuale in
virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla qualificazione
giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla
comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte sua il
giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e
la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non emerga in
modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art.129 c.p.p.
2.2) In ordine alla lamentata omessa motivazione sulla congruità della pena, secondo la
giurisprudenza di questa Corte “In mancanza di • elementi macroscopicamente
rivelatori di incongruità, per eccesso o per difetto, il giudizio in ordine alla ritenuta
congruità della pena patteggiata nei limiti di cui all’art.27 comma terzo Costituzione
può dirsi adeguatamente motivato, quando il giudice si limiti ad esplicitare la propria
valutazione in tal senso, allorchè risulti dal contesto dell’intera decisione che, nella
valutazione complessiva, egli ha tenuto presenti quegli elementi che possono assumere
rilevanza determinante, come le circostanze del reato e la condizione personale
dell’imputato” (cfr.Cass.sez.6, ord. n.549 dell’11.2.1994).
La possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, poi, l’erronea qualificazione del
fatto contenuta in sentenza deve essere limitata ai casi di errore manifesto, ossia ai
casi in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui
reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione
presenti margini di opinabilità “(ex plurimis Cass.pen. sez.4 n.10692 dell’11.3.2010;
sez.6 n.45688 del 20.11.2008; sez.3 n.44278 del 2310.2007).
2.3) Posto che il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art.73 comma 7
DPR 309/90 non faceva parte del concordato, il&IP ha ratificato l’accordo tra le
parti, ritenendo corretta la qualificazione giuridica e congrua la pena concordata.
2.4) I ricorsi debbono, quindi, essere dichiarati inammissibili, con condanna det
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento

1

OSSERVA

della somma che pare congruo determinare in curo 1.500,00 ciascuno ai sensi
dell’art.616 c.p.p.

P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.500,00 ciascuno.
Così deciso in Roma il 16 novembre 2012
Il Consigliere est.

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