Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2144 del 12/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 2144 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ANDRIOLA NICOLA N. IL 02/01/1976
avverso la sentenza n. 2857/2011 CORTE APPELLO di BARI, del
18/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la pa civile, l’Avv
Udit i di nsor Avv.

Data Udienza: 12/06/2013

.,

D’Angelo, ha

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giovanni
concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
per il ricorrente è presente l’avv. Andrea Provini, di ufficio

,

che chiede

l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

sentenza della Corte d’appello di Bari, in data 18 aprile 2012, con la quale era
confermata la sentenza del giudice monocratico del Tribunale di Bari del 31
maggio 2011, che lo condannava per i delitti di spendita e introduzione di
monete falsificate nello Stato, in relazione all’acquisto presso l’ipermercato
“Ipercoop” di Bari Japigia di due telefoni cellulari, pagati con quattro banconote
contraffatte da C 100.
2. Il ricorrente deduce due motivi:
a) violazione dell’articolo 606 lettera B, C ed E c.p.p., in relazione agli articoli
192, 351, 362, 213 e 214 c.p.p., con riferimento all’attività di individuazione
personale compiuta dalla polizia giudiziaria in fase investigativa, in assenza di
contraddittorio, laddove sarebbe stato necessario procedere ad una “ricognizione
di persona”, mediante lo strumento dell’incidente probatorio;
b) violazione dell’articolo 606, lettera A, c.p.p., in relazione all’art. 603 c.p.p.,
per non aver proceduto né il Tribunale, né la Corte d’appello, alla escussione
testimoniale della persona offesa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso dell’imputato è inammissibile.
1. Il primo motivo, con il quale il ricorrente censura l’affermazione di
responsabilità, perché fondata sulla deposizione della persona offesa (che a suo
giudizio non può considerarsi nemmeno un teste) anziché su una formale
ricognizione di persona, è manifestamente infondato.
1.1 Deve al riguardo rilevarsi, in contrario, che il giudice di merito può trarre il
proprio convincimento anche da ricognizioni non formali e riconoscimenti
fotografici perché, nell’ambito dei poteri discrezionali che l’ordinamento gli
riconosce, può attribuire concreto valore indiziante o probatorio all’identificazione
dell’autore del reato mediante riconoscimento fotografico, che costituisce
accertamento di fatto utilizzabile in virtù dei principi di non tassatività dei mezzi

2

1. Andriola Nicola propone personalmente ricorso per cassazione, contro la

di prova e del libero convincimento (V., tra le altre, Sez. 4, n. 45496 del
14/10/2008, Capraro, Rv. 242029; Sez. 2, n. 7530 del 25/03/1998, Daccò, Rv.
210926).
1.2 Nel caso di specie il riconoscimento dell’imputato è stato operato da Pagliara
Carmela, titolare del punto vendita che incassò le quattro banconote false, in
fase investigativa, come risulta dal verbale di identificazione del 19.7.2006,
acquisito dal Tribunale sull’accordo delle parti e dunque utilizzabile ai fini della

decisione impugnata, per cui, contenendo le due decisioni un’analisi ed una
valutazione concorde degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive
conclusioni – cd. doppia conforme – ai fini della valutazione della congruità del
provvedimento impugnato, occorre avere riguardo anche alla stessa; Sez. 1, n.
8868 del 26/06/2000, Sangiorgi, Rv. 216906; Sez. 2, n. 5606 del 10/01/2007,
Conversa, Rv. 236181) dà atto che la persona riconobbe senza alcuna esitazione
l’effige dell’imputato tra quelle di sette persone, tutte raffigurate in foto e con
connotazioni omogenee.
Il riconoscimento ha poi trovato riscontro nell’accertamento della proprietà
dell’autovettura utilizzata dall’imputato per allontanarsi dal negozìp, intestata
alla moglie dell’Andriola; sicchè la valutazione di attendibilità del riconoscimento,
pur in mancanza di escussione diretta della persona offesa, è logicamente
argomentata e dunque incensurabile.
1.3 La doglianza di violazione del principio del contraddittorio non può trovare
ascolto, poiché l’utilizzazione dell’atto investigativo è diretta conseguenza
dell’accordo delle parti, ai sensi dell’art. 493, comma 3, cod. proc. pen.
2. Quanto alla deduzione di vizio di motivazione in ordine alla mancata
escussione della persona offesa, ai sensi dell’art. 507 o 603 cod. proc. pen, la
stessa risulta parimenti manifestamente infondata, oltre che generica, poiché
non si confronta con la motivazione del giudice di appello in ordine al diniego
della rinnovazione dell’istruttoria, giustificata in ragione dell’accordo delle parti in
ordine all’utilizzazione della prova già indicato.
2.1 In ogni caso va ricordato che la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale,
ex art. 603, comma secondo, cod. proc. pen., è doverosa in caso di nuove prove
sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, salvo il limite costituito
da richieste di prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti;
diversamente, nell’ipotesi contemplata dall’art. 603, comma primo, cod. proc.
pen., come nel caso in esame, la rinnovazione è subordinata alla condizione che
il giudice ritenga, nell’ambito della propria discrezionalità, che i dati probatori già

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decisione. La sentenza di primo grado (la cui motivazione è richiamata dalla

acquisiti siano incerti e che l’incombente processuale richiesto rivesta carattere
di decisività (Sez. 2, n. 31065 del 10/05/2012, Lo Bianco, Rv. 253526; Sez. 2, n.
3458 del 01/12/2005, Di Gloria, Rv. 233391).
1.4 La rigorosa condizione cui è subordinato l’abbandono del principio di oralità
vigente nel giudizio di appello, che è procedimento critico avente per oggetto la
sentenza di primo grado, è stata motivatamente esclusa dalla Corte territoriale,
che ha evidenziato la superfluità del mezzo di prova, alla luce della concludenza

fotografica.
1.5 Per concludere sul punto, va ricordato che questa Corte ha recentemente
osservato che, mentre la rinnovazione deve essere specificamente motivata,
occorrendo dare conto dell’uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita
consapevolezza di non potere decidere allo stato degli atti, nel caso, viceversa, di
rigetto, la relativa motivazione può essere anche implicita nella stessa struttura
argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la
sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in senso positivo o
negativo sulla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di
rinnovare il dibattimento (Sez. 5, n. 15320 del 10/12/20092, Pacini, Rv. 246859;
Sez. 3, n. 24294 del 07/04/2010, D. S. B., Rv. 247872).
3. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla declaratoria
di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali nonché (trattandosi di causa di inammissibilità
riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte
Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000) al versamento, a favore della
cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare
in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2013
Il consigliere estensore

Il presidente

delle prove già acquisite e dell’accordo tra le parti ad utilizzare l’individuazione

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