Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21423 del 10/04/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21423 Anno 2018
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
HATEM BOSSEDI nato il 13/09/1992

avverso la sentenza del 18/09/2017 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA PELLEGRINO;

Data Udienza: 10/04/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo: mancanza e
manifesta illogicità della motivazione per travisamento dei fatti e delle risultanze processuali in
ordine ai reati contestati e all’operato trattamento sanzionatorio.
Il motivo è generico e manifestamente infondato.
Tra i requisiti del ricorso per cassazione vi è anche quello, sancito a pena di inammissibilità,
della specificità dei motivi: il ricorrente ha non soltanto l’onere di dedurre le censure su uno o
più punti determinati della decisione impugnata, ma anche quello di indicare gli elementi che
sono alla base delle sue lagnanze.
Nel caso di specie, il motivo è manifestamente infondato perché privo dei requisiti prescritti
dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della
sentenza impugnata ampia e logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base
della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi
mossi ed esercitare il proprio sindacato.

Il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel
materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con
il ricorso per cassazione quando la decisione impugnata abbia riformato quella di primo grado,
non potendo, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, essere superato il limite costituito dal
devolutum con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per
rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non
esaminati dal primo giudice (Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009, P.C. in proc. Buraschi, Rv.
243636; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499; Sez. 4, n. 4060 del
12/12/2013, dep. 2014, Capuzzi, Rv. 258438).

Infine, va ricordato come la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle
diminuzioni previsti per le circostanze aggrayanti ed attenuanti, rientri nella discrezionalità del
giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi
enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel
giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui
determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del
30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre.
Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie
in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di
gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a
dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: “pena
congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla
capacità a delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596).

La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 18/09/2017, confermava la condanna alla
pena ritenuta di giustizia pronunciata dal Tribunale dì Roma, in data 14/12/2016, nei confronti
di Hatem Bossedi, in relazione ai reati di rapina e di lesioni personali.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte cost. 13 giugno
2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della
cassa delle ammende
P.Q.M.

Così deciso in Roma il 10/04/2018

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.

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