Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21416 del 18/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21416 Anno 2016
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LUBRANO DI DIEGO GIUSEPPE N. IL 05/12/1963
avverso l’ordinanza n. 6407/2015 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
07/12/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere D.Qtt. GIUSEPPE DE MARZO;
>W-T-sentite le conclusioni del PG Dott. -4 ) 14.9___ 1-,,t • /
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(1.

Udit

ensor Avv.;

Data Udienza: 18/04/2016

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 07/12/2015 il Tribunale di Napoli, decidendo sulla richiesta
di riesame proposta nell’interesse di Giuseppe Lubrano Di Diego, ha confermato
il provvedimento applicativo della misura della custodia cautelare in carcere,
puntualizzando, per quanto ancora rileva: a) che l’obbligo di trasmissione al
tribunale del riesame degli atti posti a fondamento della richiesta del pubblico
ministero e di quelli sopravvenuti favorevoli non concerne quelli già a conoscenza
della difesa; b) che la personalità negativa e trasgressiva del ricorrente non

meno affliìtiva degli arresti domiciliari.
2. L’indagato ha personalmente proposto ricorso per cassazione, con il quale si
lamentano vizi motivazionali e violazione di legge.
Egli: a) per un verso, ribadisce che, nel caso di specie, non erano stati trasmessi
al tribunale del riesame il verbale contenente la trascrizione della relazione fatta
dall’ufficiale di polizia giudiziaria, nel corso del giudizio direttissimo, e il verbale
contenente la trascrizione dell’interrogatorio dell’indagato, ossia atti il cui
contenuto era stato utilizzato dall’ordinanza applicativa della misura; b) per altro
verso, rileva che il provvedimento impugnato non indica le specifiche ragioni per
le quali ha ritenuto inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari
con le procedure di controllo di cui all’art. 275-bis, comma 1, cod. proc. pen.,
giacché, nel far riferimento alla capacità di autodeterminazione del ricorrente,
trascura di considerare che proprio il presidio elettronico attenua la necessità di
siffatta capacità di autodeterminazione.
Considerato in diritto
1. La prima articolazione del motivo è infondata.
Il Collegio è consapevole che, in un’occasione, in passato, questa Corte ha
ritenuto che, in tema di riesame, l’omessa o tardiva trasmissione al tribunale
degli atti concernenti la convalida dell’arresto, quando i relativi adempimenti
abbiano preceduto la richiesta del P.M. di applicazione della misura cautelare poi
impugnata, comporta l’inefficacia della misura stessa secondo il disposto del
comma 10 dell’art. 309 cod. proc. pen., a nulla rilevando il fatto che gli atti si
siano formati nel contraddittorio tra le parti e che il giudice della cautela già li
conoscesse nel momento della loro evocazione a sostegno della domanda
cautelare (Sez. 4, n. 35952 del 03/04/2003, Pacini, Rv. 228305, resa in un caso
in cui, essendo stato l’arrestato presentato al giudice per la celebrazione del rito
direttissimo, la richiesta di applicazione della misura cautelare era stata
preceduta da una relazione degli operanti e dall’interrogatorio dell’interessato,
oltreché dalla convalida dell’arresto, atti poi non trasmessi al tribunale del
riesame).
1

consentiva di formulare una prognosi favorevole in ordine al rispetto della misura

Tuttavia, secondo il condiviso orientamento maggioritario della giurisprudenza di
legittimità, in caso di riesame, tra gli atti che il P.M. deve trasmettere al
tribunale ai sensi dell’art. 309, comma 5, cod. proc. pen. non rientra il verbale
dell’udienza di convalida dell’arresto (o del fermo) contenente l’interrogatorio
dell’arrestato (o fermato), posto che tale documentazione non è stata
“presentata” a corredo della richiesta del pubblico ministero di applicazione della
misura coercitiva, ma è il risultato di un’attività svolta al cospetto del giudice in
una sede caratterizzata dalla piena esplicazione del contraddittorio; ne consegue

della conoscenza dell’atto in questione e quindi egli ha assicurata la sua facoltà
di controdeduzione rispetto a una simile risultanza probatoria alla quale abbia
fatto eventualmente riferimento il giudice nell’ordinanza applicativa (Sez. 6, n.
10493 del 12/02/2001, Talbi, Rv. 218436; v. anche Sez. 6, n. 24387 del
01/03/2005, Oleandro, Rv. 231859; Sez. 4, n. 1581 del 16/11/2007 dep. 14/01/2008, Altamura, Rv. 238574).
Altra e distinta questione riguarda la necessaria corrispondenza tra gli atti
conosciuti dal giudice ai fini dell’applicazione della misura e quelli conoscibili
dall’organo del riesame. Ove essa non sia assicurata, può prodursi una
menomazione del contraddittorio davanti al giudice della impugnazione e quindi
una lesione del diritto di difesa esplicabile in tale sede, posto che questo diritto
non postula solo la conoscenza del materiale probatorio (o indiziario) da parte
della difesa, ma anche la possibilità di convincere l’organo della impugnazione
delle tesi difensive, sul presupposto che gli elementi fondanti la decisione
impugnata, e sottoposti a critica, siano conoscibili anche dal giudice del
gravame.
Tali considerazioni sono poi corroborate dalla natura del riesame, che, ai sensi
dell’art. 309, comma 6 e 9, cod. proc. pen., ha natura di mezzo di impugnazione
non devolutivo.
Tuttavia, una simile lesione non può essere prospettata in via astratta, ma
attraverso la deduzione di specifici elementi idonei a sostenere la tesi che il
giudice investito della impugnazione abbia erroneamente interpretato le
risultanze indiziarie proprio in relazione alla mancata conoscenza di un atto sul
quale si è basata la decisione del primo giudice.
Ciò non è avvenuto nel caso in esame, avendo il ricorrente esclusivamente
lamentato la mancata trasmissione del verbale contenente la trascrizione della
relazione dell’operante e l’interrogatorio dell’arrestato, senza indicare in qual
modo la mancata cognizione di tale documentazione da parte dell’organo del
riesame abbia inficiato l’esattezza della decisione.

2

che il diritto di difesa dell’imputato non è impedito in alcun modo sotto il profilo

Infondata è anche la seconda articolazione del motivo di ricorso, giacché, in
tema di arresti domiciliari, la prescrizione del cosiddetto “braccialetto elettronico”
non configura un nuovo tipo di misura coercitiva, ma un modo di esecuzione
ordinaria della cautela domiciliare, con la conseguenza che il giudice, ove, per la
pericolosità dell’indagato e le peculiarità del fatto contestato, abbia ritenuto
adeguata unicamente la custodia inframuraria, non deve altresì motivare
sull’inidoneità degli arresti pur connotati dall’adozione di tale braccialetto (Sez. 6,
n. 1084 del 12/11/2015 – dep. 13/01/2016, Masella, Rv. 265891).

di condotta del ricorrente e alla sua negativa personalità, connotata da
precedenti per numerosissimi reati contro il patrimonio, per detenzione illegale di
armi e per tentato omicidio, non palesa alcuna manifesta illogicità.
2. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.
att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 18/04/2016
Il Componente estensore

Il Presidente

E, nel caso di specie, il rilievo assegnato dal Tribunale alle spregiudicate modalità

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