Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21415 del 05/05/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21415 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Italiano Giasone

nato a Reggio Calabria il

16/10/1969
avverso l’ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria, sezione del riesame in
data 27/10/2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Eduardo Scardaccione, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga
dichiarato inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 15/1/2014 il Giudice per l’udienza preliminare del
Tribunale di Reggio Calabria rigettava la richiesta di sostituzione della misura
della custodia in carcere applicata nei confronti di Italiano Giasone con quella
degli arresti domiciliari.
1.1. Avverso tale provvedimento proponeva appello l’indagato, eccependo,
da un lato, che le motivazioni addotte dal giudice a sostegno del rigetto della
modifica si basavano su considerazioni non supportate da riscontri fattuali,
e, da un altro lato, rilevando la contraddittorietà della motivazione laddove si

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Data Udienza: 05/05/2015

considerava non dimostrata l’assoluta impossibilità della moglie del Giasone
di accudire i figli minori in ragione delle condizioni di salute della stessa.
1.2. Il Tribunale di Reggio Calabria, sezione del riesame, con ordinanza del
27/10/2014, respingeva l’istanza proposta, confermando l’ordinanza
impugnata.
2. Ricorreva per Cassazione l’indagato, per mezzo del suo difensore
sollevando il seguente motivo di gravame: mancanza, contraddittorietà o

e) cod. proc. pen. con riferimento al mancato apprezzamento delle
circostanze segnalate in punto di affievolimento delle esigenze cautelari a
suo tempo individuate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606 comma 1 cod.
proc. pen., in quanto con esso vengono proposte censure attinenti al
merito della decisione impugnata, congruamente giustificata. A questo
riguardo più volte questa Corte ha ribadito che, nel momento del controllo
della motivazione, non si deve stabilire se la decisione di merito proponga
la migliore ricostruzione dei fatti, né si deve condividerne la giustificazione,
dovendosi, invece, limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di
apprezzamento: ciò in quanto l’art. 606, comma primo, lett. e) del cod.
proc. pen. non consente alla Corte una diversa lettura dei dati processuali o
una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di
legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati
processuali (Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U. n.
47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074). Per contro, la motivazione del
provvedimento impugnato è esaustiva, immune da palesi vizi di logica,
coerente con i principi di diritto enunciati da questa Corte e, pertanto,
supera il vaglio di legittimità. Il Tribunale di Reggio Calabria, ritenendo che
non si prospettano dei mutamenti di fatto che possano indurre a ritenere
affievolite le esigenze cautelari, ha confermato il giudizio prognostico
emesso dal primo giudice fondato sulle gravi modalità della condotta posta
in essere che ha consentito alla consorteria mafiosa di accrescere la propria
potenza economica.
Deve poi rilevarsi che nei confronti del ricorrente, colpito da

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manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 letto.

ordinanza cautelare per la fattispecie di cui all’art. 110 416 bis cod. pen.,
anche dopo la sentenza della corte costituzionale n. 57 del 2013, continua
ad applicarsi la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari
e quella assoluta di adeguatezza della custodia in carcere, di cui al comma
terzo dell’art. 275 cod. proc. pen (sez. 1 n. 2946 del 17/10/2013, Rv.
257774; sez. 2 n. 2242 del 11/12/2013, Rv. 261701. (In motivazione, la
Corte ha evidenziato che la sentenza della Corte costituzionale citata,

limitatamente all’ipotesi della presunzione di adeguatezza per i delitti
aggravati ex art. 7 del D.L. n. 152 del 1991, non ha alcuna ricaduta sulle
imputazioni di concorso esterno, che sono ben diverse dalle contestazioni di
reati aggravati ex art. 7 cit., riferendosi a condotte pienamente espressive
dei connotati di illiceità previsti dall’art. 416 bis cod. pen.).
4. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento e della
somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
4.1. Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rinnessione in
libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter,
delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia
della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
l’indagato si trova ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1
bis del citato articolo 94.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000 alla Cassa delle Ammende.
Si provveda a norma dell’articolo 94, comma 1 ter delle disposizioni di
attuazione del codice di procedura penale.

Così deliberato in camera di consiglio, il 5 maggio 2015

Il Consigl
Dott. Rob

ensore
Carrelli Palombi di Montrone

sposito
D OSITATO IN CANCELLERIA
SECONDA SEZIONE PENALE
IL

3

2 1 HAG 20
IL aspi«9
Claudi

dichiarando l’incostituzionalità del comma terzo dell’art. 275 cod. pen.

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