Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21403 del 03/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21403 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto ex art. 625-bis cod. proc. pen. nell’interesse di
Adamo Massimo, nato a Torino il 18/06/1971

avverso la sentenza emessa il 12/02/2015 dalla Prima Sezione Penale di questa
Corte di Cassazione

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paoló Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Luigi Birritteri, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avv. Gabriele Esposito, il quale ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso e la revoca della sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO

Il difensore / procuratore speciale di Massimo Adamo impugna la sentenza n.
8565 emessa dalla Prima Sezione di questa Corte il 12/02/2015, recante la

Data Udienza: 03/11/2015

declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse dello stesso
Adamo nei confronti di una pronuncia della Corte di appello di Napoli, datata
15/03/2013, che aveva confermato una precedente sentenza di condanna
dell’imputato alla pena di anni 8 e mesi 6 di reclusione per il delitto di tentato
omicidio, in ipotesi commesso in danno di Raffaele Falciana.
I fatti si riferiscono ad una presunta aggressione portata dall’Adamo, con un
coltello a serramanico avente una lama di 14 cm., alla persona del Falciana, da
cui era derivata a quest’ultimo la perforazione dell’ansa inguinale, con

seguito di accertamento tecnico medico-legale, era stato formulato un giudizio di
compatibilità della condotta posta in essere rispetto all’intenzione omicida
dell’autore. Secondo la ricostruzione degli eventi richiamata dai giudici di
legittimità, come desunta dalle pronunce di merito, l’Adamo era stato
riconosciuto come autore dell’aggressione sia dal Falciana che dalla moglie di
costui, Tiziana Parisi; nella motivazione della sentenza oggetto dell’odierno
ricorso si rappresentava poi che altri testimoni, «pur con alcune divergenze,
confermavano, nei loro tratti essenziali, la ricostruzione del ferimento del
Falciana, così come effettuata sia dalla vittima che dalla moglie».
Con il ricorso oggi in esame si deduce che l’inammissibilità di quella
impugnazione sarebbe stata dichiarata a seguito «di evidenti errori percettivi
della realtà emergente dagli atti processuali, i quali errori – se non commessi avrebbero determinato un esito del giudizio sicuramente diverso e più favorevole
all’imputato». Secondo la difesa, il rilievo riguarda la valutazione di credibilità e
fondatezza formulata nei riguardi delle dichiarazioni dei testimoni di accusa:
dette dichiarazioni, connotate da “contrasti”, “contraddizioni” e “menzogne”, per
riprendere le espressioni utilizzate dalla Corte di appello, anche a proposito di
circostanze fondamentali come la stessa presenza dei dichiaranti sul luogo dove
si era consumato il delitto, appaiono non di meno descritte, nella pronuncia della
Sezione Prima di questa Corte, come caratterizzate da mere discrasie, non
incidenti sulla ricostruzione della dinamica dei fatti.

Ergo, scrivere di “alcune

divergenze” dimostra, ad avviso del ricorrente, che i giudici di legittimità non
avrebbero letto, e concretamente percepito, quanto era stato dedotto dalla
difesa e financo evidenziato dai giudici di merito; tanto più che erano stati
sollevati dubbi, in sede di ricorso, anche a proposito della sincerità delle
ricognizioni fotografiche dell’imputato effettuate dai testimoni de quibus.
A titolo esemplificativo, si segnala nel ricorso l’evidente contrasto fra le
dichiarazioni della persona offesa (la cui attendibilità non era stata in alcun modo
vagliata, come invece imposto dalla giurisprudenza di legittimità e tenendo conto
dell’intervenuta costituzione di parte civile), della moglie del Falciana e di un

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versamento ematico nella cavità addominale, ed una peritonite circoscritta. A

,

terzo testimone che si era detto presente ai fatti. Il primo aveva sostenuto di
essere stato accoltellato ma anche colpito con un pugno, che tuttavia non aveva
lasciato alcuna traccia visibile, per poi indicare nell’Adamo sia l’autore
dell’aggressione sia colui che, poco prima, gli aveva forato con lo stesso coltello
uno pneumatico della vettura in suo possesso (comunque descrivendo
l’aggressore, in prima battuta, come ventenne, e correggersi una volta preso
atto delle generalità dell’imputato in calce alla foto mostratagli); la donna aveva
riconosciuto l’Adamo come responsabile di quest’ultimo gesto, non avendo

mentre l’Adamo feriva il Falciana, un altro uomo ne forava una gomma dell’auto.
Lo stesso teste da ultimo indicato, unitamente ad altri due soggetti, aveva
riferito con apparente certezza che il responsabile dei fatti indossava una tuta
integrale arancione, mentre all’Adamo era stata poi rinvenuta e sequestrata
soltanto una giacca di quel colore.
In definitiva, non ci si troverebbe dinanzi ad una mera valutazione, non
impugnabile nelle forme previste dall’art. 625-bis del codice di rito, ma «di
omessa lettura integrale della sentenza pronunciata dai giudici di appello e delle
doglianze mosse dal ricorrente avverso la stessa». Nell’interesse del ricorrente
si rappresenta quindi che, in altra parte della pronuncia, la Sezione Prima
afferma di ritenere corretta la decisione della Corte di appello di non accogliere
una richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, evidenziando che non
vi sarebbero discrasie nel narrato dei coniugi Falciana: ciò dopo avere premesso
la sussistenza di divergenze, nei termini sopra ricordati.
La difesa dell’Adamo rileva altresì che era stata sollecitata la derubricazione
in lesioni personali aggravate, e così aveva concluso anche il rappresentante del
P.g. presso questa Corte, sollecitando l’annullamento con rinvio della sentenza
impugnata, in parte qua: istanza che però risulta disattesa sul presupposto che
gli esiti dell’accertamento medico-legale involgevano questioni in fatto, così
richiamandosi le argomentazioni dei giudici di appello (che tuttavia non avevano
offerto, sul punto, alcuna sostanziale motivazione). In tal modo, verrebbe
ulteriormente dimostrato l’omesso esame della documentazione processuale,
giacché il consulente medico-legale a suo tempo nominato aveva del tutto
escluso che nel caso di specie l’azione delittuosa fosse stata idonea a cagionare
la morte della persona offesa: la diversa conclusione fatta propria dai giudici di
merito appare fondata su una serie di ipotesi, formulate a seguito delle false
dichiarazioni dei testimoni di accusa.
Da ultimo, la difesa dell’Adamo ricorda che non era stato concesso un
termine ex art. 108 cod. proc. pen. in favore del difensore di ufficio dell’Adamo,
nominato all’udienza del 31/10/2007, nonostante una espressa richiest

assistito all’accoltellamento del coniuge; il teste aveva invece ricordato che,

formulata dinanzi al giudice di primo grado; la questione, malgrado avesse
costituito oggetto di motivo di appello (non esaminato) e di ricorso, è rimasta
ancora una volta non trattata, per omessa lettura.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve reputarsi inammissibile.

per errore di fatto, è necessario che sia denunciata una disattenzione di ordine
meramente percettivo, causata da una svista o da un equivoco, la cui presenza
sia immediatamente ed oggettivamente rilevabile in base al semplice controllo
del contenuto del ricorso, e che abbia determinato una decisione diversa da
quella adottata senza di essa, per cui deve escludersi che il rimedio in oggetto
possa essere utilizzato al fine di denunciare un errore di valutazione» (Cass.,
Sez. III, n. 35509 del 21/06/2007, Fusi, Rv 237514); perciò, «qualora la causa
dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata
rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo,
non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso
dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen.» (Cass., Sez.
U, n. 37505 del 14/07/2011, Corsini, Rv 250527).
Contrariamente ai principi appena ricordati, la difesa dell’Adamo lamenta che
la Prima Sezione di questa Corte avrebbe considerato come “mere divergenze”
quelli che, al contrario, erano insanabili e profondi contrasti nel narrato dei vari
soggetti escussi: ma appare evidente che, dinanzi alla presa d’atto di una
obiettiva alterità di contenuto nelle dichiarazioni di più testimoni, financo
esemplificata in alcuni passaggi, la qualificazione della stessa come difformità
marginale od insanabile non può che conseguire ad un processo valutativo.
Deve poi essere sottolineato che, nella pronuncia dei giudici di legittimità, viene
posto l’accento sulla circostanza che «l’univocità del materiale probatorio
acquisito in dibattimento, fondato sul riconoscimento dell’Adamo da parte della
vittima come il suo accoltellatore, impediva di ritenere sussistenti contraddizioni
in ordine agli elementi probatori acquisiti, anche alla luce delle convergenti
dichiarazioni della moglie, Parisi Tiziana, inducendo a ritenere ineccepibile la
decisione della corte territoriale sul punto, in assenza di discrasie sul narrato
dichiarativo dei coniugi Falciana». In definitiva, secondo la sentenza oggetto di
ricorso straordinario, le divergenze registrate caratterizzavano (comunque, non
sul nucleo essenziale) le deposizioni degli altri testimoni, ma non quelle del
Falciana e della Parisi.

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Deve infatti ricordarsi che «ai fini dell’ammissibilità del ricorso straordinario

Conclusione alla quale, in buona sostanza, si allinea la stessa difesa, nel
momento in cui rileva che la persona offesa aveva indicato l’Adamo come
responsabile del ferimento e della foratura di uno pneumatico, mentre la Parisi
aveva riconosciuto nel ricorrente colui che aveva usato il coltello per danneggiare
quel copertone, senza avere assistito all’aggressione in danno del marito: ma
allora, così facendo, la donna aveva effettivamente confermato la deposizione
del Falciana, limitatamente ai fatti da lei percepiti

de visu.

Inoltre, appare

fuorviante discutere di errori percettivi al cospetto di testimoni secondo cui

tanto di successivo riscontro del possesso da parte del ricorrente di una giacca di
quella stessa tinta (arancione, dunque obiettivamente peculiare).
A proposito della presunta, omessa lettura delle risultanze degli
accertamenti medico-legali e delle doglianze formulate dalla difesa in parte qua,
la censura risulta ictu °cui/ smentita dalla disamina della motivazione adottata
dalla Prima Sezione di questa Corte, ove si legge – al paragrafo 2.3 – che «le
emergenze processuali smentiscono l’assunto difensivo, atteso che al profilo
valutativo censurato la Corte territoriale faceva espressamente riferimento nelle
pagine 5 e 6 con argomenti ineccepibili, allorché esaminava la dinamica del
ferimento del Falciana, richiamando, a sua volta, la ricostruzione compiuta dal
giudice di primo grado che si soffermava, con puntualità di richiami nosografici,
nelle pagine 4 e 5, alle verifiche medico-legali compiute dal dott. D’Angora. Tale
ricostruzione, inoltre, non veniva valutata isolatamente, ma alla luce del
compendio probatorio complessivo, che riscontava gli esiti di tali verifiche
medico-legali. Quanto, infine, all’oggetto dell’accertamento medico-legale
condotto dal dott. D’Angora, si tratta evidentemente di questione riguardante un
giudizio di fatto, sul quale, in presenza di un’adeguata motivazione, certamente
riscontrabile nel caso di specie, deve ritenersi precluso ogni sindacato di
legittimità da parte di questa Corte». Argomentazioni, ancora una volta, frutto
di valutazioni obiettive, che la difesa dell’Adamo può o meno condividere y ma che
certamente non possono imputarsi ad errori percettivi.
Quanto infine all’omesso esame della doglianza afferente il rigetto di
un’istanza di termini a difesa, relativa all’udienza del 31/10/2007, la sentenza
oggetto di ricorso sottolinea la correttezza delle determinazioni dei giudici di
merito relativamente alla mancata concessione di un rinvio (a suo tempo
sollecitato per l’udienza de qua), «in ragione del fatto che la certificazione
medica allegata non prevedeva un’impossibilità a partecipare all’udienza del
difensore dell’imputato, limitandosi a prescrivere un giorno di riposo»; a quel
punto, essendo pacifico che al difensore di ufficio nominato quale sostituto del
titolare non comparso non potesse spettare alcun termine ex art. 108 cod. proc.

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l’Adamo avrebbe indossato una tuta di un dato colore, pantaloni compresi, con

pen. (v., da ultimo, Cass., Sez. V, n. 25487 del 13/03/2015, Passaro), non vi era
alcun obbligo di compiuta disamina di una censura manifestamente infondata (v.
Cass., Sez. V, n. 27202/2013 dell’11/12/2012, Tannoia, nonché Cass., Sez. II,
n. 10173/2015 del 16/12/2014, Bianchetti).

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna dell’Adamo al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla

versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di € 2.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 03/11/2015.

volontà del ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al

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