Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21401 del 03/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21401 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia
avverso la sentenza emessa il 14/04/2015 dal Gup del Tribunale di Pistoia
all’esito del processo penale celebrato nei confronti di

Scarafuggi Alessandro, nato a Firenzuola il 30/08/1952

Simonetti Stefano, nato a Roma il 28/05/1952

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Luigi Birritteri, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della
sentenza impugnata;
uditi altresì:
– per lo Scarafuggi, l’Avv. Federico Bagattini
– per il Simonetti, l’Avv. Andrea Niccolai
i quali hanno concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità, ovvero il rigetto,
del ricorso del Pubblico Ministero

Data Udienza: 03/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Il 14/04/2015, il Gup del Tribunale di Pistoia dichiarava non luogo a
procedere nei confronti di Alessandro Scarafuggi e Stefano Simonetti, imputati di
concorso in falso ideologico con riferimento al bilancio dell’Azienda USL n. 3 di
Pistoia per il 2009; secondo l’ipotesi accusatoria, lo Scarafuggi (direttore
generale della suddetta azienda) ed il Simonetti (direttore amministrativo)
avevano esposto dati che, a causa della volontariamente errata capitalizzazione

strumentali a contenere la negatività del risultato dell’esercizio de quo.

Una

consulenza tecnica curata nel corso delle indagini preliminari aveva concluso che,
laddove le poste contabili in questione fossero state correttamente
rappresentate, ciò avrebbe inciso sul risultato di esercizio e sull’ammontare del
fondo di dotazione per un importo complessivo (negativo) pari ad €
5.541.622,53.
La somma appena indicata derivava, secondo l’analitica ricostruzione di cui
alla rubrica, dalle voci concernenti la chiusura del fondo rischi su crediti, dalla
mancata contabilizzazione di costi di competenza (per la formazione del
personale, ovvero quali costi da sostenere per il personale dell’area tecnica),
nonché dalle cifre stimate dal consulente tecnico in ordine al fondo perdite su
crediti ed allo stanziamento di un fondo rischi per interessi.
Secondo il Gup, premesso che il bilancio di un ente pubblico poteva
senz’altro essere oggetto di una condotta di falsificazione penalmente rilevante,
non risultava comunque emersa la prova che quelle appostazioni fossero il
risultato di «dolose attestazioni di fatti non veri o di valutazioni basate su dati
diversi da quelli realmente acquisiti dagli amministratori pubblici», dovendo
invece ritenersi che riflettessero «scelte di bilancio, magari discutibili (ed
eventualmente comportanti responsabilità di altro tipo in relazione alla gestione
dell’ente pubblico)». Lo stesso consulente nominato dal Pubblico Ministero, per
quanto gli fosse stato richiesto di accertare e sottolineare eventuali profili di
falsità nei bilanci esaminati, risultava infatti avere segnalato solo “aspetti di
criticità”, da correlare appunto a scelte da considerare errate sul piano tecnico:
mentre altre testimoni, funzionarie presso l’azienda USL o la Regione Toscana,
avevano espresso considerazioni critiche su alcune di quelle scelte di bilancio ma
ritenendole concordemente una conseguenza dell’incapacità o superficialità degli
imputati, piuttosto che di una loro determinazione a rappresentare il falso per far
apparire dati migliori.
Conclusivamente, osservava il Gup che – in caso di rinvio a giudizio l’istruttoria dibattimentale non avrebbe potuto che esaurirsi sostanzialmente

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di costi o del deliberato rinvio di voci di costo ad annualità successive, erano stati

nell’esame del suddetto c.t., con questi a confermare le conclusioni già
rassegnate e riportate nell’elaborato in atti: pertanto, ne derivava la valutazione
di inutilità della celebrazione del processo.

2. Propone ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Pistoia, lamentando inosservanza ed erronea applicazione della legge penale,
nonché manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata.
Secondo il P.M., «la prospettiva in cui il Gup appare essersi mosso è quella di

sufficienza a sostenere l’accusa in giudizio, tenendo conto dei possibili apporti
derivanti dalla espletanda fase dibattimentale (in particolare, dall’esame del c.t.),
quanto quella, non consentita perché contrastante […] con l’assetto dell’udienza
preliminare, di una valutazione funditus degli stessi in termini di idoneità ad
affermare od escludere la colpevolezza degli imputati».
Nel corpo dell’atto di impugnazione si legge altresì che «le anomalie
evidenziate, relative all’esercizio 2009 della A.U.S.L. n. 3 di Pistoia, sono tutte da
annoverare non quali frutto di una valutazione, più o meno corretta, nella stima
di un fatto aziendale, ma come esposizione di fatti inesistenti o mancata
esposizione di costi o mancati accantonamenti a fondi sulla base di presupposti
falsi, attestando come esistenti dati di fatto in realtà inesistenti»:
l’argomentazione appena richiamata viene poi diffusamente illustrata analizzando
le singole voci di cui alla rubrica, tutte – secondo il ricorrente – indicative della
volontà degli imputati di esporre dati contrari al vero, come pure di «forzare
consapevolmente una procedura contabile astrattamente corretta, al solo fine di
migliorare il risultato economico dell’esercizio».

3.

Con memoria difensiva, depositata nell’interesse del Simonetti il

26/10/2015, viene sollecitato il rigetto del ricorso, perché le conclusioni
raggiunte dal Gup appaiono chiaramente fondate sul contenuto della relazione
del consulente tecnico nominato nel corso delle indagini preliminari: prima
ancora del giudicante, dunque, è lo stesso c.t. designato dal P.M. ricorrente a
chiarire che non si è in presenza di false rappresentazioni, bensì di scelte
contabili conseguenti a valutazioni, pur volendosene ammettere l’erroneità o
l’inopportunità.

Ciò, ad esempio, con riguardo al futuro incasso di crediti che

invece il Procuratore della Repubblica reputa non sarebbero stati esigibili, ovvero
alla decisione di iscrivere all’attivo (perché sostanziale investimento, tale da
generare utilità per gli anni successivi) i costi del personale chiamato a realizzare
opere di manutenzione o progettazione.

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una valutazione degli elementi acquisiti non tanto in funzione della loro

In definitiva, «vero e logico che l’istruttoria del P.M. si baserebbe
essenzialmente sulla deposizione del c.t. d ella Procura, trattandosi infatti di
profili esclusivamente tecnici, il medesimo c.t. non potrebbe che giungere alle
stesse conclusioni: non di false attestazioni (nel senso penalmente rilevante) si è
trattato, ma di scelte di contabilizzazione, criticabili finché si vuole ma non tali da
integrare, sotto il profilo materiale, il reato contestato».
Ad avviso della difesa dell’imputato, inoltre, l’impugnazione proposta rende
manifesti alcuni profili di inammissibilità, involgendo questioni di merito nella

accertamento di voci di bilancio falsificate, quando invece lo stesso elaborato
tecnico in atti inquadra quelle appostazioni come il risultato di una non corretta
contabilizzazione ovvero, al più, di anomalie contabili.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è meritevole di accoglimento.

2. In ordine alla ricorribilità della sentenza emessa ex art. 425 cod. proc.
pen., la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che «solo una
prognosi di inutilità del dibattimento relativa alla evoluzione, in senso favorevole
all’accusa, del materiale probatorio raccolto – e non un giudizio prognostico in
esito al quale il giudice pervenga ad una valutazione di innocenza dell’imputato può condurre ad una sentenza di non luogo a procedere» (Cass., Sez. V, n.
22864 del 15/05/2009, Giacomin, Rv 244202).

Anche le decisioni degli ultimi

anni, riprendendo solo parzialmente gli spunti offerti dal massimo organo di
nomofilachia (Cass., Sez. U, n. 39915 del 30/10/2002, ric. Vottari), hanno avuto
modo di ribadire che «nonostante “l’obiettivo arricchimento, qualitativo e
quantitativo, dell’orizzonte prospettico del giudice, rispetto all’epilogo decisionale
[…] e il radicale incremento dei poteri di cognizione e di decisione del giudice
dell’udienza preliminare” non pare possa ritenersi mutata la struttura
dell’udienza preliminare rispetto a quella originaria di momento di mero impulso
processuale. Non è attribuito infatti al giudice “il potere di giudicare in termini di
anticipata verifica della innocenza-colpevolezza dell’imputato, poiché la
valutazione critica di sufficienza, non contraddittorietà e comunque di idoneità
degli elementi probatori, secondo il dato letterale del novellato art. 425 cod.
proc. pen., comma 3, è sempre in ogni caso diretta a determinare – all’esito di
una delibazione di tipo prognostico, pur se divenuta oggi più stabile per la
tendenziale completezza delle indagini – la sostenibilità dell’accusa in giudizio e,
con essa, l’effettiva, potenziale, utilità del dibattimento in ordine alla

parte in cui giunge a sostenere che i fatti contestati derivano dall’obiettivo

regiudicanda”.

Regula iuris oramai uniforme è, dunque, quella che la legge 16

dicembre 1999, n. 479 […], ha modificato in sostanza la regola di giudizio finale
dell’udienza preliminare: le modifiche introdotte hanno posto in rilevo che
l’udienza preliminare ha aspetti più significativi relativi al merito dell’azione
penale, quale l’ampliamento dei poteri officiosi relativi alla integrazione
probatoria ex art. 422 cod. proc. pen.; mentre non sono modificate le finalità cui
l’udienza preliminare è preordinata: evitare dibattimenti inutili mediante una
ragionevole e prevedibile prognosi, ma non formulare giudizi definitivi sulla

dibattimentale. Il giudice dell’udienza preliminare, dunque, ha il potere di
pronunziare la sentenza di non luogo a procedere non quando effettui un giudizio
prognostico in esito al quale pervenga ad una valutazione di innocenza
dell’imputato, bensì in tutti quei casi nei quali non vi sia una “prevedibile
possibilità” che il dibattimento possa invece pervenire ad una diversa soluzione»
(Cass., Sez. VI, n. 5049 del 27/11/2012, Cappello).
Si continua poi a sostenere, anche in epoca recente, che al giudice
dell’udienza preliminare è inibito procedere a valutazioni di merito del materiale
probatorio, sì da esprimere un sostanziale, anticipato giudizio di colpevolezza od
innocenza dell’imputato: in particolare gli è precluso emettere sentenza di non
luogo a procedere «in tutti i casi in cui le fonti di prova si prestino a soluzioni
alternative e aperte o, comunque, ad essere diversamente rivalutate» (Cass.,
Sez. II, n. 48831 del 14/11/2013, Maida, Rv 257645).
Peraltro, segnali di rimeditazione del consolidato approccio interpretativo si
rinvengono in una decisione del 2014, dove si afferma che «il giudice
dell’udienza preliminare, ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a
procedere, deve esprimere una valutazione prognostica in ordine alla
“completabilità degli atti di indagine” e alla “inutilità del dibattimento”, anche in
presenza di elementi di prova contraddittori o insufficienti, dando conto del fatto
che il materiale dimostrativo acquisito è insuscettibile di completamento e che il
proprio apprezzamento in ordine alla prova positiva dell’innocenza o alla
mancanza di prova della colpevolezza dell’imputato è in grado di resistere ad un
approfondimento nel contraddittorio dibattimentale» (Cass., Sez. VI, n. 36210
del 26/06/2014, C., Rv 260248). Si ammette dunque, finalmente, che le
valutazioni del giudice dell’udienza preliminare possano comunque calibrarsi sui
parametri dell’innocenza e della colpevolezza, sia pure nella prospettiva – in
vista dell’eventuale giudizio dibattimentale – della sicura conferma della prima o
dell’impossibilità di acquisire prove concrete a sostegno della seconda. Ancor
più di recente, con riferimento al tema del controllo in sede di legittimità sulla
motivazione della sentenza di non luogo a procedere, questa Corte giunge

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colpevolezza o meno dell’imputato, precludendo il confronto dialettico della fase

all’affermazione che esso «non deve incentrarsi su distinzioni astratte tra
valutazioni processuali e valutazioni di merito, ma deve avere riguardo – come
per le decisioni emesse all’esito del dibattimento – alla completezza ed alla cong
ruità della motivazione stessa, in relazione all’apprezzamento, sempre
necessario da parte del Gup, dell’aspetto prognostico dell’insostenibilità
dell’accusa in giudizio, sotto il profilo della insuscettibilità del compendio
probatorio a subire mutamenti nella fase dibattimentale» (Cass., Sez. VI, n.
29156 del 03/06/2015, Arvonio, Rv 264053).

«il giudice dell’udienza preliminare è chiamato ad una valutazione di effettiva
consistenza del materiale probatorio posto a fondamento dell’accusa,
eventualmente avvalendosi dei suoi poteri di integrazione delle indagini, e, ove
ritenga sussistere tale necessaria condizione minima, deve disporre il rinvio a
giudizio dell’imputato, salvo che vi siano concrete ragioni per ritenere che il
materiale individuato, o ragionevolmente acquisibile in dibattimento, non
consenta in alcun modo di provare la sua colpevolezza» (Cass., Sez. VI, n.
33763 del 30/04/2015, Quintavalle, Rv 264427).

3. Pur nella più ampia accezione dei limiti del controllo demandato al Gup ai
fini di una pronuncia

ex

art. 425 del codice di rito, come derivanti

dall’orientamento giurisprudenziale da ultimo illustrato, appare evidente – nel
caso di specie – l’erroneità dei presupposti sui quali il giudicante risulta avere
ancorato la formulata prognosi di inutilità del dibattimento.
Infatti, muovendo dal pacifico presupposto che il consulente tecnico
nominato dal Pubblico Ministero aveva comunque evidenziato numerose
anomalie di bilancio, è solo nel giudizio dibattimentale che possono trovare
ingresso le valutazioni effettuate, con un indubbio margine di opinabilità, da
parte del Gup: nella vicenda oggi in esame, in altre parole, non ci si trova
dinanzi ad elementi di fatto obiettivamente acclarati, dei quali il giudice abbia
offerto l’unica lettura plausibile, ma è invece necessario registrare come quegli
elementi si prestino a letture diverse, tali da poter pervenire ad una fisiologica
sintesi solo all’esito di un completo giudizio di merito.
L’osservazione risulta doverosa quanto alle appostazioni relative alla
capitalizzazione di costi quali presunte modalità di investimento, come pure alla
previsione di entrate derivanti da futuri incassi di crediti più o meno esigibili od
all’omesso stanziamento di un correlato fondo rischi: a riguardo, come si evince
dal contenuto dell’odierno ricorso, non sembra che gli artifici contabili utilizzati
riflettano soltanto scelte che, corrette in astratto, possano prestarsi ad
applicazioni strumentali, ove solo si pensi che, per migliorare il risultato
dgilldPY/
40001
A211
“11)

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Ed è ancora la Sezione Sesta, con una quasi coeva sentenza, a ribadire che

economico di un esercizio, la politica di bilancio attuata aveva portato alla
“spalmatura” in più annualità (in un caso, addirittura in 33 esercizi) di costi che
sarebbe stato doveroso imputare all’anno corrente. Ancor più evidente appare
la possibilità di ravvisare un falso di penale rilievo con riferimento alla
contabilizzazione di presunti ricavi straordinari per 662.000,00 euro (si tratta
della prima voce evidenziata nel capo d’imputazione): ciò senza operare
valutazioni estimative, ma dando per effettivamente realizzata una
movimentazione utile a nascondere una maggiore perdita di esercizio e che,

fatti aziendali che la potessero giustificare.

3. Si impongono pertanto le determinazioni di cui al dispositivo.

P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di
Pistoia.
Così deciso il 03/11/2015.

stando alle verifiche del c.t., risultava al contrario non supportata da opportuni

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