Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21395 del 18/04/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 21395 Anno 2016
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
LEPORE MARIO, nato a SULMONA, il 26.09.1978 ;
avverso la sentenza n. 1908/2014 della Corte d’Appello di L’Aquila del 11.3.2015 ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso ;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Roberto Amatore ;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Paola Filippi
che ha concluso per il rigetto del ricorso ;

RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di L’Aquila, in parziale riforma della sentenza
assolutoria resa dal Tribunale di Sulmona in data 5.6.2014, ha condannato l’odierno ricorrente,
concessa l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p., alla pena di sei mesi di reclusione ed euro 200
di multa per il reato di cui agli artt. 624 bis, 625 nn. 2 e 7 c.p..
Avverso la predetta sentenza ricorre l’imputato, per mezzo del suo difensore, affidando la sua
impugnativa ad un unico motivo di doglianza variamente articolato.
1.1 Denunzia in realtà il ricorrente l’errata applicazione della legge penale con riferimento
all’art. 192 c.p.p. ed il vizio di motivazione. Osserva, più in particolare, il ricorrente che il
giudice di appello che proponga una diversa valutazione della prova testimoniale rispetto a
quella effettuata dal giudice di primo grado non può limitarsi ad una diversa lettura o
interpretazione degli atti del processo, avendo invece l’obbligo in tali casi di procedere alla
rinnovazione dell’istruttoria e al riascolto dei testi. Osserva inoltre l’imputato che tale obbligo
discende direttamente dall’applicazione dell’art. 6 CEDU, così come interpretato dalla Corte
europea dei diritti dell’uomo ; conclude pertanto per la illegittimità della sentenza impugnata,
1

Data Udienza: 18/04/2016

essendosi la stessa limitata ad una rilettura dei dati processuali senza ascoltare il teste escusso
in primo grado ed avendo invece fornito semplicemente una valutazione alternativa della
vicenda processuale oggi in esame.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso è fondato.
3. In ordine al merito delle doglianze avanzate dal ricorrente, occorre ricordare che, secondo la
consolidata giurisprudenza di questa Corte, la motivazione della sentenza d’appello che riformi

responsabilità negata dal Giudice precedente, si caratterizza per un obbligo peculiare, che si
aggiunge a quello generale della non manifesta illogicità e non contraddittorietà, evincibile
dall’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e) (si è in proposito parlato anche di “obbligo
rafforzato”: Sez. 5, n. 35762 del 05/05/2008, Aleksi, Rv. 241169).
Nel caso di riforma radicale della precedente decisione, invero, il Giudice d’appello deve anche
confrontarsi in modo specifico e completo con le argomentazioni contenute nella prima
sentenza (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679): non è pertanto sufficiente
che la motivazione d’appello sia intrinsecamente esistente, non manifestamente illogica e non
contraddittoria, supportando in tale usualmente sufficiente modo un apprezzamento di merito
proprio del grado.
Tale principio rileva in special modo nel caso di decisione di prima condanna in grado di appello
(per il caso di assoluzione in appello, cfr. Sez. 6, n. 1253 del 28/11/2013 – dep. 14/01/2014,
Ricotta, Rv. 258005; più in generale, Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191229).
In questa evenienza, infatti, la ragione dell’inadeguatezza strutturale di una decisione d’appello
che, pur in astratto correttamente motivata se in sè considerata, non dimostri di essersi anche
confrontata con le evidentemente diverse ragioni della sentenza riformata, risulta dalla
documentata non applicazione della regola di giudizio secondo la quale l’affermazione di
responsabilità è possibile solo quando la colpevolezza risulta “al di là di ogni ragionevole
dubbio” (art. 533, comma 1, cod. proc. pen.). Ed invero, come ripetutamente affermato da
questa Corte (cfr. ad es. Sez. 6, n. 40159 del 03/11/2011, Galante, Rv. 251066; Sez. 2, n.
11883 del 08/11/2012- dep. 14/03/2013, Berlingieri, Rv. 254725), è viziata la motivazione di
una sentenza di appello che, a fronte del medesimo compendio probatorio, si limiti a dare una
lettura alternativa, ma non risulti sorretta da argomenti dirimenti e tali da evidenziare
oggettive carenze o insufficienze della decisione assolutoria, che deve, quindi, rivelarsi, a
fronte di quella riformatrice, non più sostenibile, neppure nel senso di lasciare in piedi residui
ragionevoli dubbi sull’affermazione di colpevolezza ; in altri termini è necessaria una forza
persuasiva superiore della seconda motivazione (Sez. 6, n. 45203 del 22/10/2013, Paparo, Rv.
256869).
3.1 Va aggiunto che altro importante principio che si sta progressivamente affermando nella
2

la sentenza di primo grado, specialmente nel caso in cui affermi per la prima volta una

giurisprudenza di tutte le Sezioni di questa Corte (e, come si vedrà, strettamente connesso al
primo) è quello, mutuato dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo,
secondo cui il giudice di appello, quando intenda operare un diverso apprezzamento di
attendibilità di una prova orale, ritenuta in primo grado non attendibile, per riformare in peius
una sentenza assolutoria è obbligato – in base all’art. 6 Convenzione Europea dei diritti
dell’uomo, così come interpretato dalla sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo del 5
luglio 2011, nel caso Dan c/Moldavia – alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale (Sez. 2,
n. 45971 del 15/10/2013, Corigliano, Rv. 257502; Sez. 5, n. 47106 del 25/09/2013, Donato,

Rv. 257585; Sez. 3, n. 42344 del 09/07/2013, Polimeno, Rv. 256856; Sez. 5, n. 28061 del
07/05/2013, Marchetti, Rv. 255580; Sez. 1, n. 35730 del 27/03/2013, Lorefice, non
massimata sul punto; Sez. 6, n. 16566 del 26/02/2013, Caboni, Rv. 254623).
3.2 Orbene, le decisioni richiamate hanno precisato, sulla scorta di un precedente della Quinta
Sezione (Sez. 5, n. 38085 del 05/07/2012, Luperi, Rv. 253541), che la violazione dell’art. 6,
par. 1, Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, con riferimento al giudizio di appello, è
ancorata ‘al duplice requisito della decisività della prova testimoniale e della rivalutazione di
essa da parte della Corte di appello, in termini di attendibilità, in assenza di nuovo esame dei
testimoni dell’accusa per essere la diversa valutazione di attendibilità stata eseguita non
direttamente, ma solo sulla base della lettura dei verbali delle dichiarazioni da essi rese’.
Peraltro, nella citata decisione della Corte EDU (Sez. 3, 14/06/2011, Dan c. Moldavia, § 33) si
è affermato il principio che “coloro che hanno la responsabilità di decidere sulla colpevolezza o
l’innocenza degli accusati devono in linea di principio essere in grado di sentire i testimoni e di
valutare la loro attendibilità in prima persona”: ciò in quanto ‘la valutazione dell’attendibilità di
un testimone è un compito complesso, che, generalmente, non può essere soddisfatto da una
semplice lettura delle sue dichiarazioni’. La Corte ammette anche delle eccezioni a tale regola,
quando non sia possibile esaminare il testimone personalmente perché, per esempio, lo stesso
è deceduto o è divenuto irreperibile, oppure laddove è necessario garantire il privilege agaínst
self-incrimination.
Ne consegue che il giudice di appello che intenda dissentire da quanto affermato da quello di
primo grado in ordine all’attendibilità delle dichiarazioni dei testimoni dell’accusa e dunque
fondare su tali dichiarazioni una pronuncia di condanna deve udirli nuovamente, in ossequio al
canone del processo equo. Ed invero, in virtù dell’art. 117 Cost. i principi posti dalla pronunzia
in questione sono direttamente applicabili nel nostro diritto interno e considerati sovraordinati
rispetto alle norme di legge ordinaria.
3.3 Ne consegue che occorre riaffermare anche in questo caso il principio secondo cui il giudice
di appello che intenda rovesciare la valutazione di attendibilità di un teste e porre le sue
dichiarazioni a base di una pronuncia di condanna pronunciata per la prima volta, deve
procedere all’escussione del teste nel contraddittorio delle parti. Invero, l’adempimento
3

)4k

istruttorio è necessario tutte le volte in cui in assenza delle dichiarazioni accusatorie non sia
possibile pervenire ad un’affermazione di penale responsabilità dell’imputato (in senso
conforme, con riferimento alle dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia, Sez. 2, n. 45971
del 15/10/2013, Corigliano,

cit.,

in motivazione). Peraltro, l’obbligo di rinnovazione

dibattimentale è imposto anche dal principio secondo il quale la condanna può essere
pronunciata solo se l’imputato risulta colpevole al là di ogni ragionevole dubbio (art. 533,
comma 1, cod. proc. pen.).

giudice di primo grado, infatti, la motivazione della decisione sarebbe destinata a non superare
il vaglio di legittimità sotto il profilo del ragionevole dubbio, poiché la rilettura delle
dichiarazioni già ritenute inattendibili dal giudice di primo grado alla luce di diversi elementi
istruttori (ed il rovesciamento del giudizio di attendibilità) non sarebbe in grado di superare la
presunzione di non colpevolezza, che deve guidare il giudice nella valutazione della prova.
3.5 Tutto ciò premesso, osserva la Corte come nel caso di specie il giudice di appello, nel
ribaltare la sentenza liberatoria emessa dal giudice di prime cure, non abbia “rafforzato” la sua
motivazione nel senso sopra prospettato secondo gli insegnamenti del giudice di legittimità,
essendosi limitato ad una lettura “alternativa” della vicenda fattuale sottoposta al suo esame,
senza addentrarsi in una critica puntuale ed idonea a superare le valutazioni del primo giudice.
Peraltro, la Corte territoriale non ha neanche disposto la rinnovazione dell’atto istruttorio
dell’esame del teste Schiavo le cui dichiarazioni costituiscono il punto centrale in ordine al
giudizio di penale responsabilità o meno dell’imputato per il fatto di reato oggetto di
contestazione.
In tal modo, allora, la Corte territoriale è venuta meno al suo obbligo di procedere alla
rinnovazione dell’atto istruttorio, imposto dai principi del processo equo sanciti dall’art. 6 della
Convenzione Europea dei diritti dell’uomo; al tempo stesso la decisione risulta viziata con
riguardo allo specifico obbligo di motivazione c.d. rafforzata, direttamente discendente dalla
regola della valutazione della prova di cui all’art. 533, comma 1, cod. proc. pen..
In conclusione la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte d’appello di Perugia,
per un nuovo giudizio che tenga conto dei principi di diritto fin qui affermati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Perugia.
Così deciso in Roma, il 18.4.2016

3.4 In mancanza di una nuova escussione, che consenta di superare le criticità evidenziate dal

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA