Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21392 del 18/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21392 Anno 2016
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CICCARELLI FRANCESCO N. IL 30/10/1961
avverso la sentenza n. 9520/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
26/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENRICO VITTORIO STANISLA • SCARLINI
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Data Udienza: 18/04/2016

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RITENUTO IN FATTO
1

Con sentenza del 26 febbraio 2014 la Corte di appello di Napoli

confermava la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione di
Aversa, del 16 agosto 2008 che aveva ritenuto Francesco Ciccarelli colpevole dei
delitti di violenza privata (al capo A), ingiuria (al capo B), minaccia e
danneggiamento (entrambi al capo C), tutti commessi in danno di Rosa
Sorrentino, in Casal di Principe fino al novembre 2006, condannandolo alla pena
complessiva di anni 2 di reclusione.

non era nulla la sentenza di prime cure solo perché la motivazione era stata
depositata dopo il termine fissato di 90 giorni; l’eccezione di incompetenza per
territorio era tardiva perché non tempestivamente sollevata in prime cure;
dettagliate, lineari ed attendibili si erano rivelate le dichiarazioni della persona
offesa che aveva riferito le vessazioni subite dall’imputato, dopo che la relazione
sentimentale che li aveva legati per due anni era finita.
2 – L’imputato propone personalmente ricorso.
2 – 1 – Con il primo motivo deduce la violazione di legge, lamentando che
non ricevuto la notifica dell’atto di citazione in appello posto che questa era
avvenuta presso lo studio dell’avv. Arturo Rando che era deceduto nel 2011,
dopo la proposizione del gravame.
2 – 2 – Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge, ed in
particolare dell’art. 610 cod. pen., posto che la condotta dell’imputato non era
stata connotata dalla violenza e dalla minaccia e che questi, comunque, non
aveva impedito o costretto la persona offesa a fare o ad omettere alcunché.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso proposti dall’imputato sono infondati ma il delitto di
ingiuria, contestatogli al capo B, è stato abrogato e va pertanto eliminata la pena
comminata per tale capo.
1 – Il primo motivo di ricorso è infondato in quanto la notifica dell’atto di
citazione in appello è avvenuta in modo del tutto regolare.
Il ricorrente contesta l’irregolarità della notifica dell’atto di citazione in
appello solamente perchè essa era avvenuta, ai sensi dell’art. 161 comma 4,
cod. proc. pen., presso il difensore nel frattempo deceduto. Non contesta il fatto
che egli fosse divenuto irreperibile nel domicilio dichiarato o eletto (come
peraltro risulta dalla relata di notifica) e non si dovesse pertanto procedere alla
notifica nelle forme previste dall’art. 161 comma 4, cod. proc. pen..
Non rileva però, il ricorrente, che proprio in sede di notifica dell’atto ai sensi
dell’art. 161 cod. proc. pen., si era dato conto del fatto che la consegna non si
era perfezionata per l’intervenuto decesso del suo difensore. La Corte territoriale,
1

La Corte territoriale aveva ritenuto privi di fondamento i motivi di appello:

pertanto, aveva nominato un difensore d’ufficio presso il quale si era
regolarmente provveduto ad una nuova notifica dell’atto, ai sensi dell’art. 161,
comma 4, cod. proc. pen..
Il motivo è, quindi, in fatto infondato.
Per completezza, si ricorda che, al presente processo, si applicano le norme
antecedenti alla novella, in tema di assenza, introdotta con legge 28 aprile 2014
n. 67, perché, come prevede l’art. 15 bis che ne detta la normativa transitoria, la
sentenza di primo grado era intervenuta in epoca anteriore alla sua entrata in

sospendere il processo nei confronti dell’imputato che abbia dichiarato o eletto
domicilio.
2 – Il secondo motivo è infondato posto che i giudici del merito hanno
accertato, con motivazione congrua e priva di discrasie logiche, che l’imputato
(in epoca in cui non era ancora stato introdotto nell’ordinamento il delitto
previsto dall’art. 612 bis cod. pen.), con una pluralità di condotte illecite, aveva
impedito all’imputata di uscire di casa a suo piacimento, perché si trovava sotto
la costante minaccia di vederselo comparire davanti, come in effetti troppo di
sovente avveniva, così consapevolmente realizzando la condotta prevista dall’art.
610 cod. pen., avendo impedito alla persona offesa, con la descritta minaccia
implicita, di muoversi liberamente.
3 – Il delitto di ingiuria è stato abrogato con il d. Igs. n. 7 del 15 gennaio
2016 e va pertanto eliminata la relativa pena che il giudice di prime cure ha
fissato in mesi 1 di reclusione; non altrettanto può concludersi per il delitto di
danneggiamento, perché la condotta si era consumata mediante la minaccia alla
persona, una fattispecie il cui rilievo penale è stato mantenuto dal suddetto
decreto.
Eliminato l’aumento per l’ingiuria, la pena residua è di anni 1 e mesi 11 di
reclusione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al
capo B perché il fatto non è previsto dalla legge come reato ed elimina la relativa
pena di mesi uno di reclusione.
Così deciso in Roma, il 18 aprile 2016.

vigore. Peraltro, neppure il nuovo l’art. 420 bis cod. proc. pen. consente di

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