Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21389 del 18/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21389 Anno 2016
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCARANO DOMENICO N. IL 08/01/1955
avverso la sentenza n. 826/2011 CORTE APPELLO di SALERNO, del
16/12/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
&che ha concluso per 1 1
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Data Udienza: 18/04/2016

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 16/12/2014 la Corte d’appello di Salerno, per quanto ancora
rileva, ha confermato l’affermazione di responsabilità di Domenico Scarano, in
relazione al reato di bancarotta fraudolenta documentale, ascrittogli nella qualità
di amministratore della Scarano s.r.I., dichiarata fallita il 15/06/2005.
2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai
seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge,

giornale, al pari delle altre scritture contabili, era stato correttamente tenuto dal
punto di vista formale, nel senso che tali documenti “permettevano di ricostruire
la vita della società, pur in mancanza di ulteriore documentazione a supporto”;
b) che le regolarizzazioni contabili operate per effetto dell’adesione della Scarano
s.r.l. al condono fiscale previsto dalla I. n. 289 del 2002 non potevano essere
valutate a suo carico, anche perché l’imputato non poteva rappresentarsi un
futuro fallimento della società, provocato da altre cause; c) che la ricostruzione
del patrimonio era possibile attraverso i bilanci regolarmente depositati, nei quali
non si registravano “anomalie tra costi e ricavi, né oscillazioni nelle poste
nevralgiche”; d) che il prospetto delle variazioni operate, a seguito dell’adesione
al condono fiscale, era rinvenibile nella nota integrativa; e) che indimostrato era
rimasto l’elemento soggettivo del reato ritenuto, con la conseguenza che non era
stata affrontata la questione della riqualificabilità dei fatti nei termini del reato di
bancarotta semplice; f) che la sussistenza del dolo era, infatti, esclusa dal fatto
che lo Scarano aveva depositato parte delle scritture contabili, tenute tutte in
modo formalmente corretto, e, in particolare, i bilanci e il libro giornale.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 178, comma 1, lett. c),
cod. proc. pen., in relazione alla mancata ammissione del consulente tecnico di
parte a presenziare all’esame del consulente del Pubblico Ministero, all’udienza
del 26/11/2009.
2.3. Con il terzo motivo si ripropone la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 150 del d. Igs. n. 50 del 2006.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo è inammissibile.
Ribadita l’assoluta irrilevanza, ai fini della sussistenza del delitto di bancarotta
fraudolenta documentale, delle cause del dissesto e della loro correlazione con la
condotta contestata, si osserva che, secondo il condiviso orientamento di questa
Corte, ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta
documentale, le condotte di mancata consegna ovvero di sottrazione, di
distruzione o di omessa tenuta dall’inizio della documentazione contabile, sono
1

rilevando: a) che lo stesso consulente del p.m. aveva affermato che il libro

tra loro equivalenti, con la conseguenza che non è necessario accertare quale di
queste ipotesi si sia in concreto verificata se è comunque certa la sussistenza di
una di esse ed è inoltre acquisita la prova in capo all’imprenditore dello scopo di
recare pregiudizio ai creditori e di rendere impossibile la ricostruzione del
movimento degli affari (Sez. 5, n. 47923 del 23/09/2014, De Santis, Rv.
261040).
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha sottolineato la sicura ricorrenza della
fattispecie della tenuta del libro giornale in modo da non rendere possibile la

dichiarazioni del curatore, il quale aveva precisato che, pur essendo riuscito a
ricostruire “qualcosa” delle operazioni contabili attraverso il libro giornale, aveva
dovuto registrare il limite della carenza del libro degli inventari, necessario per la
verifica, in modo immediato e analitico, della consistenza patrimoniale attiva.
Sempre la sentenza impugnata dà atto della irrilevanza della sola presenza dei
bilanci, i quali, in assenza della documentazione contabile, non consentono il
controllo in ordine alla veridicità delle appostazioni contabili.
Quanto poi all’adesione della società al condono fiscale previsto dalla I. n. 289
del 2002, la Corte d’appello, richiamando le considerazioni svolte dal curatore,
ha rilevato, con riferimento al bilancio del 2002, che non era stata rinvenuta
alcuna doeumentazione che rendesse giustificata l’eliminazione di poste attive
per l’importo di euro 342.625,31 e che l’eliminazione delle poste passive aveva
riguardato anche debiti effettivamente esistenti, quali quelli verso la Banca
Popolare di Novara, la B.N.L., la Compagnia Tirrena di Navigazione e la Valtour.
A fronte di tale apparato argomentativo, il ricorrente reitera le censure sopra
riassunte, che si presentano assertive in punto di fatto e del tutto prive di
specificità.
Anche l’attribuzione al curatore di un giudizio di idoneità delle scritture contabili
a consentire la ricostruzione del movimento degli affari non si accompagna alla
riproduzione del pertinente brano della deposizione, che sembra, anche nella
prospettazione del ricorrente, limitarsi all’irrilevante affermazione della
correttezza’ formale delle appostazioni.
In tale contesto, del tutto razionalmente, pur essendo sufficiente l’individuazione
del dolo generico (giacché, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, il
reato previsto dall’art. 216, comma primo n. 2, della legge fallimentare richiede
tale elemento soggettivo, costituito dalla consapevolezza nell’agente che la
confusa tenuta della contabilità potrà rendere impossibile la ricostruzione delle
vicende del patrimonio, non essendo, per contro, necessaria la specifica volontà
di impedire quella ricostruzione: Sez. 5, n. 5264 del 17/12/2013 – dep.
03/02/2014, Manfredini, Rv. 258881), la Corte territoriale ha tratto dalla
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ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, valorizzando le

rilevanza delle scritture omesse o incomplete il convincimento della volontarietà
della condotta dello Scarano, in vista della finalità di rendere impossibile
l’accertamento patrimoniale.
E alla stregua di tali rilievi restano superate anche le critiche relative alla
riqualificazione della condotta come bancarotta semplice, correlate dal ricorrente
proprio alle doglianze concernenti la dimostrazione del dolo.
2. Il secondo motivo è infondato.
Secondo quanto già ritenuto da questa Corte, la regola stabilita dall’art. 149,

posto in condizione di non assistere all’attività istruttoria dibattimentale, si
applica anche nei confronti del consulente tecnico, in quanto la sua natura
processuale è del tutto assimilabile a quella del testimone. (Sez. 3, n. 10808 del
16/01/2014, P., Rv. 261495).
3. La prospettata questione di legittimità costituzionale, a tacer del fatto che è
già stata ritenuta da questa Corte manifestamente infondata (Sez. 5, n. 19889
del 24/10/2013 – dep. 14/05/2014, Raponi, Rv. 259837), è comunque priva di
ogni rilevanza, sia perché il giudice penale investito del giudizio relativo a reati di
bancarotta non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto al
presupposto oggettivo dello stato di insolvenza dell’impresa e ai presupposti
soggettivi inerenti alle condizioni previste per la fallibilità dell’imprenditore,
sicché le modifiche apportate all’art. 1 I. fall. non esercitano influenza ai sensi
dell’art. 2 cod. pen. sui procedimenti penali in corso (Sez. U, n. 19601 del
28/02/2008, Niccoli, Rv. 239398); sia perché il ricorrente neppure indugia
nell’indicare i profili fattuali alla stregua dei quali una diversa disciplina avrebbe
dovuto precludere la dichiarazione di fallimento della Scarano s.r.l.
4. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 18/04/2016
Il Componente estensore

Il Presidente

disp. att., cod. proc. pen. per la quale il teste, prima del suo esame, deve essere

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