Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21387 del 18/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21387 Anno 2016
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NDREU ELTON N. IL 24/04/1982
avverso la sentenza n. 3993/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
08/05/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENRICO VITTORIO STANISL • O SCARLINI
Udito il Procuratore Generale in ersona del Dott. 4 4
che ha concluso per

yi

Udito, per la parte civil l’Avv
Uditi difensor Avv

4 /‘ 1,0p)

Data Udienza: 18/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1 – Con sentenza dell’8 maggio 2015 la Corte di appello di Milano, in
parziale riforma della sentenza del locale Tribunale del 26 febbraio 2014,
rideterminava la pena inflitta a Elton Ndreu, escludendo le circostanze attenuanti
generiche, a mesi 10 e giorni 20 di reclusione, confermando nel resto la
sentenza che aveva ritenuto l’imputato colpevole del delitto previsto dall’art. 497
bis cod. pen., per essere stato trovato in possesso di una carta di identità falsa
apparentemente rilasciata dalla autorità rumena a Stefania Anisoara Calin. Fatto

La Corte territoriale aveva ritenuto che la falsificazione non fosse grossolana
posto che, nel verbale di sequestro, si era affermato che il documento era stato
formato su carta simile all’originale e che era confondibile con un documento
genuino, pur mancando di alcuni caratteri antifalsificazione.
L’imputato, poi, non aveva giustificato il possesso di un documento di
identità non proprio e che asseriva, in modo del tutto inverosimile e, comunque,
generico, essergli stato consegnato pochi giorni prima da una ragazza ad Atene.
L’evidente mendacio ed il grave precedente giustificavano, secondo la Corte
territoriale, l’accoglimento dell’appello della pubblica accusa circa l’errato
riconoscimento da parte del primo giudice delle circostanze attenuanti generiche.
2 – Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio
difensore.
Con l’unico motivo lamenta che la Corte non avesse dichiarato inammissibile
l’appello incidentale del pubblico ministero posto che il processo si era svolto in
rito abbreviato e che, non avendo il primo giudice diversamente qualificato il
fatto, la pubblica accusa non poteva impugnare la sentenza né in via principale
né, come era accaduto, in via incidentale.
La Corte, pertanto, non avrebbe potuto aumentare la pena inflitta in prime
cure.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
1 – Va ricordato, infatti, che, nel giudizio abbreviato, l’appello del P.M.
avverso la sentenza di condanna è ammissibile, ai sensi dell’art. 443, comma 3,
cod. proc. pen., solo se il giudice di primo grado abbia modificato il titolo di
reato, evento non verificatosi nel caso concreto, con la conseguenza che, in
difetto di tale presupposto, l’atto di impugnazione proposto, su questioni di
merito, dalla parte pubblica è inammissibile (Sez. 6, n. 20140 del 06/05/2015,
Perri, Rv. 263672).
2 – Certo se può ritenersi, in concreto, che l’atto di appello della pubblica
accusa abbia natura di ricorso in cassazione, in quanto sollevi, contro la sentenza
1

accertato il 30 gennaio 2014.

A

impugnata, censure di legittimità, il giudice del gravame di merito, che sia stato
adito anche dall’impugnazione dell’imputato (come nell’odierno processo),
conoscerà del ricorso ai sensi dell’art. 580 cod. proc. pen., convertendolo
pertanto in appello, seppure sempre in relazione ai dedotti motivi di legittimità
Sez. 2, n. 4468 del 17/12/2008, D’Avino, Rv. 243277).
Ma, nel caso concreto, l’appello del pubblico ministero era tutto versato in
fatto, censurando nel merito la concessione delle circostanze attenuanti
generiche e, quindi, come ricorso di legittimità, avrebbe dovuto essere dichiarato

2 – Ne consegue che la Corte territoriale l’avrebbe dovuto, appunto,
giudicare tale (ed invece, sul punto, la motivazione è del tutto assente) e non
avrebbe dovuto, pertanto, modificare, aumentandola, la pena irrogata in prime
cure all’imputato, pena che viene ripristinata, direttamente da questa Corte, in
quella misura, in considerazione del fatto che, nel ricorso, non è stata mossa
alcuna altra censura alla sentenza impugnata.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente al trattamento
sanzionatorio che ridetermina in mesi 8 di reclusione.
Così deciso in Roma, il 18 aprile 2016.

inammissibile.

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