Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21386 del 10/04/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21386 Anno 2018
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FALL MOR TALLA nato il 03/02/1981

avverso la sentenza del 29/03/2017 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA PELLEGRINO;

Data Udienza: 10/04/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo: vizio di motivazione
con riferimento alla ritenuta responsabilità e al ritenuto concorso delle due fattispecie di reato
contestate.
Il motivo è aspecifico e manifestamente infondato.
Lo stesso è fondato su censure che ripropongono le medesime ragioni già discusse e ritenute
infondate dal giudice del gravame, con motivazione del tutto congrua e priva di vizi logicogiuridici. La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la
sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione,
questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di
aspecificità conducente, a mente dell’art. 591, comma 1 lett. c) cod. proc. pen.,
all’inammissibilità (Sez. 4, n. 5191 del 29/03/2000, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, n. 39598 del
30/09/2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, Rv.
236945; Sez. 3, n. 35492 del 06/07/2007, Tasca, Rv. 237596).
Inoltre, la Corte territoriale si è correttamente conformata – quanto alla qualificazione giuridica
dei fatti accertati – al consolidato orientamento di questa Corte di legittimità (cfr., Sez. 5, n.
5260 del 11/12/2013, dep. 2014, Rv. 258722), per la quale integra il delitto di cui all’art. 474
cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia
rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 cod. pen.
tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede
pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le
opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del
titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non
occorre la realizzazione dell’inganno non ricorrendo quindi l’ipotesi del reato impossibile
qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la
possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno.
Si è anche chiarito (Sez. U, n. 23427 del 09/05/2001, P.M. in proc. Ndiaye, Rv. 218771; Sez.
2, n. 12452 del 04/03/2008, Rv. 239745) che il delitto di ricettazione (art. 648 cod. pen.) e
quello di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 cod. pen.) possono concorrere, atteso
che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e
cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità, e che non risulta dal
sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte cost. 13 giugno

La Corte di Appello di Genova, con sentenza in data 29/03/2017, in parziale riforma della
pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Genova in data 18/10/2012, riduceva la pena
inflitta a Fall Mor Talla nella misura di mesi tre di reclusione ed euro 250,00 di multa per i reati
di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen.

2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della
cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 10/04/2018

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