Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21380 del 15/03/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21380 Anno 2016
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CACOPARDO MARIO ALFIO N. IL 29/09/1970
avverso la sentenza n. 345/2012 CORTE APPELLO di MESSINA, del
02/02/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/03/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA FIDANZIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 15/03/2016

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Luigi Orsi, ha concluso per la
declaratoria di inammissibilità del ricorso. L’avv. Alfio Cesare Ardizzone per il ricorrente ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 2 febbraio 2015 la Corte d’Appello di Messina, in
parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava Capopardo Mario Alfio alla
pena di giustizia per i reati di violenza privata e lesioni aggravate ai danni di Cali Assunto

la prescrizione.
2. Con atto sottoscritto dal proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
affidandolo ad unico articolato motivo.
2.1. E’ stata dedotta la mancanza di motivazione e violazione di legge in relazione
all’art. 192 c.p.p..
Lamenta il ricorrente che sia il giudice di prime cure che la Corte territoriale non hanno
dato conto delle deposizioni dei testi Marino e Mosca, che hanno riferito di essere stati insieme
all’imputato dalle 12 fino al tardo pomeriggio per spegnere un incendio che si era sviluppato ìn
alcuni appezzamenti di terreno nei quali l’imputato conduce un pascolo.
Tali deposizioni erano stati determinanti nella fase delle indagini preliminari ai fini della
revoca della misura custodiale cui il prevenuto era sottoposto.
Si duole il ricorrente che la Corte di merito non ha rilevato le evidenti e palesi
contraddizioni della persona offesa e della moglie e del loro contrasto con quelle del teste
Mingrino, del quale i coniugi Cali avevano omesso di indicare nelle loro dichiarazioni la
presenza in loco.
Questo teste non aveva visto né l’autovettura di color bianca a bordo della quale si
sarebbero trovati i fratelli Capocardo né i due giovani.
Infine, si duole il ricorrente della decisione della Corte territoriale nonostante la
deposizione della persona offesa e della moglie non abbiano trovato significativi elementi di
riscontro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato e va pertanto rigettato.

La sentenza impugnata, con argomentazioni congrue ed immuni da vizi logici, ha
evidenziato gli elementi di colpevolezza in base ai quali ha riconosciuto la penale responsabilità
dell’imputato per i reati ascrittigli.
Oltre al referto medico compatibile con la versione dei fatti fornita dalla persona offesa,
è stato valorizzato quale decisivo elemento di riscontro la testimonianza della moglie del sig.
Cali, ritenuta pienamente attendibile nonostante la sua deposizione presentasse qualche
aspetto di confusione, legato per lo più alla tecnica di esame dibattimentale, ma comunque
non tale da far sorgere dubbi in ordine all’esistenza dell’aggressione ai danni del marito.

2

in concorso con il fratello Cacopardo Carmelo nei confronti del quale è già stata dichiarata

La Corte si è fatto altresì carico di spiegare come la deposizione del teste Mingrino, che
non ha fornito elementi utili a sostegno dell’accusa, non sia idonea a scalfire l’impianto
probatorio complessivo, essendo questi intervenuto in una fase in cui l’aggressione era già
esaurita o comunque spiegandosi la sua deposizione di non aver visto nulla con la volontà di
non farsi coinvolgere nella vicenda.
Va, infine, osservato che la doglianza del ricorrente, già dedotta nei motivi d’appello,
secondo cui lo stesso avrebbe un alibi, essendo stato proprio in quel giorno per molte ore visto

conduceva un gregge, si appalesa generica alla luce di quanto ritenuto dai giudici di merito.
In particolare, se è pur vero che entrambe le sentenze non precisano l’orario in cui è
avvenuta l’aggressione, a sua volta nei motivi di gravame il ricorrente non ha evidenziato che
dalle deposizioni dei testi della difesa emergerebbe l’incompatibilità tra l’orario in cui sono stati
commessi i reati in epigrafe e quello in cui gli stessi testi hanno visto l’imputato nei campi, di
talchè l’alibi invocato dal ricorrente non si appalesa dirimente.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso in Roma, il 15 marzo 2016

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Il consigliere r
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Il Presidente

dai testi della difesa Marino e Mosca presso un appezzamento di terreno in cui l’imputato

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