Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21372 del 16/01/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 21372 Anno 2018
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
CAPRIA FRANCESCO nato il 12/02/1985 a MESSINA
VINCI LETTERIO nato il 20/12/1973 a MESSINA

avverso la sentenza del 03/03/2017 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRO MARIA ANDRONIO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GABRIELE
MAZZOTTA
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per l’inarnmissibilita’
Udito il difensore

Data Udienza: 16/01/2018

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 3 marzo 2017, la Corte d’appello di Messina, ha parzialmente
riformato la sentenza del 7 luglio 2016 del Gip del Tribunale di Messina, resa all’esito di
giudizio abbreviato, con la quale gli imputati erano stati condannati, per il reato di cui agli
artt. 110 e 73, comma 1, 80, lettera b), del d.P.R. n. 309 del 1990, perché, in concorso tra
loro – insieme ad una minore di anni 18, per la quale si è proceduto separatamente trasportavano, all’interno del portabagagli posteriore dell’autovettura in cui si trovavano al

suddivisa in tre involucri. Con il riconoscimento, per entrambi gli imputati, della recidiva
specifica infraquinquennale. La Corte distrettuale ha escluso l’aggravante di cui all’art. 80,
lettera b), del d.P.R. n. 309 del 1990 e ha rideterminato la pena, nei confronti degli
imputati, in anni tre di reclusione e € 6.000,00 di multa ciascuno, confermandone la
responsabilità penale
2. – Avverso la sentenza, ha presentato ricorso per cassazione, tramite il difensore,
l’imputato Capria Francesco.
Con un unico motivo di doglianza, si lamentano vizi della motivazione in ordine alla
responsabilità penale, in quanto la Corte d’appello avrebbe fornito, richiamando la
pronuncia di primo grado, una motivazione per

relationem, fondata unicamente sul

rinvenimento dello stupefacente nel bagagliaio dell’autovettura in uso all’imputato, il
quale, quindi, ne avrebbe consentito il trasporto. Secondo l’argomentazione difensiva, sin
dal primo momento, il coimputato Vinci si sarebbe assunto la responsabilità esclusiva
dell’acquisto dello stupefacente e della sistemazione della sostanza nel bagagliaio,
all’insaputa degli altri passeggeri. La Corte d’appello, inoltre, accettando la ricostruzione
dei fatti proposta dalla sentenza di primo grado, sarebbe giunta a ritenere che l’attività
delittuosa era stata pianificata da tutti gli imputati, compresa la coimputata minorenne.
Tale conclusione, tuttavia, non considererebbe il fatto che la minore era stata assolta dalla
Corte d’appello – sezione minorenni, per non aver commesso il fatto; elemento che

momento della perquisizione, Kg 1,528 di sostanza stupefacente di tipo “marijuana”,

contribuirebbe a confermare l’ipotesi che anche Capria non aveva avuto conoscenza, come
la ragazza, della presenza della sostanza stupefacente nel bagagliaio della propria
autovettura.
3. – Avverso la medesima sentenza, ha presentato ricorso per cassazione, tramite il
difensore, l’imputato Vinci Letterio.
3.1. – Con un primo motivo di ricorso, si deduce, in relazione al calcolo della pena,
la violazione degli artt. 99 cod. pen. e 407, comma 2, lettera a), n. 6), cod. proc. pen., in
riferimento all’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 80 del d.P.R. n. 309 del 1990. Nella
specie, la Corte territoriale avrebbe applicato l’art. 99, quarto comma, cod. pen.,
aumentando di due terzi la pena base di 33 mesi di reclusione, e poi giungendo, per la

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scelta del rito abbreviato, alla pena definitiva di 36 mesi di reclusione. Si precisa, dunque,
che l’aumento di due terzi sarebbe stato reso obbligatorio dall’applicazione dell’art. 99,
quinto comma, cod. pen., ricorrendo l’ipotesi di cui all’art. 407, comma 2, lettera a), n. 6),
cod. proc. pen., per il riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 80 del d.P.R. n. 309 del
1990. Tuttavia, la Corte d’appello non avrebbe considerato che, con l’esclusione di tale
aggravante – dovuta all’assoluzione della minore coimputata – l’aumento di due terzi della
pena non si sarebbe più configurato come obbligatorio, ma come facoltativo, necessitando,

3.2. – In secondo luogo, si contesta la violazione degli artt. 62 bis e 133 cod. pen,
in quanto il mero possesso di sostanze stupefacenti, in quantità tale da far ritenere che
siano destinate allo spaccio – come nel caso di specie – si configurerebbe come un delitto
meno grave rispetto allo spaccio non ancora verificatosi. Si lamenta, inoltre, che nella
gradazione della sanzione si sarebbe dovuta escludere la recidiva facoltativa, proprio in
considerazione del fatto che la condotta delittuosa ei era interrotta sul nascere. Si
aggiunge, a tal fine, inoltre, che l’imputato avrebbe dimostrato la propria resipiscenza,
intraprendendo un programma di recupero dalla tossicodipendenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. – Il ricorso presentato da Capria Francesco è inammissibile, perché basato su
rilievi generici, che costituiscono la mera riproposizione di doglianze già avanzate in
appello. Correttamente, la sentenza impugnata ritiene insuperabile e sufficiente, rispetto
alle ipotesi difensive fornite dall’imputato, il dato essenziale della vicenda, ossia la
presenza della sostanza stupefacente nel bagagliaio dell’automobile di proprietà
dell’imputato e dallo stesso guidata, che, pertanto, ne ha consentito il trasporto; e tale
elemento, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non rappresenta un mero
indizio, ma una piena prova del fatto, a fronte della manifesta inverosimiglianza della
versione alternativa dei fatti fornita dal coimputato. Nessuna rilevanza può essere,
pertanto, attribuita all’assoluzione della minore coinvolta nella medesima vicenda, che si
trovava a bordo dell’automobile dell’imputato, ma che non ne era né conducente, né
proprietaria.
5. – Anche il ricorso presentato da Vinci Letterio è inammissibile.
5.1. – Il primo motivo di ricorso – relativo al calcolo della pena e alla mancanza di
motivazione in ordine all’applicazione della recidiva, divenuta facoltativa – è
manifestamente infondato. La sentenza impugnata, infatti, fornisce un’adeguata
motivazione, relativamente sia al riconoscimento della recidiva che all’esclusione delle
circostanze attenuanti generiche, fondata sulla condotta di entrambi gli imputati,
«indicativa di un inserimento non occasionale nella realtà dei traffici di stupefacenti», e,
dunque, rappresentativa di una pericolosità sociale attuale.
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dunque, di un’adeguata motivazione.

5.2. – Anche il secondo motivo di ricorso – riferito alla violazione degli artt. 62 bis e
133 cod. pen – è da ritenersi manifestamente infondato, in quanto volto ad una
rivalutazione nel merito dei fatti oggetto del processo, già, correttamente ed
adeguatamente, valutati dai giudici di primo e secondo grado. È opportuno ricordare che
risulta sufficiente che il giudice dimostri di avere considerato e sottoposto a disamina gli
elementi enunciati nell’art. 133 cod. pen., in quanto la valutazione dei fatti e la concreta
determinazione della pena sono demandate, esclusivamente, al giudice di merito, essendo

fornita si dimostra aderente alle risultanze processuali e logicamente corretta, come nel
caso di specie. E a ciò deve aggiungersi che ai fini della determinazione della pena, il
giudice può tenere conto di uno stesso elemento, come la gravità della condotta, che
abbia attitudine a influire su diversi aspetti della valutazione, ben potendo un dato
polivalente essere utilizzato più volte sotto differenti profili per distinti fini senza che ciò
comporti lesione del principio del ne bis in idem (ex plurimis, Sez. 2, n. 24995 del
14/05/2015, Rv. 264378).
6. – I ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuale e alla somma di C 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2018.

sottratta al sindacato di legittimità ogni argomentazione sul punto, quando la motivazione

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