Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21364 del 13/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21364 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FAINO EDUARDO N. IL 05/11/1967
avverso la sentenza n. 419/2012 CORTE APPELLO di SALERNO, del
10/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. (1,..„y o,
che ha concluso per
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Data Udienza: 13/11/2015

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 10/02/2014 la Corte d’appello di Salerno, per quanto ancora
rileva, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva condannato
Eduardo Faino alla pena di giustizia, avendolo ritenuto responsabile, quale
amministratore unico sino alla data del 06/07/2005 della FA.PI. s.r.I., dichiarata
fallita con sentenza del 27/03/2007, di fatti di bancarotta fraudolenta
documentale e dístrattiva, nonché per avere concorso a cagionare il fallimento
della società.

seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo, si lamentano vizi motivazionali, per avere la Corte
territoriale trascurato di esaminare le doglianze contenute nell’atto di appello, gli
elementi di prova a discarico e, in generale, le deduzioni relative all’assenza di
consapevolezza, da parte dell’imputato, delle condotte illecite poste in essere
dagli amministratori di fatto.
2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali, in relazione alla
richiesta concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.
3. Sempre nell’interesse dell’imputato sono stati depositati motivi aggiunti.

Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è fondato, giacché la sentenza impugnata esaurisce

il proprio contenuto argomentativo nella sintetica riproduzione della decisione di
primo grado, senza confrontarsi in alcun modo con le censure che investono la
riferibilità dei fatti contestati al Faino, pacificamente un muratore alle dipendenze
dell’amministratore di fatto e, quindi, mero prestanome di quest’ultimo, avendo
svolto le funzioni di amministratore di diritto peraltro sino a due anni prima della
dichiarazione di fallimento.
Ne discende che è stato completamente eluso il tema cruciale della
responsabilità del mero prestanome e ciò sia sul versante della bancarotta
distrattiva, giacché la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore
apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi
nutriti dall’amministratore di fatto (v., ad es., Sez. 5, n. 19049 del 19/02/2010,
Succi, Rv. 247251), sia su quello della bancarotta documentale, non essendo
operata alcuna analisi mirata sulla posizione del Faino rispetto alle alterazioni
contabili correlate al periodo in cui egli aveva ricoperto la carica di
amministratore.
Ugualmente con riguardo alla contestazione di avere cagionato con operazioni
dolose il fallimento della società non è chiarito il ruolo dell’imputato, anche alla
luce del fatto che la vicenda descritta nel capo di imputazione sub d) trova il suo

1

2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai

necessario snodo fattuale in condotte del gennaio 2006, successive alla
cessazione del Faino dalla carica amministrativa.
In tale contesto, la presenza dell’imputato nei cantieri edili e negli uffici della
società o l’apposizione di sottoscrizioni, evidentemente imposta dal ruolo
formalmente ricoperto, non assumono significato se non vengono criticamente
analizzate rispetto agli specifici addebiti dei quali si discute.
2. L’accoglimento del primo motivo, che investe l’affermazione di responsabilità
dell’imputato, comporta l’assorbimento del secondo, concernente la graduazione

3. In conseguenza delle superiori considerazioni, la sentenza impugnata va
annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Napoli.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello
di Napoli.
Così deciso in Roma il 13/11/2015
Il Componente estensore

Il Presidente

del trattamento sanzionatorio.

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