Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21349 del 10/04/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 21349 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CRISCUOLO ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI BARI
LESTINGI MICHELE nato il 29/08/1966 a CONVERSANO( ITALIA)
SIBILANO ANGELA nato il 06/11/1965 a CONVERSANO

avverso il decreto del 09/11/2017 della CORTE APPELLO di BARI
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANNA CRISCUOLO;
lette le conclusioni del PG, che ha chiesto di accogliere il ricorso;
letta la memoria depositata nell’interesse del proposto e del terzo

Data Udienza: 10/04/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con il decreto impugnato la Corte di appello di Bari ha rigettato l’appello
proposto dal P.m. e, in accoglimento dell’appello proposto nell’interesse di
Lestingi Michele, proposto, e di Sibilano Angela, terzo interessato, ha revocato la
confisca dei beni immobili, dei mobili registrati e delle quote societarie, disposta
dal Tribunale di Bari con decreto del 16 luglio 2015.
Nel rigettare l’appello del P.m., che chiedeva di ricondurre la pericolosità del

di una Mercedes denunciata 18 ottobre 2013 e dell’episodio di sottrazione di una
BMW con targa polacca sottoposta a sequestro, denunciato il 30 ottobre 2014,
del tutto ignorati nel decreto del Tribunale, la Corte di appello ha ritenuto che
correttamente il Tribunale avesse espunto dal giudizio di pericolosità i reati di
appropriazione indebita, commessi nel 99 e nel 2000, risultanti dal certificato
penale, in quanto troppo remoti e risalenti rispetto al momento in cui veniva
formulato il giudizio di pericolosità del proposto, trovandone riscontro anche nella
circostanza che nessuna richiesta di applicazione di una misura di prevenzione
personale fosse stata formulata prima del 2013. Ha ritenuto parimenti
giustificata la ritenuta insussistenza dell’attualità della pericolosità sociale del
Lestingi per i reati risultanti dal certificato dei carichi pendenti ed in particolare
dei reati di associazione per delinquere e truffa, oggetto del procedimento n.
10617/06, in quanto, secondo il Tribunale, le risultanze di quel procedimento
potevano sorreggere il giudizio di pericolosi Ú del Lestingi solo per il periodo dal
2004 al 2006, durante il quale era stato amministratore di diritto e di fatto la
Immobil Car srl. I giudici di appello hanno, invece, osservato che quel
procedimento si era fermato al rapporto della polizia giudiziaria del 30 giugno
2006 e che quelle ipotesi di reato non avevano trovato riscontro nel corso delle
indagini, tanté che lo stesso P.m. in data 18/11/2015 aveva formulato richiesta di
archiviazione, escludendo la configurabilità del reato associativo, ritenendo
piuttosto ravvisabile il concorso di persone nella commissione di reati fiscali (art.
2 e 8 d.lgs. 74/00), per i quali erano ormai decorsi i termini di prescrizione ed il
procedimento era stato archiviato dal G.i.p. con decreto del 23 novembre 2015.
Secondo i giudici di appello l’esclusione dell’ipotesi associativa e dei reati di
truffa e ricettazione dimostrava l’erroneità del ragionamento del Tribunale, che
aveva valorizzato le condotte truffaldine di altri soggetti, presunti partecipi
dell’associazione, per fondare il giudizio di pericolosità del proposto, la cui
partecipazione era stata, invece, limitata ad una sola condotta ovvero alla
vendita di un’autovettura, acquistata dal Bailon tramite un finanziamento,
ottenuto con produzione di falsa documentazione, che la Innmobil Car srl del

proposto all’anno 99 e di ritenerne l’attualità alla luce dell’episodio di ricettazione

proposto aveva trasferito ad altra società. Non essendo emerse altre ipotesi di
reato a carico del Lestingi nell’ambito di quell’indagine, sfociata in
un’archiviazione, né altri elementi di fatto, idonei a fondare il giudizio di
pericolosità del Lestingi, la valutazione del Tribunale non risultava fondata su
elementi certi né sorretta da un ragionamento immune da vizi logici.
E’ stato inoltre, rilevato che anche un altro procedimento indicato dal
Tribunale, il n. 1563/09 pendente in fase di indagini, si era concluso con
sentenza di assoluzione del 18 dicembre 2013, cosicché, in assenza di condotte

escludersi anche la pericolosità per il periodo intermedio considerato dal
Tribunale. La Corte di appello ha infine, sottolineato che anche le denunce
successive del 2013 per il reato di cui all’art. 334 cod. pen. e del 2015 per i reati
di cui agli artt. 337 e 646 cod. pen. non potevano essere considerate ai fini del
giudizio di pericolosità del Lestingi, essendo di molto successive all’epoca di
acquisizione dei beni confiscati ed inidonee ad ampliare e retrodatare l’ambito
temporale della pericolosità, non avendo il P.m. appellante richiesto la riforma
del provvedimento di rigetto della misura personale né richiesto di applicare al
Lestingi la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di
soggiorno.

2. Avverso il decreto ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la
Corte di appello di Bari, che ne chiede l’annullamento per violazione di legge, in
particolare per mancanza di motivazione e motivazione apparente.
Deduce che la Corte di appello ha escluso la pericolosità del proposto per gli
anni dal 2000 al 2012, quale presupposto essenziale della confisca, e ha ritenuto
che le successive denunce, intervenute a distanza di anni dalle acquisizioni
patrimoniali dei coniugi, porterebbero ad una indebita retrodatazione del giudizio
di pericolosità del proposto, senza però argomentare sul punto.
Evidenzia che la Corte di appello non ha tenuto conto della memoria
depositata dal P.g. il 6 settembre 2016; non ha considerato che le informative
della polizia giudiziaria sono utilizzabili nel procedimento di prevenzione, in
quanto rappresentative di fatti, liberamente valutabili dal giudice, né ha
considerato che il proposto ha commesso reati recenti, nelle more della
definizione del procedimento di prevenzione di primo grado: infatti, il Lestingi è
stato denunciato nell’ottobre 2013 per la ricettazione di una autovettura
Mercedes M L 320 con carta di circolazione polacca a lui intestata, riportante il
numero di telaio di un’autovettura, denunciata in Italia come oggetto di
appropriazione indebita, e per tale reato pende procedimento ed è fissata
udienza per il 21 novembre 2017; il 30 maggio 2016 è stato condannato con

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delittuose poste in essere dal proposto negli anni dal 2000 al 2012, doveva

decreto penale per il reato di sottrazione di cose sottoposte a sequestro,
accertato il 27 giugno 2014, per avere sottratto, proprio nell’ambito della
presente procedura, l’autovettura BMW 530 Touring, intestata alla Immobil Car
srl, rientrante nel compendio aziendale oggetto della misura patrimoniale; nel
2015 è stato denunciato dalla Polstrada per resistenza a pubblico ufficiale,
commessa il 25 ottobre 2015, per cui pende procedimento con udienza fissata il
28 maggio 2018: nell’occasione il proposto circolava alla guida di una BMW con
targa tedesca e non si fermava al controllo; ancora di recente è stato denunciato

valore, accertata il 28 agosto 2015 ed oggetto di procedimento pendente presso
la Procura di Brindisi con udienza fissata in data 25 settembre 2017. Risulta
quindi, una pluralità di reati contro il patrimonio recenti, che illustrano il percorso
di vita del proposto dal 99 al 2016 e ne descrivono la pericolosità e l’attualità
sino al momento della richiesta di applicazione della misura di prevenzione e
manifestatasi anche in seguito.
La Corte ha, invece, ignorato gli elementi indicati nella memoria prodotta e
quelli emersi nel corso del giudizio di appello, quali un procedimento iscritto nel
99 a carico del proposto per i reati di truffa, appropriazione indebita e calunnia,
definito nel 2007 con sentenza irrevocabile di prescrizione, ma relativo a fatti di
notevole gravità, trattandosi di truffa e appropriazione indebita di veicoli Iveco
Daily di proprietà della Alaska Gelati spa; una denuncia per ricettazione dell’anno
2002, oggetto di un procedimento penale, definito nel 2013 con sentenza di
prescrizione, ma avente ad oggetto la ricettazione di una Mercedes classe A 170,
provento di furto in danno della Fineco Leasing di Brescia nel maggio 99, ma
rinvenuta nel deposito del Lestingi nel 2002. Ancora, è stato evidenziato che il
Lestingi è stato destinatario di avviso orale emesso il

21 agosto 2006 dal

Questore di Bari, in quanto ritenuto persona pericolosa e la misura ha avuto
esecuzione per la durata di tre anni sino al febbraio 2010, senza che il proposto
presentasse istanza di revoca. Pertanto, evidenzia il ricorrente che la pericolosità
pregressa del proposto si ricava anche dall’avviso orale e dalla circostanza che,
anche dopo la notifica dell’avviso orale, é stato controllato insieme a vari
pregiudicati, elementi tutti preternnessi nella motivazione scarna e apparente
della Corte di appello.
Il ricorrente deduce, inoltre, l’infondatezza delle obiezioni difensive, anche in
ordine alla dedotta irretroattività della misura di prevenzione patrimoniale nei
confronti del terzo interessato, secondo la pronuncia delle Sezioni Unite n.4880
del 2015, nonché in ordine alla costituzione di un fondo patrimoniale nel quale
sono confluiti, tra il novembre 2003 e il maggio 2005 ovvero nel periodo in cui il
proposto pose in essere particolari attività illecite, i beni immobili intestati alla

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per un’ulteriore appropriazione indebita di prodotti e macchinari di ingente

Sibilano, trattandosi di vincolo imposto dagli interessati, che non è di ostacolo
all’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale. Da ultimo, sottolinea
che la decisione impugnata è incongrua ed immotivata anche perché in contrasto
con le conclusioni del perito nominato dalla stessa Corte: chiede, pertanto,
l’annullamento con rinvio del decreto impugnato per nuovo esame sulla
pericolosità e sulla confisca.

3. Con memoria, depositata il 22 marzo 2018, il difensore del Lestingi e della

denuncia vizi di motivazione e non la violazione di legge. Sostiene che il decreto
è motivato sia in punto di assenza di pericolosità del proposto anche per il
triennio dal 2004 al 2006, sia in punto di insussistenza della presunzione di
interposizione fittizia per la Sibilano, essendo stato dimostrato che tutti i beni,
acquistati dal 91 in poi, sono della ricorrente e furono acquistati con i proventi
dell’attività di lavoro e con redditi personali, contrariamente alle errate
conclusioni del perito ed anche in ragione della non estensione al terzo delle
presunzioni valide per il proposto. Deduce l’infondatezza della denunciata
violazione di legge per mancata valutazione della memoria prodotta dal PG il 6
settembre 2016, stante l’inammissibilità della stessa, in quanto relativa a
procedimenti risalenti e ad ipotesi di reato, contestate al proposto nelle more del
procedimento di prevenzione, ma non oggetto di valutazione da parte del
Tribunale, che aveva fondato la valutazione sugli elementi offerti dall’organo
proponente; segnala che l’art. 680 cod. proc. pen. stabilisce che ai procedimenti
di prevenzione si applicano le norme sulle impugnazioni con la conseguenza che
non possono essere proposti al giudice di appello elementi nuovi, non esaminati
dal Tribunale, non trattandosi, peraltro, di elementi sopravvenuti, bensì di un
procedimento risalente al 99, definito con declaratoria di prescrizione senza
alcuna valutazione di merito, a differenza degli elementi favorevoli prodotti dalla
difesa, sopravvenuti e relativi a procedimenti valutati dal Tribunale per fondare il
giudizio di pericolosità (decreto di archiviazione del luglio 2015 per il
procedimento del 2006, assoluzione per non aver commesso il fatto per il
procedimento del 2009 e per depenalizzazione del reato, commesso nel 2007,
per omesso versamento di ritenute previdenziali). Reputa, pertanto, del tutto
corretta la valutazione della Corte di appello, che ha escluso di poter retrodatare
la pericolosità sociale del proposto.

4. Con requisitoria scritta il P.G. ha chiesto l’accoglimento del ricorso, in
quanto la Corte di appello ha omesso di considerare una serie di precedenti
penali, specificamente indicati in ricorso, alcuni dei quali definiti con esito di

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Sibilano deduce l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso del P.G., in quanto

condanna: omissione che integra la denunciata violazione di legge, atteso che,
ferma la libertà di valutazione del giudice della prevenzione ai fini del giudizio di
pericolosità circa la natura sintomatica o meno delle pronunce di condanna
emesse nei confronti del proposto, è doverosa la valutazione di tutte le vicende
giudiziarie, in cui il proposto risulti coinvolto, soprattutto, quando si concludano
con affermazione di responsabilità. Sostiene, pertanto, che l’esclusione della
pericolosità del Lestingi e dell’attualità della stessa è fondata su presupposti

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso del Procuratore Generale presso la Corte di appello di Bari è
fondato, in quanto la motivazione del decreto impugnato presenta carenze
argomentative tali da renderla meramente apparente o del tutto mancante.
Premesso che i provvedimenti in materia di prevenzione non sono sindacabili
in questa sede per vizio di motivazione, salvo il caso di motivazione inesistente o
meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246;
Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, Pandico, Rv. 266365), è stato affermato che la
motivazione è inesistente anche quando omette di confrontarsi con un elemento
potenzialmente decisivo prospettato da una parte e ciò in quanto il giudice della
prevenzione ha l’obbligo di motivare su tutti i punti oggetto della decisione (Sez.
6, n. 33705 del 15/06/2016, Caliendo e altro, Rv. 270080).
La Corte di appello di Bari ha rivalutato in senso favorevole al proposto la
decisione del Tribunale, che aveva già circoscritto la pericolosità del Lestingi al
solo triennio 2004-2006 rispetto al più ampio perimetro temporale, indicato nella
proposta e ribadito nell’appello del P.m., escludendola anche per tale limitato
arco temporale e per l’effetto ha revocato la confisca disposta; ha inoltre,
ritenuto di non poter ampliare la valutazione sulla pericolosità, considerando gli
elementi più risalenti ed i fatti più recenti, evidenziati dal P.m. appellante,
ritenendo i primi troppo remoti, i secondi troppo distanti dall’epoca degli acquisti
dei beni confiscati e rilevando, inoltre, che non era stata richiesta la riforma del
provvedimento di rigetto della proposta di applicazione della misura personale.
La valutazione è errata sotto vari profili: in primo luogo, perché trascura
l’ammissibilità dell’applicazione disgiunta delle misure di prevenzione personali e
di quelle patrimoniali, laddove sia accertata l’esistenza di pericolosità non più
attuale del proposto (Sez. Un., n. 4880 del 2015, Spinelli); in secondo luogo,
perché ai fini del giudizio di pericolosità non ha considerato gli elementi nuovi
offerti dal P.m. appellante a sostegno della richiesta rivalutazione della
pericolosità del proposto, con specifica indicazione di elementi di fatto, ritenuti

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fattuali incompleti e vizia il percorso giustificativo della revoca della confisca.

dimostrativi della continuità nel tempo della pericolosità del Lestingi,
manifestatasi sin da epoca risalente e perdurante sino al momento della
proposta.
Anche la difesa del proposto e del terzo incorre in errore nel sostenere
l’inutilizzabilità degli elementi nuovi prodotti dal P.m. nel giudizio di appello.
Questa Corte ha da tempo affermato che, poiché il procedimento di
prevenzione è informato alla regola “rebus sic stantibus”, vi é la possibilità di un
costante adeguamento della situazione di diritto a quella di fatto, che può

convincimento del giudice del gravame può ben fondarsi su elementi non
esaminati in primo grado. Il giudice dell’appello può, pertanto, correttamente
disporre l’acquisizione agli atti dell’ulteriore documentazione, inerente al giudizio
di pericolosità, prodotta in quella sede dal pubblico ministero (Sez. 1, n. 5026
del 16/10/1995, Spezia, Rv. 202758).
Tale principio, costantemente affermato, è stato ancora di recente ribadito e
ritenuto operante anche nella vigenza del d.lgs. n. 159 del 2011 (Sez. 6, n.
51061 del 13/09/2017, PG in proc. lusco, Rv. 271375; Sez. 5, n. 4172 del
15/12/2016, dep. 2017, Nicastro, non massimata; Sez. 5, n. 18995 del
15/01/2016, Orsino, non massimata): ne discende l’infondatezza dell’obiezione
difensiva circa l’inammissibilità della memoria del P.g., riepilogativa degli
elementi già posti a fondamento dell’appello, e la dedotta inutilizzabilità
dell’informativa di polizia giudiziaria del giugno 2006.
Considerato, infatti, che ai fini dell’applicazione di una misura di
prevenzione, i fatti sui quali deve basarsi il giudizio di pericolosità sociale non
sono solo quelli accertati con sentenza di condanna, ma anche quelli che
costituiscono indizi di tale pericolosità, cosicché anche la pendenza di
procedimenti penali per reati a tal fine particolarmente significativi può integrare
la sussistenza di tali indizi (Sez. 6, n. 36216 del 13/07/2017, Schiraldi e altro,
Rv. 271372; Sez. 1, n. 3010 del 24/06/1993, Folino, Rv. 195671), il decreto
impugnato risulta decisamente carente sia per la mancata valutazione degli
elementi di prova o indiziari tratti da procedimenti penali pendenti, sia per la
mancata valutazione degli elementi di fatto, desumibili dai procedimenti definiti
con declaratoria di prescrizione, sottoposti all’esame dei giudici di appello.
Tenuto conto che il presupposto per l’applicazione di una misura di
prevenzione è una “condizione” personale di pericolosità, desumibile non solo da
singoli fatti illeciti, ma da più fatti, anche non costituenti illecito, sintomatici, ma
certi, il giudizio di pericolosità è frutto di una valutazione complessa, ricostruttiva
della vita del proposto, basata non necessariamente su condanne, ma su un più
ampio quadro di abitudini di vita, rapporti e frequentazioni, su elementi di fatto

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modificarsi in senso favorevole o contrario al prevenuto, cosicché il

ed indici concreti, rivelatori della potenzialità del soggetto di tenere condotte
perturbatrici dell’ordine sociale o economico, ricavabili anche da sentenze penali
non concluse con accertamento di responsabilità.
Se è infatti, pacifico che per il principio di autonomia tra procedimento
penale e procedimento di prevenzione é consentita l’autonoma valutazione dei
fatti accertati ed il giudice della prevenzione può rivalutare, nell’ottica del
giudizio di pericolosità del proposto, circostanze di fatto accertate in
procedimenti penali, prescindendo dal loro esito (Sez. 1, n. 6636 del

Grillone, Rv. 260482), anche nel caso in cui in sede penale non vi sia stata
condanna, ma sia stata dichiarata la prescrizione del reato, è ammissibile una
autonoma valutazione del fatto purché delineato con sufficiente chiarezza o
comunque, ricavabile dagli atti (Sez. 1, n. 31209 del 24/03/2015, Scagliarini e
altro, Rv. 264319).
Nel caso in esame la ritenuta insussistenza della pericolosità del Lestingi
risulta fondata su un’analisi incompleta, parziale e frammentaria degli elementi
sottoposti all’esame dei giudici di appello, che non hanno considerato gli
elementi di fatto ricavabili dai procedimenti indicati nel ricorso e definiti con
sentenze di prescrizione per fatti del 99 e del 2002, relativi a reati di
appropriazione indebita di veicoli di ingente valore economico e di ricettazione di
un’autovettura di grossa cilindrata di provenienza furtiva.
Anche la mancata valutazione delle condanne riportate dal Lestingi nel 99 e
nel 2000, giustificata dalla eccessiva distanza temporale rispetto al momento
della valutazione di pericolosità, è motivata in modo apparente, in quanto
espunge dall’ambito valutativo, senza argomentazioni concrete e senza
confrontarsi con la prospettazione dell’appellante, procedimenti conclusisi con
affermazione di responsabilità per appropriazione indebita di autovetture di
grossa cilindrata, ritenuti indicativi della identica modalità commissiva,
trattandosi in entrambi i casi di autovetture possedute dal Lestingi a titolo di
locazione finanziaria, e della propensione del proposto a commettere delitti
contro il patrimonio, particolarmente remunerativi, come segnalato nella
memoria depositata in udienza dal P.m. appellante.
Anche per il procedimento n. 10617/2006 e per i fatti riportati
nell’informativa prodotta la valutazione risulta ancorata all’esito del
procedimento penale ed alla prescrizione dei reati fiscali ravvisabili, senza
considerare in alcun modo la specificità della condotta del proposto, segnalata
nell’appello, di intermediazione nella vendita di autovettura, anch’essa oggetto di
appropriazione indebita ai danni di società di leasing, e funzionale all’esercizio

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07/01/2016, Pandico e altro, Rv. 266364; Sez. 5, n. 32353 del 16/05/2014,

dell’attività di commercio di autovetture, svolta dal Lestingi tramite un
prestanome.
Del tutto omessa è la valutazione dell’avviso orale di cui il Lestingi è stato
destinatario nel 2006 e che ha avuto concreta esecuzione per un triennio,
durante il quale è stato controllato insieme a pregiudicati, come indicato nel
ricorso, pur trattandosi di elemento apprezzabile ai fini del giudizio di
pericolosità.
Sorretta da motivazione apparente è anche la mancata considerazione dei

primo grado, indicati nella memoria del P.m. appellante e ribaditi nel ricorso,
quali la ricettazione di un’autovettura (Mercedes 320 con carta di circolazione
polacca intestata al Lestingi e numero di telaio, corrispondente ad
un’autovettura, oggetto di denuncia in Italia di appropriazione indebita, sporta
nell’ottobre 2013) e la sottrazione di un’autovettura (una BMW 530 Touring,
intestata alla Immobil Car srl), sottoposta a sequestro proprio nella procedura in
oggetto, per la quale il Lestingi è stato condannato con decreto penale del
maggio 2016, essendosi la Corte di appello limitata a ritenerli reati
eccessivamente distanti dall’epoca di acquisizione dei beni confiscati, senza
effettuare alcuna valutazione concreta degli elementi ricavabili da tali
procedimenti.
Ulteriore mancanza si riscontra anche per gli ulteriori elementi sopravvenuti,
prodotti nel giudizio di appello, relativi a condotte tenute dal proposto persino in
costanza di sottoposizione alla misura di prevenzione e nelle more della
definizione dell’appello, oggetto di procedimenti pendenti (un procedimento per
resistenza, commessa dal Lestingi nell’ottobre 2015 alla guida di una BMW di
grossa cilindrata con targa tedesca, pendente presso il Tribunale di Bari, ed un
procedimento per appropriazione indebita di macchinari e prodotti, di proprietà
di diverse ditte e di ingente valore, pendente dinanzi al Tribunale di Brindisi).
Una puntuale valutazione degli elementi offerti è del tutto assente nel
provvedimento impugnato, che riduttivamente ha circoscritto l’analisi solo al
triennio per il quale il Tribunale aveva ritenuto sussistente la pericolosità del
Lestingi, senza estendere e rivisitare quel giudizio alla luce degli ulteriori
elementi prodotti, come imponeva l’appello del P.m.
Risulta, pertanto, gravemente carente e meramente apparente la
motivazione del decreto impugnato, in quanto l’esclusione della pericolosità del
proposto, che ha travolto la confisca dei beni dello stesso e della moglie, risulta
fondata su una valutazione parziale degli elementi disponibili, omettendo il
doveroso esame di tutte le condotte poste in essere dal proposto nell’arco

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reati commessi dal proposto nelle more della definizione del procedimento di

temporale oggetto della domanda, marcatamente specifiche in tema di reati
contro il patrimonio, produttivi di profitti illeciti.
L’omessa valutazione degli elementi illustrati, sottoposti all’esame dei giudici
di appello, integra la denunciata violazione di legge ed impone l’annullamento del
decreto impugnato con rinvio alla Corte di appello di Bari per nuovo esame sulla
pericolosità del proposto e, stante la natura preliminare di tale valutazione, solo
in caso di esito positivo dovranno essere affrontati gli ulteriori profili indicati dal

P.Q.M.

Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuova deliberazione alla Corte di
appello di Bari.
Così deciso, il 10/04/2018.
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Anna Cri0Jolo

Giacomo aolonir
91-1

ricorrente, concernenti la confisca.

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