Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21321 del 10/04/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 21321 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CRISCUOLO ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CAVALLONE FRANCO nato il 18/05/1958 a PIEVE A NIEVOLE

avverso la sentenza del 14/07/2017 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANNA CRISCUOLO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PERLA LORI, che
ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

Data Udienza: 10/04/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore di Cavallone Franco propone ricorso avverso la sentenza
indicata in epigrafe, con la quale la Corte di appello di Firenze, decidendo in sede
di rinvio, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Lucca in data
8 febbraio 2010, ha rideterminato la pena per i residui reati di cui agli artt. 640 e
646 cod. pen. con le aggravanti contestate e con la diminuente per il rito, in anni
3 di reclusione e di 1.200 euro di multa.

di motivazione in ordine alla quantificazione della pena.
Deduce che il giudice di primo grado aveva condannato il Cavallone alla pena
di anni 3 e mesi 6 di reclusione e 1.400 euro di multa per i reati di cui agli artt.
81, 640, 61 n.11, 485 e 646, 61 n.7 e 11 cod. pen.; che questa Corte aveva
annullato senza rinvio la sentenza relativamente al reato di cui all’art. 485 cod.
pen. perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, rinviando alla Corte di
appello per la rideterminazione della pena, ridotta di soli sei mesi di reclusione e
200 euro di multa, nonostante l’eliminazione del più grave dei reati in
continuazione. Sostiene che la modestia della riduzione sia in contrasto con i
principi che regolano l’applicazione della pena, in quanto il primo giudice nel
determinare l’aumento per la continuazione aveva tenuto conto dei numerosi
reati di falsità materiale commessi per realizzare le truffe e dell’episodio di
appropriazione indebita ed aveva applicato sulla pena base un aumento pari ad
un mezzo, mentre la Corte di appello ha applicato un aumento pari a circa un
terzo, di poco inferiore a quello precedente.
Deduce che l’operazione é illogica, in quanto i reati di truffa e di falso sono,
sia per quantità che per danno economico, più gravi dell’unico episodio di
appropriazione indebita, ma la Corte di appello ha privato di rilevanza
l’intervenuta depenalizzazione del reato di falso, nonostante si trattasse della
falsificazione di 55 assegni, cui è connesso un danno di 500 mila euro, e di
un’unica appropriazione di 5 mila euro: pertanto, la Corte di appello avrebbe
dovuto valorizzare maggiormente le condotte di falso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché proposto per un motivo non consentito
nonché manifestamente infondato.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte al giudice di merito
spetta un potere discrezionale nella determinazione della pena, anche in
relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti

Ne chiede l’annullamento per violazione degli artt. 81 e 133 cod. pen. e vizio

ed attenuanti, che egli esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e
133 cod. pen.: ne discende che le statuizioni relative alla determinazione della
pena non sono sindacabili in sede di legittimità, salvo il caso in cui la motivazione
sia del tutto mancante o sia contraddittoria o manifestamente illogica (Cass.,
sez. un., n. 10713 del 25/02/2010 Rv. 245931; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013
Rv. 259142) né a tal fine è necessario che il giudice di merito dia conto, nella
motivazione della sentenza, di aver considerato tutti gli elementi fattuali che
connotano la fattispecie concreta, essendo sufficiente che egli indichi gli elementi

133 cod. pen. (Sez. 2, n. 46419 del 16/10/2014, Barchetta e altri, Rv. 261050).
La sentenza impugnata non incorre nei vizi denunciati, in quanto la
motivazione non è affatto illogica o contraddittoria.
I giudici del rinvio hanno invero, tenuto conto dell’aumento applicato dal
primo giudice a titolo di continuazione sia per i reati di falso, depenalizzati, che
per i numerosi episodi di truffa contestati e per un episodio di appropriazione
indebita, ed, esclusa la parte di aumento riferibile alle falsificazioni dei moduli
presentati in banca dall’imputato, hanno ritenuto conforme ai criteri di cui all’art.
133 cod. pen. determinarlo in un anno di reclusione e 400 euro di multa,
evidentemente attribuendo maggior rilievo ai numerosi e ben più gravi reati di
truffa rispetto alla natura strumentale dei falsi, propedeutici alla commissione
delle truffe ed all’incasso di somme per l’importo complessivo di 500 mila euro.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore
della cassa delle ammende, equitativamente determinata in euro duemila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso, il 10/04/2018.

Il Consigliere e !ensore
Anna Cris cò
,z

Il Presidente
Giacomc Paoloni

ritenuti rilevanti o determinanti ai fini dell’applicazione dei criteri di cui all’art.

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