Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21316 del 05/04/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 21316 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: AGLIASTRO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Ivanov Stanislav Ilchev, nato a Berkovica (Bulgaria)il 13/4/1973

avverso la sentenza del 05/07/2017 della Corte di appello di Catanzaro;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Mirella Agliastro;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
Giovanni Di Leo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 05/04/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Catanzaro, giudicando in sede di rinvio della Corte
di cassazione con sentenza del 5/7/2017, in parziale riforma della sentenza
pronunciata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari il
3/1/2015, rideterminava la pena irrogata a Ivanov Stanislav Ilchev in anni due e
mesi tre di reclusione ed euro 950,00 di multa (essendo stato abrogato il reato di

L’imputato rispondeva dei seguenti reati:
a) art. 628 comma 1 e 3 n. 3 bis cod. pen. in pregiudizio di Ivanova Daniela
Stefanova per essersi impossessato di una modica somma di denaro e del
cellulare della donna con violenza consistita in pugni, calci e schiaffi sul viso che
provocavano alla stessa trauma e fratture.
b) art. 582, 583 comma 2 n. 4, 585 comma 2 n. 2 cod. pen. per avere
colpito la donna con un mestolo di legno, un cacciavite, un attrezzo in metallo e
con schiaffi calci e pugni sul viso e sul corpo. Con l’aggravante di avere
cagionato uno sfregio permanente al viso e di avere utilizzato armi improprie.
c) art. 56, 610, 61 n. 2, 594 cod. pen.
Il rinvio della Corte di cassazione derivava dal fatto che il reato di ingiuria è
stata depenalizzato con il d.lvo n. 7 del 15/1/2017 e che occorreva statuire in
ordine alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 585 cod. pen.,
per omessa motivazione sull’uso dell’arma (non esclusa dal giudice di primo
grado e oggetto di motivo di appello). L’imputato infatti aveva censurato che un
mestolo da cucina potesse ritenersi arma impropria; la ricorrenza o meno di tale
aggravante ha refluenza sulla determinazione della pena.
La Corte di appello di Catanzaro ha rilevato che il mezzo utilizzato per
provocare le lesioni (che ha giustificato la contestazione dell’aggravante)
consisteva in un mestolo in legno da cucina della lunghezza di trenta centimetri
rinvenuto dai militari operanti, spezzato in due e sporco di sangue. La Corte ha
qualificato tale utensile da cucina come “arma impropria” non da punta e taglio e
però strumento efficacemente usato contro la donna in quel peculiare contesto
aggressivo che ha visto l’utilizzo da parte dell’imputato anche di cacciavite e con
la produzione di lesioni al volto particolarmente gravi, dovendosi valutare non
tanto la forma dell’oggetto quanto la sua destinazione funzionale all’offesa. Nel
confermare la ricorrenza dell’aggravante in questione la pena da infliggersi
veniva determinata in anni due e mesi tre di reclusione ed euro 950,00 di multa
per essere stato depenalizzato il reato di ingiuria.

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ingiuria) confermava nel resto la sentenza appellata.

2. Ricorre per cassazione Ivanov Stanislav Ilchev per il tramite del difensore
di fiducia lamentando violazione di legge e mancanza di motivazione con
riferimento alla ricorrenza dell’aggravante di cui all’art. 585 cod. pen.
Con riguardo alla distinzione tra armi proprie ed armi improprie la Corte di
cassazione ha fatto riferimento alla “destinazione dei singoli strumenti in un
determinato ambiente sociale alla stregua delle usanze dell’esperienza e dei
costumi affermati in un certo momento storico”.
Ritiene il ricorrente che la capacità di offesa non costituisca l’unico elemento

risulta ampliato dal decreto legislativo 26/10/2010 n. 204 in attuazione della
direttiva 2008/51/CE di modifica della direttiva 91/477/CEE che ha modificato
l’art. 4 della legge 18/4/1975 n. 110. L’individuazione delle armi improprie
avviene attraverso la verifica di due requisiti: 1) uno di tipo naturalistico
costituito dall’attitudine all’offesa; 2) l’altro di carattere normativo caratterizzato
dal divieto di porto senza giustificato motivo.
Detta attitudine può escludersi quando facendo ricorso alle massime di
comune esperienza si accerti che lo strumento sia stato usato per scopi diversi
dall’offesa e che la lesione dello stesso eventualmente prodotta possa derivare
anche da un colpo inferto a mani nude. Sulla base di tali indicazioni, sostiene il
ricorrente che il mestolo da cucina di cm 30 non possa ricomprendersi nella
categoria indicata e pertanto legittima l’esclusione dell’aggravante che era stata
contestata con riferimento al reato di lesioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va disatteso.
2. La Corte ha qualificato il mestolo utilizzato come arma impropria sotto il
profilo della destinazione funzionale all’offesa. Invero, si devono considerare
“armi improprie” tutti gli strumenti che, nelle particolari circostanze di tempo e di
luogo, possono essere utilizzati per l’offesa alla persona; né agli stessi fini rileva
che si tratti di un uso momentaneo ed occasionale dello strumento atto ad
offendere, poiché per la configurabilità dell’aggravante non si richiede che
concorra la contravvenzione di cui all’art. 4 della legge n. 110/75.
3.

Secondo la giurisprudenza di legittimità per arma impropria deve

intendersi qualsiasi oggetto anche di uso comune e privo d apparente idoneità
all’offesa che sia in concreto utilizzato per procurare lesioni personali, giacchè il
porto dell’oggetto cessa di essere giustificato nel momento in cui viene meno il
collegamento immediato con la sua funzione per essere utilizzato come arma
(Sez. 5, n. 49517 del 21/11/2013, Rv. 257758; Sez. 5, n. 47504 del

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per distinguere le armi proprie da quelle improprie; l’elenco delle armi improprie

24/09/2012, Rv. 254082). Indifferente, dunque, è il giudizio astratto di
intrinseca pericolosità-offensività dell’oggetto, mentre assume rilevanza il
concreto utilizzo che dello strumento viene fatto e che ne comporta un
mutamento funzionale, attraendolo nell’orbita delle armi improprie (Sez. 5,
26/9/2014 n. 49582, Rv. 261342).
4. Ne consegue che il ricorso è infondato ed il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 05/04/2018

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Mirella At gliastro

Giacom Paoloni

1r7

P.Q.M.

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