Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21304 del 08/11/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21304 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: SIANI VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TOMASSETTI DINO nato il 16/09/1951 a SASSOFERRATO

avverso l’ordinanza del 19/10/2016 del TRIB. SORVEGLIANZA di ANCONA
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO STANI;
lette/sentite le conclusioni del PG
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Data Udienza: 08/11/2017

RITENUTO IN FATTO

Con l’ordinanza in epigrafe, emessa in data 19 – 24 ottobre 2016, il
Tribunale di sorveglianza di Ancona ha rigettato l’istanza proposta da Dino
Tomassetti di affidamento in prova al servizio sociale, per non essere stati
acquisiti elementi adeguati per ritenere la condotta del condannato dimostrativa
dell’avvenuta maturazione\una sufficiente revisione critica rispetto alla gravità
del reato commesso, così 4eConsentire la formulazione di una prognosi di

percorso trattamentale.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il Tomassetti chiedendone
l’annullamento sulla scorta di un unico motivo con cui lamenta erronea
applicazione della disciplina di riferimento e carenza della motivazione.
Il Tribunale di sorveglianza, motivando esclusivamente con riferimento
all’inadeguatezza della soluzione prospettata in via principale relativa al
prosieguo del lavoro all’estero da parte del condannato, aveva, ad avviso del
ricorrente, del tutto omesso di prendere in considerazione la disponibilità
manifestata nell’istanza e personalmente ribadita all’udienza dal Tomassetti di
abbandonare il succitato lavoro e di rientrare in Italia e svolgere attività non
retribuita in favore della collettività presso Comune di Sassoferrato, ente del
quale si era acquisita la disponibilità. Questa prospettazione subordinata era
stata ignorata completamente dai giudici di merito, mentre tale sua disponibilità
al lavoro gratuito era anche la prova della revisione critica del passato elaborata
dal Tomassetti, il quale, peraltro, si era visto applicare la pena concordata ex
artt. 444 e ss. cod. proc. pen., e non era stato condannato all’esito di un giudizio
di cognizione piena.
Del pari criticabili sono state ritenute dal ricorrente le conclusioni della
relazione dell’UEPE dovendo invece rilevarsi che egli destinava gran parte dei
proventi guadagnati con il lavoro attualmente svolto a soddisfare le ragioni degli
istituti di credito, a ragione da considerarsi vittime del reato. Anche l’assunta
minimizzazione da parte sua del reato commesso viene considerata dal
ricorrente come il frutto di una personale convinzione dell’assistente sociale che
aveva redatto l’atto, anche perché dal notevole tempo trascorso da quello del
commesso reato egli aveva dato prova di comportamento corretto ed osservante
della legge, senza che potesse annettersi soverchia importanza alla gravità del
reato stesso, dovendo valorizzarsi esclusivamente la condotta successiva del
condannato ai fini dell’emenda dal crimine.

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consentaneità della misura alternativa richiesta all’effettivo svolgimento del

3. Il Procuratore generale ha prospettato la declaratoria di inammissibilità
del ricorso, in quanto l’ordinanza impugnata appariva correttamente motivata
con riferimento alla ritenuta mancanza delle condizioni legittimanti il
riconoscimento della chiesta misura alternativa e con riguardo anche alla
sostanziale violazione della pena accessoria che il ricorrente, volendo continuare
a svolgere l’esercizio di un’impresa, aveva finito sostanzialmente per proporre.

1. L’impugnazione non è fondata e va pertanto rigettata.

2. Il Tribunale, a ragione del provvedimento di rigetto assunto, ha formulato
una valutazione congrua e non illogica, né contraddittoria.
L’analisi dei giudici di merito ha tenuto nel debito conto il fatto che il
Tomassetti era stato condannato alla pena di anni due, mesi cinque, giorni dieci
di reclusione per concorso in bancarotta fraudolenta del 4 dicembre 2007, in
quanto, quale amministratore di fatto della società di fatto M.R. di Crispiani
Oriana, aveva tenuto la contabilità in modo tale da rendere impossibile la
ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società ed aveva
distratto risorse finanziare dal patrimonio sociale pari ad euro 524.000,00 ed
euro 740.000,00, mediante prelievi netti di cassa dal 1994 al 2006, oltre a
macchinari per un costo storico di euro 40.000,00, nonché per avere aggravato il
dissesto della società astenendosi dal chiederne il fallimento quando essa era già
in stato di decozione, dal 2001, con ulteriori perdite per euro 728.000,00,
segnalando che con la sentenza di condanna era stata irrogata al Tomassetti
anche la pena accessoria dell’inabilitazione all’esercizio di impresa commerciale e
dell’incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata
della pena principale.
Posta tale premessa e valutato anche che il condannato annoverava altri
precedenti penali per evasione dei contributi previdenziali, il Tribunale di
sorveglianza ha spiegato il rilievo costituito dal fatto che il Tomassetti, pur con i
citati precedenti, risultava soggiornare e lavorare all’estero, mentre in Italia
aveva conservato la residenza in Sassoferrato, presso il domicilio familiare.
Inoltre, è stato evidenziato come ostasse all’accoglimento dell’istanza la
considerazione che, nel corso dei colloqui con gli assistenti sociali dell’UEPE, era
emerso che il condannato, pur dicendosi in via di principio disponibile a
collaborare, aveva evidenziato un atteggiamento acritico e volto a minimizzare i
reati commessi, senza esprimere una reale capacità valutativa in ordine alle
conseguenze determinate per le vittime e senza esprimere una volontà

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CONSIDERATO IN DIRITTO

risa rcitoria.
Inoltre, egli aveva apertamente riferito circa il tipo di lavoro che espletava
all’estero: in sostanza, egli gestiva una società che svolgeva attività economica
nel settore calzaturiero. Ed, in relazione a tale attività, il difensore aveva chiesto
rinvio a tempo indeterminato per consentire al Tomassetti, gravato di debiti, di
continuare a svolgere all’estero quel lavoro e così mantenere il nucleo familiare
composto da lui e dalla moglie.
I giudici di sorveglianza hanno, allora, valutato che, alla stregua di tali

caratterizzata dalle prescrizioni meno pervasive) – non potesse essere accordata
al Tonnassetti, in quanto questi aveva mostrato di non aver maturato una
sufficiente revisione critica rispetto alla gravità del reato commesso, come
dimostrava anche la volontà di continuare nello svolgimento di altra attività
economica in posizione direttiva, ossia svolgendo quella specifica attività a lui
preclusa dalla pena accessoria sopra indicata, che gli impediva di assumere un
ruolo direttivo nella gestione di imprese anche per interposta persona;
prospettiva chiaramente incompatibile con la maturazione di una consapevolezza
adeguata ad affrontare il percorso rieducativo al livello implicato dalla chiesta
misura alternativa.

3. Occorre riconoscere, nello stesso senso indicato dai giudici di merito, che
la prospettiva coltivata dall’istante in via principale, ossia l’affidamento in prova
al servizio sociale da espletarsi al di fuori del territorio nazionale, si configurava
strutturalmente inidonea a soddisfare le condizioni fondamentali implicate
dall’istituto: in particolare, l’esecuzione della misura alternativa dell’affidamento
in prova al servizio sociale comporta il necessario svolgimento della stessa in
Italia, in quanto i centri di servizio sociale per adulti sono deputati a svolgere
solo in ambito nazionale la loro attività che, per le sue peculiarità e la sua
specifica natura, non é ricompresa tra le funzioni statali esercitabili all’estero da
parte di uffici consolari (Sez. 1, n. 6001 del 20/10/2016, dep. 2017, Evangelista,
n. m.; Sez. 7, ord., n. 34747 del 11/12/2014, dep. 2015„ Calanna, Rv. 264445).
Sotto altro aspetto si ritiene pacificamente no,n accoglibile l’istanza di
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affidamento in prova al servizio sociale di persona che dichiaratamente residente
all’estero e risulti priva di stabili rapporti con il territorio nazionale, poiché la
misura alternativa in questione presuppone accertamenti preventivi da parte dei
servizi territoriali sulle prospettive di rieducazione del condannato e di garanzie
dal pericolo di recidiva, oltre che successivi continui controlli. (Sez. 1, n. 18225
del 25/03/2014, Valtriani, Rv. 261994).
Inoltre, non può censurarsi, siccome fondato su rilievo conforme a

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elementi, la misura chiesta – ossia l’affidamento in prova (quella più ampia e

ragionevolezza e logica, la valutazione critica operata dal Tribunale del fatto che
il Tomassetti – divenuta irrevocabile la sentenza sopra indicata, che pure aveva
stabilito la succitata pena accessoria dell’inabilitazione all’esercizio di impresa
commerciale e dell’incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa
per la durata della pena principale – ha continuato ad esercitare, sia pure
all’estero, la stessa attività funzionale inibitagli dalla suddetta pena accessoria
proponendo di innestare in tale situazione, già anomala per l’aspetto sopra
considerato, l’ammissione e l’esecuzione della misura alternativa dell’affidamento

Quanto, poi, alla critica mossa dal ricorrente all’esito istruttorio costituito
dalla relazione UEPE, il cui contenuto si è lamentato essere il frutto di personale
convincimento dell’operatore, trattasi di censura generica, in nessun modo
sostenuta da un qualche riferimento specifico al contenuto effettivo dell’atto.
Per il resto, la sollecitazione del ricorrente volta ad una valutazione dei
relativi esiti in senso diverso ed alternativo rispetto alla lettura datane, con
ragionamento congruo e logico, dal Tribunale si sorveglianza esorbita nella
prospettazione di una valutazione in fatto, non consentita in questa sede.

4. E’, inoltre, vero che (come ha notato anche il provvedimento sospensivo
dell’esecuzione emesso cautelativamente dallo stesso Tribunale in data 9 – 11
novembre 2016) che l’ordinanza impugnata non ha dedicato specifiche
considerazioni in ordine alla possibilità indicata in via subordinata dal Tomassetti
di svolgere l’affidamento in prova al servizio sociale mediante lo svolgimento di
attività di volontariato presso il Comune di Sassoferrato.
Tuttavia, discende in modo piano ed univoco dal complessivo tenore del
provvedimento che anche per tale prospettiva subordinata resta intatto il rilievo
logico-giuridico delle considerazioni svolte circa i fattori ostativi al riconoscimento
della misura alternativa, con particolare riferimento alla mancata revisione critica
palesata dal Tonnassetti e specificamente evidenziata nella corrispondente
istruttoria, anche in rapporto all’assenza di alcun serio conato inerente
all’assolvimento degli obblighi risarcitori gravanti sul condannato (fattore,
quest’ultimo, che, in concorso con gli altri, pure è stato legittimamente valutato
dai giudici di merito, dal momento che la concessione dell’affidamento in prova,
pur non essendo subordinato al risarcimento del danno in favore della vittima, in
difetto di una disposizione prescrittiva in tal senso, può essere condizionata
negativamente dall’ingiustificata indisponibilità del condannato a risarcire la
vittima dei danni arrecati, trattandosi di una condotta che rientra tra gli elementi
di segno negativo, suscettibili di valutazione: v. in modo combinato Sez. 1, n.
39266 del 15/06/2017, Miele, Rv. 271226, e Sez. 1, n. 5981 del 21/09/2016,

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in prova.

dep. 2017, Panelli, Rv. 269033).
Sicché non può non ritenersi che, anche in relazione all’istanza subordinata,
i giudici di merito abbiano valutato in modo incensurabile gli elementi emersi
annettendo adeguata importanza a quelli sopra indicati, nell’ambito di una
ponderazione congrua e logica della fattispecie esaminata, deponendo
conclusivamente a carico del condannato l’accertamento che egli non è ancora
pervenuto ad un riesame critico del proprio passato e non ha dimostrato la
maturazione della chiara consapevolezza della propria situazione, in guisa tale da

trattamentale necessaria in vista dell’affidamento in prova al servizio sociale
(unica misura alternativa richiesta).

5. Deriva da tali considerazioni il rigetto dell’impugnazione.
Alla reiezione del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in data 8 novembre 2017

porsi nella condizione dovuta per cogliere l’opportunità offerta dalla progressione

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