Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21301 del 03/10/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21301 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MARINO GIANLUCA nato il 11/10/1984 a PATERNO’

avverso l’ordinanza del 26/10/2016 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO MANCUSO;
lette/sentite le conclusioni del PG

Data Udienza: 03/10/2017

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della dott.ssa
Felicetta Marinelli, Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso
questa Corte, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso con le
conseguenze di legge.

RITENUTO IN FATTO

di Catania rigettava il reclamo proposto dal detenuto Marino Gianluca
avverso il provvedimento emesso dal Magistrato di sorveglianza di Catania
il 18 settembre 2015, con il quale era stata concessa la liberazione
anticipata in relazione ai semestri compresi fra il 18 ottobre 2013 e il 18
aprile 2015, ma era stata implicitamente rigettata, in relazione allo stesso
periodo, la richiesta del detenuto tendente ad ottenere la liberazione
anticipata speciale, cioè una riduzione ulteriore della pena – ai sensi dell’art.
4 decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito dalla legge 21
febbraio 2014 n. 10. Il Tribunale di sorveglianza osservava che il beneficio
speciale può essere concesso solo se la condotta tenuta nel periodo
successivo a quello in valutazione sia stata sempre regolare e sintomatica
di adesione all’opera di rieducazione, e che il reclamante era stato tratto in
arresto in flagranza di reato il giorno 8 ottobre 2015, quindi la decisione
del Magistrato di sorveglianza era corretta.

2. Il difensore dell’interessato ha proposto ricorso per cassazione,
richiamando l’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. e deducendo
inosservanza o erronea applicazione dell’art. 4 decreto-legge 23 dicembre
2013, n. 146, convertito dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10. Nel ricorso si
afferma che il Tribunale di sorveglianza ha errato nel ritenere insussistenti
i presupposti per la concessione della liberazione anticipata speciale,
perché tutte le relazioni socio-comportamentali relative al Marino sono
certamente positive, sintomatiche di un processo rieducativo già in atto,
tant’è che il Magistrato di sorveglianza, nel concedere il beneficio della
liberazione anticipata ordinaria, si è espresso in termini positivi circa la
partecipazione del condannato all’opera di rieducazione. Le conclusioni alle
quali è pervenuto il Tribunale di sorveglianza appaiono pertanto
contraddittorie, perché non è stato dato giusto valore al comportamento
irreprensibile del Marino durante il periodo di detenzione cui l’istanza è
riferita. Tale periodo rientra esattamente nell’arco temporale previsto dalla

2

1. Con ordinanza del 26 ottobre 2016, il Tribunale di sorveglianza

norma e i titoli di reato per i quali il Marino ha riportato condanna non
rientrano fra quelli ostativi ai sensi dell’art. 4-bis ord. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
L’art. 4, comma 2, decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146,

che, a decorrere dal 1 0 gennaio 2010, abbiano già usufruito della
liberazione anticipata, è riconosciuta per ogni singolo semestre la maggiore
detrazione di trenta giorni, sempre che nel corso dell’esecuzione
successivamente alla concessione del beneficio abbiano continuato a dare
prova di partecipazione all’opera di rieducazione.
Nel caso in esame, il Tribunale di sorveglianza dì Catania ha
correttamente applicato la citata disposizione, motivando espressamente,
in modo congruo e senza incorrere in manifesta illogicità, la conferma del
diniego del beneficio, rendendo evidente di aver tratto da uno specifico
elemento, consistente nell’arresto del Marino in flagranza di reato il giorno
8 ottobre 2015, la valutazione negativa in ordine alla mancanza di regolare
condotta, sintomatica di partecipazione all’opera di rieducazione, nel
periodo successivo – ma pur rilevante – a quello cui l’istanza si riferisce.
La decisione, quindi, risulta in linea con il dato normativo e con i
principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di motivazione dei
provvedimenti giurisdizionali, mentre le censure del ricorrente reclamano
una rivalutazione in fatto – preclusa in questa sede – di elementi già oggetto
di considerazione da parte del giudice del merito.

2. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in
applicazione dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. Ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen., il ricorrente va condannato al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di duemila euro alla Cassa delle
ammende, non essendo dato escludere – alla stregua del principio di diritto
affermato da Corte cost. n. 186 del 2000 – la sussistenza della ipotesi della
colpa nella proposizione dell’impugnazione.

3

convertito dalla legge 21 febbraio 2014 n. 10, stabilisce che ai condannati

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro
2000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 3 ottobre 2017.

tie4.

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