Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21300 del 03/10/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21300 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
POLISENO MICHELE nato il 04/12/1953 a FOGGIA

avverso l’ordinanza del 25/10/2016 del TRIB. SORVEGLIANZA di BRESCIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO MANCUSO;
lette/sentite le conclusioni del PG

Data Udienza: 03/10/2017

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della dott.ssa
Marilia Di Nardo, Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso
questa Corte, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso e la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

I

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza in data 25 ottobre 2016, il Tribunale di

sorveglianza di Brescia, decidendo su rinvio disposto da questa Corte con
sentenza del 23 febbraio 2016, annullatrice di precedente ordinanza,
revocava, per giorni 945, la liberazione anticipata precedentemente
concessa al detenuto Poliseno Michele, rilevando che costui, durante
l’esecuzione della pena, si era reso responsabile di due rapine aggravate,
di reati in materia di armi e di ricettazione.

2. Poliseno Michele ha proposto ricorso per cassazione con atto in
cui deduce la violazione degli artt. 54, comma 3, ord. pen. e 627, comma
3, cod. proc. pen., nonché mancanza, contraddittorietà e illogicità della
motivazione su un punto specifico. Il Tribunale di sorveglianza non ha
osservato il principio di diritto stabilito dalla Corte di cassazione nella
sentenza di annullamento della precedente ordinanza, ma si è limitato a
un adeguamento solo apparente. La revoca della liberazione anticipata è
stata disposta in modo automatico, non sulla base di uno scrutinio globale
del percorso trattamentale del condannato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato. La giurisprudenza di
legittimità ha chiarito che la revoca della detrazione di pena per liberazione
anticipata in conseguenza di una grave condotta del condannato successiva
al beneficio ottenuto riguarda l’intero arco temporale di espiazione di pena
già effettuata e non solo il semestre in cui detta condotta è stata posta in
essere, in quanto l’art. 54, L. 26 luglio 1975 n. 354, ord. pen., fa
riferimento ai semestri di pena scontata unicamente ai fini della
determinazione della riduzione di pena da accordare per effetto della
concessione del beneficio (Sez. 1, n. 38332 del 05/06/2014 – dep.
18/09/2014, Hamdi Abdessalem, Rv. 260595). Ai fini della revoca della
liberazione anticipata per delitto non colposo commesso dal condannato
nel corso dell’esecuzione della pena, spetta al tribunale di sorveglianza la

2

1.

valutazione dell’incidenza del reato sull’opera di rieducazione intrapresa,
nonché il grado di recupero fino a quel momento manifestato e la verifica
di ascrivibilità del fatto criminoso al fallimento dell’opera rieducativa o a
una occasionale manifestazione di devianza, tenendo conto della pronuncia
della Corte cost. 23 maggio 1995 n. 186 (Sez. 1, n. 16784 del 07/04/2010
– dep. 03/05/2010, Balsamo, Rv. 246946).

beneficio sulla premessa erronea dell’efficacia di un automatismo – non
previsto dal testo della legge risultante dal citato intervento della Corte
cost., fra la condanna per un reato commesso in corso di esecuzione e la
revoca stessar ma ha svolto un adeguato esame degli aspetti rilevanti, nel
rispetto della sentenza di questa Corte del 23 febbraio 2016, sopra
ricordata, annullatrice di precedente ordinanza. Il provvedimento ora
impugnato, infatti, contiene un giudizio di merito – insindacabile in questa
sede di legittimità perché sorretto da sintetica motivazione priva di vizi
logici – sulla valenza dei comportamenti criminosi del condannato come
indice dì mancanza dì partecipazione all’opera rieducativa. Il Tribunale di
sorveglianza, infatti, plausibilmente ha tratto la valutazione in tal senso
non limitandosi ad una mera elencazione dei reati commessi nel corso
dell’esecuzione – rapine aggravate, reati in materia di armi, ricettazione ma rendendo osservazioni articolate, come quelle sull’arco temporale e
sulle modalità di esecuzione, elementi dimostrativi che non si è in presenza
di una condotta estemporanea ed episodica di scarso allarme sociale, che
avrebbe potuto avere anche poca incidenza sull’opera di rieducazione, ma
di un’attività frutto di una dettagliata preparazione da parte di soggetti di
elevato spessore criminale. Il Tribunale di sorveglianza, oltre a spiegare
che il reato di detenzione illegale di fucili evidenzia l’inserimento del
Poliseno in un circuito delinquenziale ben organizzato e proteso alla
commissione di ulteriori reati, ha aggiunto che i reati sono stati commessi
sfruttando il beneficio del lavoro all’esterno, utilizzato dal condannato per
tornare a dedicarsi all’attività criminale.
La decisione del Tribunale di sorveglianza, quindi, risulta in linea
con il dato normativo e con i principi fissati dalla giurisprudenza dì
legittimità in tema di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, mentre
le censure del ricorrente reclamano una rivalutazione in fatto – preclusa in
questa sede – di elementi già oggetto di considerazione da parte del giudice
del merito.

3

2. Nel caso in esame, il Tribunale di sorveglianza non ha revocato il

3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in
applicazione dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. Ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen., il ricorrente va condannato al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro duemila alla Cassa delle
ammende, non essendo dato escludere – alla stregua del principio di diritto
affermato da Corte cost. n. 186 del 2000 – la sussistenza della ipotesi della

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000 alla Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, 3 ottobre 2017.

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

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colpa nella proposizione dell’impugnazione.

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