Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21299 del 08/02/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21299 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Vian Loredana, nata a Tortona il 29/02/1964

avverso l’ordinanza del 19/05/2016 del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Angela Tardio;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Giovanni Di Leo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto del 21 settembre 2012 il Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Roma, nell’ambito del procedimento a carico di Corbetta Luca,
Grassano Claudio, Vian Loredana, Morandi Rosa Luigia e Corrà Graziella Ida
Antonia per i delitti di bancarotta fraudolenta impropria distrattiva, bancarotta
fraudolenta documentale e bancarotta fraudolenta mediante ricorso abusivo al
credito, ha disposto il sequestro dell’immobile sito in Tortona, strada vicinale

Data Udienza: 08/02/2017

Costa di Vho n. 3, formalmente intestato a Vian Loredana, in quanto acquistato
nel corso di una procedura esecutiva pendente presso il Tribunale di Tortona con
denaro distratto dalle casse della fallita società Corpol.

2. Il Giudice dell’udienza preliminare all’esito del giudizio abbreviato, cui
Vian Loredana, moglie di Grassano Claudio, aveva scelto di accedere, ha assolto
la stessa, con sentenza del 21 novembre 2013, irrevocabile il 7 marzo 2014,
«perché il fatto non costituisce reato», rilevando nella motivazione che era del

della società fallita attraverso operazioni poste in essere dal Grassano, mentre la
Vian ne era intestataria fittizia perché priva di proprie capacità patrimoniali.
Il procedimento nei confronti degli altri imputati, rinviati a giudizio, non si è
ancora definito.

3.

Con provvedimento del 19 maggio 2014 il Giudice per le indagini

preliminari del Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha
rigettato la richiesta di revoca del sequestro avanzata da Vian Loredana,
rappresentando che il vincolo cautelare era stato disposto, a carico sia del
Grassano sia della istante Vian, su immobile intestato fittiziamente alla seconda
e acquistato con fondi che il primo aveva illecitamente distratto dalle casse della
società fallita, e che non poteva disporsi il dissequestro perché il bene costituiva
provento del delitto di bancarotta patrimoniale ed era suscettibile di confisca,
all’esito del dibattimento a carico dei coimputati, oltre a essere suscettibile di
recupero da parte del curatore fallimentare, in sede civile, il pagamento indebito
che si era determinato attraverso la ricezione da parte della Vian dei fondi
illecitamente sottratti alla società fallita.

4. In data 26 novembre 2014 lo stesso Giudice, in sede esecutiva, ha
rigettato l’opposizione proposta da Vian Loredana avverso il predetto
provvedimento, ritenendo che il rimedio proposto non fosse esperibile e che il
bene sequestrato fosse passibile di confisca.

5. Questa Corte, con sentenza del 21 novembre 2015, ritenuto violato il
contraddittorio per omessa decisione, secondo il modello partecipato, sulla
opposizione, ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata e ha disposto la
trasmissione degli atti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Roma.

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tutto provato che l’immobile era stato acquistato con denaro distratto dalle casse

6. Detto Giudice, con ordinanza emessa in esito all’udienza camerale del 19
maggio 2016 e recante la data del 31 maggio 2016, premesso il richiamo alla
vicenda processuale nei termini come sopra sintetizzati, ha rigettato l’istanza di
dissequestro, rilevando, a ragione della decisione, che:
– la cautela reale, sì come evincibile dalla lettura del decreto di sequestro del
21 settembre 2012, era stata disposta, nei confronti degli allora coniugi
Grassano Claudio e Vian Loredana, in dipendenza dell’intervenuto acquisto
integrale dell’immobile in oggetto con denaro distratto dalle casse della fallita

sussistenza dell’esigenza di impedire il trasferimento a terzi dello stesso,
costituente provento del delitto di bancarotta distrattiva, e la sua sottrazione alle
legittime pretese dei creditori della società fallita;
– la intervenuta assoluzione della Vian non ostava al mantenimento del
sequestro, continuando il processo nei confronti dei coimputati e non essendo
cessate le ragioni preventive sottese all’adottato provvedimento cautelare;

la pronuncia assolutoria della Vian era, peraltro, fondata non sulla

insussistenza del delitto, ma sul difetto di prova della conoscenza da parte della
stessa della provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto del bene, che
certamente non le apparteneva non avendo risorse proprie per il suo pagamento
anche parziale;
– l’opponente non poteva, pertanto, essere considerata terzo acquirente di
buona fede, essendo solo intestataria formale;
– permaneva l’esigenza di impedire il trasferimento del vincolo a terzi in
buona fede dovendo tutelarsi le ragioni dei creditori della fallita società.

6. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione Vian
Loredana, per mezzo del suo difensore avv. Francesco Petrelli, che ne chiede
l’annullamento sulla base di due motivi, denunciando:
– con il primo motivo, la nullità dell’ordinanza, ai sensi dell’art. 606, comma
1, lett. c) cod. proc. pen., con riguardo agli artt. 667, comma 4, 321, commi 1 e
2, 323 e 125 cod. proc. pen., nonché all’art. 263, comma 3, cod. proc. pen. (in
relazione agli artt. 66, 69-bis legge fall., 2901 e segg. cod. civ.), per violazione
delle indicate norme processuali «con particolare riferimento alla mancanza,
illogicità e contraddittorietà, ovvero alla natura del tutto ‘apparente’, della
motivazione in ordine alla ritenuta non altruità/fittizietà della intestazione del
bene immobile in oggetto ed alla riferibilità del medesimo al coniuge separato
Grassano Claudio, imputato in altro procedimento, nonché alla erronea
applicazione delle norme processuali che regolano l’applicazione delle misure

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società Corpol a mezzo operazioni illecite del Grassano, ed era giustificata dalla

cautelari reali e la loro cessazione, anche con riferimento alla tutela delle
eventuali controversie civilistiche»;
– con il secondo motivo, la nullità dell’ordinanza, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen., in relazione alla violazione della norma
sostanziale di cui all’art. 240, secondo comma, cod. pen., e «in particolare ai
limiti della applicazione della confisca facoltativa a beni di proprietà dei terzi,
nonché alla violazione dell’art. 125 c.p.p. con riferimento alla mancanza, illogicità
e contraddittorietà della motivazione circa la ritenuta non terzietà del bene

della sentenza assolutoria oggetto di giudicato in ordine alla buona fede della
Vian circa la legittima provenienza del bene ovvero delle somme utilizzate per
l’acquisto dello stesso ed alla violazione dell’art. 649 cod. proc. pen.».
6.1. Secondo la ricorrente, il Giudice, che ha travisato la identità del
destinatario del provvedimento ablativo, che ha ritenuto emesso nei confronti del
Grassano e non di essa ricorrente, esclusiva proprietaria del bene immobile, ha
erroneamente ritenuto che dalla qualifica del bene quale provento del delitto di
bancarotta distrattiva discendesse la diretta applicabilità della confisca ex art.
240, primo comma, cod. pen., nonostante la evidente altruità del bene,
giudicandola non in buona fede, ma solo intestataria formale, e ritenendo
adottabile la confisca facoltativa ai sensi dell’art. 240, secondo comma, cod.
pen., nonostante la sua assoluzione, per l’avvenuto accertamento della
provenienza illecita del denaro utilizzato per l’acquisto, mentre essa ricorrente né
ha avuto consapevolezza della provenienza illecita del denaro, né ha mai pensato
di essere un soggetto interposto.
Anche l’affermazione della possibile rivendicabilità del bene a opera di
creditori è in contrasto con la impossibilità di esperire azioni revocatorie.
6.2. La ricorrente, richiamata la vicenda processuale, ha ulteriormente
specificato i denunciati vizi ripercorrendo i contenuti della decisione impugnata e
contestandone i passaggi argomentativi, cui ha opposto, rimarcata la sua qualità
di proprietaria sola ed esclusiva del bene sequestrato, l’illegittimo mantenimento
del sequestro preventivo a fine di confisca; la insussistenza di potenziali
controversie proprietarie sul bene in sequestro; i limiti della confisca facoltativa
preclusivi del sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni appartenenti
al terzo; il difetto di dimostrazione, di logicità e congruità dell’affermata natura
fittizia della intestazione del bene, e la mancanza di motivazione in ordine alle
ragioni della decisione anche in rapporto ai contenuti della sentenza assolutoria,
resa nei suoi confronti, e divenuta definitiva.

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oggetto della richiesta di restituzione all’avente diritto, in relazione al contenuto

7. Il Sostituto Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta
concludendo per il rigetto del ricorso, stante la sua infondatezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Si premette in diritto che, secondo il disposto dell’art. 323, primo comma,

ancorché soggetta ad impugnazione, il giudice ordina che le cose sequestrate
siano restituite a chi ne abbia diritto, quando non deve disporre la confisca a
norma dell’art. 240 del codice penale».
Questa Corte, nell’evidenziare che la restituzione delle cose sequestrate, per
espresso disposto del detto articolo, deve avvenire in favore dell’avente diritto,
individuabile anche in una persona diversa da quella al quale il bene era stato
sequestrato, ha rimarcato che, in tema di sequestro preventivo, la pronuncia di
sentenza di proscioglimento nei confronti del titolare formale del bene sottoposto
a vincolo non determina la revoca della misura cautelare reale e l’automatica
restituzione della cosa qualora sia possibile la condanna con conseguente
confisca nei confronti del titolare effettivo del bene medesimo (tra le altre, Sez. 2
n. 18053 del 01/04/2014, Nepi, Rv. 258913; Sez. 1, n. 36365 del 01/06/2016,
Galasso, Rv. 268254).

3. Di detti condivisi principi si è fatta nella specie corretta applicazione.
3.1. Il Giudice per le indagini preliminari, giudicando l’opposizione proposta
da Vian Loredana avverso il diniego della richiesta di revoca in executivis del
sequestro preventivo, disposto nei confronti della stessa e del coniuge Grassano
Claudio, relativo all’immobile sito in Tortona, strada vicinale Costa di Vho,
formalmente intestato alla prima, ha innanzitutto rappresentato che detta
richiesta era conseguita alla intervenuta assoluzione della opponente «perché il
fatto non costituisce reato» dai reati di bancarotta ascrittile (in concorso, tra gli
altri, con l’indicato Grassano), in esito al giudizio abbreviato, da essa scelto, con
sentenza del 21 novembre 2013, definitiva il 7 marzo 2014.
Con detta sentenza, ha annotato l’ordinanza impugnata, si era ritenuto del
tutto provato che l’acquisto del ridetto immobile fosse avvenuto con fondi
sottratti dalle casse della società fallita Corpol dal Grassano e che la Vian, priva
di capacità patrimoniali proprie, dovesse ritenersi mera intestataria fittizia.
3.2. Tale premessa fattuale è stata coerentemente ripresa dal Giudice della
opposizione nel dar conto del provvedimento del 17 maggio 2014, che aveva

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cod. proc. pen., «con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere,

rigettato, con argomentazioni condivise, la richiesta di revoca del sequestro
dell’immobile per essere lo stesso «provento del delitto di bancarotta
patrimoniale suscettibile di confisca all’esito del dibattimento a carico dei
coimputati», e, inoltre, per imporsi il mantenimento del sequestro -integrando la
ricezione da parte della Vian di fondi provenienti dalla società fallita gli estremi di
un pagamento indebito- per possibili recuperi in sede fallimentare ovvero in
controversie di natura civilistica.
Nello sviluppo decisionale dell’ordinanza si è, quindi, congruamente

provento diretto del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione attribuita
all’immobile in oggetto, oltre al periculum in mora sotteso alla sua adozione,
nonché alla ricostruzione dell’acquisto con denaro distratto dalla società fallita a
mezzo operazioni illecite compiute dal Grassano, rispetto alla quale era stata
ritenuta soccombente quella offerta dal detto Grassano, e si è specificamente
apprezzata la incidenza sulla richiesta, che si è esclusa, della intervenuta
assoluzione della Vian con la già richiamata sentenza.
3.3. Con riguardo a detto ultimo rilievo, che nella prospettazione difensiva
era centrale, il Giudice ha ragionevolmente sottolineato due circostanze:

la prima correlata alla pendenza del dibattimento nei confronti del

coimputato Grassano e altri per le stesse ipotesi di bancarotta;
– la seconda correlata alla formula assolutoria adottata a favore della Vian,
che è stata non di insussistenza del fatto, ma di carenza di prova dell’elemento
soggettivo del reato in dipendenza della indimostrata conoscenza da parte della
medesima della provenienza del denaro impiegato per l’acquisto dell’immobile
dalle casse della società fallita, pur nella certa dimostrazione che il denaro non le
appartenesse.
La prima di dette circostanze è coerentemente giustificata in diritto dal
pertinente richiamo del principio alla cui stregua la parziale definizione del
processo (nel caso esaminato nella sentenza da cui il principio è tratto, mediante
applicazione della pena richiesta da alcuni soltanto dei coimputati) non comporta
né la perdita di efficacia del sequestro preventivo né l’obbligo per il giudice di
disporre la confisca dei beni oggetto del sequestro ove il giudizio prosegua nei
confronti di altri coimputati e non siano ancora cessate le ragioni preventive
giustificative del vincolo cautelare (Sez. 3, n. 38623 del 14/10/2010, D.L.,
Rv. 248627).
La seconda circostanza è ragionevolmente riferita al contenuto della
sentenza assolutoria irrevocabile, e segnatamente alla parte di essa che, con
riguardo alla posizione della Vian rispetto al bene in sequestro, ne ha sottolineato
la veste di mera intestataria, avendo di fatto proceduto all’acquisto il coniuge

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sottolineato che già dalla lettura del decreto di sequestro emergeva la qualifica di

Grassano con proventi illeciti, e non avendo la stessa Vian alcuna risorsa propria
cui attingere.

4. Tali coordinati rilievi e il risultato finale cui il Giudice è pervenuto nel del
rigetto dell’istanza, esenti da vizi logici e giuridici, resistono alle censure,
manifestamente infondate e generiche, formulate dalia ricorrente, per
l’assorbente ragione, pregiudicante le ulteriori argomentazioni spese nel ricorso
per sostenere in termini contrappositivi la fondatezza della tesi difensiva, che in

del bene, non può essere considerata «terzo acquirente in buona fede», mentre
il titolare effettivo, la cui posizione è ancora sub iudice, potrebbe subire una
condanna in esito al medesimo procedimento dal quale è stata stralciata la
posizione della Vian e nel quale è stato adottato il vincolo reale, con conseguente
non

identificabilità

in

quest’ultima

dell’avente diritto alla

restituzione

dell’immobile sequestrato e di necessario mantenimento della finalità preventiva
del provvedimento cautelare.

5. Alla inammissibilità del ricorso, che si dichiara, segue la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché -valutato il contenuto
del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità- al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.500,00 alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 08/02/2017

base al giudicato assolutorio l’odierna ricorrente, titolare formale e non effettiva

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