Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21296 del 08/02/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21296 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Kastrati Petrit, nato a Fier (Albania) il 26/05/1966

avverso la sentenza del 23/04/2003 della Corte di assise di appello di Bologna

visti gli atti;
sentita la relazione svolta dal consigliere Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Mario Fraticelli, che ha chiesto restituirsi Kastrati Petrit nel termine per
impugnare la sentenza del 23 aprile 2003 della Corte di assise di appello di
Bologna.

RITENUTO IN FATTO

1. Con istanza depositata il 17 novembre 2015 Kastrati Petrit ha chiesto alla
Corte di assise di appello di Bologna, ai sensi dell’art. 175, comma 2, cod. proc.
pen., come novellato dalla legge n. 60 del 2005 e alla luce della sentenza n. 317
del 2009 della Corte costituzionale, la restituzione nel termine per la

Data Udienza: 08/02/2017

proposizione della impugnazione avverso la sentenza n. 12 del 23 aprile 2003
della stessa Corte, irrevocabile il 25 marzo 2004.
L’istante, premettendo di essere in atto detenuto in espiazione di condanna
in contumacia alla pena di anni ventiquattro di reclusione inflitta con sentenza
del 17 dicembre 2001 della Corte di assise di Rimini, confermata in appello con
la predetta sentenza, rappresentava, a ragione della richiesta, che:
– la sua contumacia era stata determinata da «totale incolpevole conoscenza
del procedimento penale» fino al momento della notifica dell’ordine di

Bologna il 5 gennaio 2011;
– in data 1 febbraio 2011 aveva presentato richiesta di restituzione nel
termine per proporre impugnazione avverso la sentenza di appello sulla base
della rappresentata notificazione di ogni atto secondo il regime della latitanza ex
art. 165 cod. proc. pen. presso il difensore nominato di ufficio, impossibilitato ad
avere con lui rapporti professionali;
– la Corte di assise di appello di Bologna con ordinanza del 9 marzo 2011
aveva rigettato la richiesta rilevando che, se non risultava provato che egli
avesse avuto conoscenza del procedimento e dei provvedimenti, l’impugnazione
tempestiva del difensore di ufficio precludeva la possibilità di ottenere la
restituzione nel termine per proporre impugnazione, secondo il principio fissato
dalle Sezioni Unite con sentenza n. 6026 del 31 gennaio 2008;
– tale motivazione era in contrasto con il principio enunciato dalla Corte
costituzionale con sentenza n. 317 del 2009, dichiarando la illegittimità
costituzionale dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non
consentiva la restituzione nel termine dell’imputato che non avesse avuto
effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento, quando la
impugnazione fosse stata proposta dal difensore, privo di mandato ad hoc;
– secondo il principio di diritto fissato dalle Sezioni Unite con sentenza n.
36849 del 17 luglio 2014 la disciplina della restituzione nel termine, prevista
dall’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., continuava ad applicarsi ai procedimenti
contumaciali trattati secondo la normativa antecedente alla entrata in vigore
della legge n. 67 del 2014;

la Corte di cassazione – prima sezione penale, pronunciandosi con

sentenza n. 36325 del 30 giugno 2015 sulla sua vicenda, aveva rappresentato
che la circostanza, dedotta nella memoria difensiva circa l’avvenuto rigetto di
precedente richiesta di restituzione nel termine con motivazione contrastante con
i principi enunciati dalla Corte costituzionale, avrebbe potuto formare eventuale
oggetto di una nuova domanda ex art. 175 cod. proc. pen.;

si doveva, quindi, ripartire, nella prospettiva della tutela dei diritti

fondamentali, dalla ordinanza del 9 marzo 2011 della Corte di assise di appello di
2

esecuzione, emesso dal Procuratore generale presso la Corte di appello di

Bologna, contrastante con la pronuncia della Corte costituzionale, avuto riguardo
ai principi fissati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 42858 del 2014.

2. La Corte di assise di appello di Bologna, con ordinanza del 25 novembre
2015, rilevando che la richiesta era intesa alla restituzione in termini per
presentare ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello del 23 aprile
2003, ha disposto la trasmissione degli atti a questa Corte quale giudice
funzionalmente competente a provvedere sulla richiesta perché competente a

3.

Il Sostituto Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta

concludendo per l’accoglimento della richiesta, poiché l’imputato, pur avendo
chiesto l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, si era reso latitante e non
poteva essere considerato contumace inconsapevole del processo, mentre vi
erano elementi concreti (qualità di difensore di ufficio dell’avv. Barletta e la
mancanza di fissa dimora), dai quali ricavare l’assenza di contatti del medesimo
con il difensore durante la latitanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, rectius richiesta di restituzione nel termine, deve essere
dichiarato inammissibile.

2. L’individuazione della Corte di cassazione quale giudice competente a
decidere sulla richiesta di restituzione nel termine per proporre ricorso per
cassazione avverso la sentenza del 23 aprile 2003 della Corte di assise di appello
di Bologna trova il suo fondamento nella previsione dell’art. 175, comma 4, cod.
proc. pen., della quale detta Corte ha fatto corretta applicazione con l’ordinanza
di trasmissione degli atti resa il 25 novembre 2015.
Detta ordinanza è in linea con il principio di diritto enunciato dalle Sezioni
Unite (Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014, Burba, Rv. 259992), secondo il quale ai
procedimenti contumaciali, definiti secondo la normativa antecedente alla entrata
in vigore della legge 28 aprile 2014, n. 67, continua ad applicarsi la disciplina
della restituzione nel termine per proporre impugnazione dettata dall’art. 175,
comma 2, cod. proc. pen. nel testo previgente, mentre l’istituto della rescissione
del giudicato, di cui all’art.

625-ter cod. proc. pen., si applica solo ai

procedimenti nei quali è stata dichiarata l’assenza dell’imputato a norma dell’art.
420-bis cod. proc. pen., come modificato dalla indicata legge.
2.1. Tale ultrattiva efficacia dell’istituto della restituzione del condannato in
contumacia nel termine per impugnare la sentenza contumaciale, come
3

decidere in ordine al gravame per il quale era stata formulata la stessa richiesta.

disciplinato dall’art. 175 cod. proc. pen., è stata rimarcata, nella specie, come
rappresentato dall’istante, da questa Corte (Sez. 1, n. 36325 del 30/06/2015,
Kastrati), che ha dichiarato inammissibile l’istanza, formulata da Kastrati Petrit ai
sensi dell’art. 625-ter cod. proc. pen. (inserito nel codice di rito dall’art. 11,
comma 5, della legge n. 67 del 2014), volta alla revoca della sentenza di
condanna pronunciata il 23 aprile 2003 dalla Corte di assise di appello di
Bologna, divenuta irrevocabile il 25 marzo 2004 a seguito della declaratoria di
inammissibilità del ricorso per cassazione, vertendosi «in un’ipotesi in cui, tenuto

intervenuta, continuano ad applicarsi le norme anteriormente vigenti e, in
particolare, il rimedio regolato dall’art. 175 c.p.p.».
2.2. Con detta ultima sentenza si è anche rappresentato che «la circostanza,
dedotta nella memoria difensiva, che la Corte di assise di appello di Bologna
abbia respinto una precedente richiesta di restituzione nel termine, avanzata da
Kastrati ex art. 175 c.p.p., con ordinanza del 9 marzo 2011, la cui motivazione,
pur se conforme alla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n.
6026 del 31 gennaio 2008), si pone in netto contrasto con i principi
successivamente enunciati dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 317 del 4
dicembre 2009), potrà formare eventuale oggetto di una nuova domanda ai
sensi dell’art. 175 c.p.p. alla luce della declaratoria di incostituzionalità dell’art.
175, comma 2, c.p.p. nella parte in cui non consente l’attivazione del rimedio
restitutorio all’imputato che non abbia avuto effettiva conoscenza del
procedimento o del provvedimento nel termine per proporre impugnazione
contro la sentenza contumaciale, nel concorso delle ulteriori condizioni indicate
dalla legge, quando analoga impugnazione sia stata proposta in precedenza dal
difensore dello stesso imputato».

3. Le indicate premesse in fatto e in diritto, che l’istante ha richiamato a
fondamento della sua richiesta, evocando, nella prospettiva della tutela dei diritti
fondamentali, la sentenza della Corte costituzionale (sentenza n. 317 del 2009)
e, per contrasto con la stessa, la nullità per violazione di legge
dell’ordinanza del 9 marzo 2011 della Corte di assise di appello di Bologna,
devono essere raccordate con la disciplina, tuttora applicabile nella specie,
dell’invocato istituto.

4. Si rileva in diritto che, in tema di restituzione nel termine per proporre
impugnazione avverso una sentenza contumaciale, l’art. 175, comma 2-bis, cod.
proc. pen., inserito dall’art. 1, comma 1, lett. c) d.l. 21 febbraio 2005, n.17,
convertito con modificazioni nella legge 22 aprile 2005, n. 60, prevede un
preciso termine di decadenza per la presentazione della richiesta, che decorre
4

conto della data della decisione di primo grado e della declaratoria di contumacia

dal momento in cui il condannato ha avuto effettiva conoscenza del
provvedimento ovvero, in caso di estradizione dall’estero, dalla data della sua
consegna.
Con tale espressione si intende la sicura consapevolezza dell’esistenza e la
precisa cognizione degli estremi del provvedimento (autorità, data, oggetto),
collegate o alla comunicazione di un atto formale o allo svolgimento di un’attività
procedimentale che consenta di individuare senza equivoci il momento in cui
detta conoscenza si é verificata e di far così decorrere, da quest’ultimo, il

altre, Sez. 2, n. 5443 del 22/01/2010, Sadraoui, Rv. 246436; Sez. 6, n. 26834
del 24/03/2015, Kobernyk, Rv. 263992), non potendosi, invece, lasciare alla
discrezionalità dell’imputato la scelta del momento in cui prendere cognizione del
provvedimento impugnato sulla base della propria convenienza (tra le altre, Sez.
2, n. 25041 del 23/06/2005, Kellici, Rv. 231887), anche avvertendosi che, in
tema di restituzione nel termine per impugnare una sentenza contumaciale,
qualora la pronuncia giudiziale sia anteriore all’entrata in vigore delle modifiche
normative introdotte dalla legge n. 60 del 2005 n. 17, ma l’effettiva conoscenza
venga conseguita successivamente, il termine di trenta giorni per la
presentazione della richiesta decorre da quando l’imputato ha avuto effettiva
conoscenza del provvedimento (Sez. 1, n. 18466 del 01/02/2006 Brioschi,
Rv. 234130)
Sotto concorrente profilo si è più volte affermato che è onere di chi, rimasto
contumace nel processo, chieda la restituzione nel termine per impugnare la
sentenza, dare dimostrazione, con il corredo della relativa documentazione o
l’indicazione dei diversi elementi dimostrativi, della tempestività della domanda
rispetto al momento di effettiva conoscenza dell’atto (tra le altre, Sez. 2, n.
5443 del 22/01/2010, Sadraoui, Rv. 246437; Sez. 5, n. 18979 del 28/01/2014,
C., Rv. 263166; Sez. 4, n. 39103 del 08/07/2016, Morejon, Rv. 267607).

5. Di tale indicazione non si è fatto carico l’istante, emergendo al contrario
in atti la univoca dimostrazione della tardività dell’istanza di restituzione nel
termine depositata il 17 novembre 2015.
5.1. La tardività non viene in rilievo in rapporto alla originaria conoscenza
del procedimento penale -definito con la sentenza n. 12 del 23 aprile 2013 della
Corte di assise di appello di Bologna, irrevocabile il 25 marzo 2004-, avvenuta
con la notifica dell’ordine di esecuzione del 5 gennaio 2011, a seguito della quale
è stata depositata da Kastrati in data 1 febbraio 2011 richiesta per la restituzione
nel termine, che la Corte di assise di appello di Bologna ha rigettato, con
ordinanza del 9 marzo 2011, sul presupposto che, secondo il principio fissato
dalle Sezioni Unite (con sentenza n. 6026 del 31 gennaio 2008), l’impugnazione
5

termine di trenta giorni per la proposizione dell’istanza di restituzione (tra le

proposta dal difensore di ufficio (nella specie appello avverso la sentenza di
primo grado e ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello) precludeva
all’imputato contumace (nella specie latitante) la possibilità di ottenere la
restituzione nel termine per proporre a sua volta impugnazione.
5.2. Essa viene piuttosto in rilievo in rapporto alla sentenza della Corte
costituzionale n. 317 del 2009, secondo la quale (mass. 34149) «è
costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 24, 111, primo comma, e
117, primo comma, Cost., l’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui

conoscenza del procedimento o del provvedimento, nel termine per proporre
impugnazione contro la sentenza contumaciale, nel concorso delle ulteriori
condizioni indicate dalla legge, quando analoga impugnazione sia stata proposta
in precedenza dal difensore dello stesso imputato […] La Corte, abilitata ad
intervenire in materia nei limiti imposti dall’esigenza di tutelare un diritto
fondamentale, non può, tuttavia, incidere sulla conformazione del processo
contumaciale, che spetta al legislatore. Pertanto, la presente decisione,
attenendo alla sola preclusione formale individuata dal diritto vivente e derivante
dall’esistenza di una pregressa impugnazione, non modifica i presupposti fissati
dalla legge per l’accesso del contumace inconsapevole al meccanismo di
garanzia»
La valenza di detto principio al fine del superamento della ragione in diritto
del rigetto della originaria istanza è stata sottolineata nella richiesta ora in
oggetto, con la quale Kastrati, rappresentando il contrasto dell’ordinanza del 9
marzo 2011 con il ridetto principio, ha chiesto la restituzione in termini per
proporre impugnazione avverso la indicata sentenza «alla luce della declaratoria
di incostituzionalità».
Alla valorizzazione dell’indicato intervento della Corte costituzionale, come
ragione di nullità per violazione di legge dell’ordinanza reiettiva, consegue
all’evidenza che il termine di decadenza di trenta giorni, disposto dalla norma a
pena d’inammissibilità, deve essere riferito alla data di detta decisione (30
novembre/4 dicembre 2009), ovvero alla data della sua pubblicazione nella
Gazzetta ufficiale della Repubblica (G.U. 049 del 09/12/2009), in dipendenza
della efficacia erga omnes della sentenza che dichiara l’illegittimità costituzionale
di una norma di legge (Sez. U, n. 27614 del 29/03/2007, Lista, Rv. 2365359), né
l’istante ha allegato il diverso successivo momento in cui ha avuto effettiva
conoscenza della detta pronuncia dal quale computare il termine decadenziale.
5.3. Né, si aggiunge, può trarsi ragione di diversa riflessione dalla sentenza
di questa Corte n. 36325 del 30 giugno 2015 (depositata in data 8 settembre
2015), che, rilevata la inapplicabilità del nuovo istituto della rescissione del
giudicato, ha ritenuto l’efficacia ultrattiva della disciplina della restituzione nel
6

non consente la restituzione dell’imputato, che non abbia avuto effettiva

termine prevista dall’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. e la proponibilità della
richiesta, che non ha delibato, né poteva farlo in quanto non proposta in quella
sede ed estranea al giudizio, nei suoi presupposti contenutistici e temporali.
In ogni caso, anche rispetto a detta sentenza si ripropone la questione della
decorrenza del termine per la presentazione della richiesta, e della sua
maturazione, in mancanza di alcuna allegazione contraria, con conseguente
decadenza dal diritto, in data ampiamente antecedente rispetto alla data della
presentazione della richiesta, depositata il 17 novembre 2015, che è tardiva, per

5.4. Né la operatività della disciplina per i procedimenti svoltisi secondo il
rito contumaciale prima della entrata in vigore della legge n. 67 del 2014 ha
comportato una generale riapertura dei termini per la presentazione della
richiesta, con incidenza negativa sulla certezza del diritto che non può consentire
che i provvedimenti definitivi siano sottoposti all’infinito alla possibile regressione
in una fase antecedente (tra le altre, Sez. 1, 8221 del 07/02/2006, Nocera,
Rv. 233416), confermando al contrario la perdurante efficacia della disciplina
pregressa e dei pertinenti principi di diritto.

6. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Non va invece disposta la condanna del ricorrente al versamento della
sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende, avuto riguardo alla
evoluzione degli eventi che hanno connotato la presentazione della richiesta e
alla non ravvisabilità di elementi che riconducano a colpa del ricorrente la
determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in data 08/02/2017

Il Consigliere estensore
Angela Tardio

Il Presidente
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l’effetto, anche sotto il detto ulteriore profilo.

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