Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21293 del 14/12/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21293 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MARCHESINI ROBERTO nato il 13/03/1973 a VENEZIA

avverso la sentenza del 20/09/2016 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere RAFFAELLO MAGI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCESCO
MAURO IACOVIELLO
Ch—e ha co

so per

Il Procuratore Generale conclude per l’inammissibilita’ del ricorso.
Udito il difensore
Il difensore presente insiste per raccoglimento del ricorso e in subordine chiede
la riduzione della pena.

Data Udienza: 14/12/2017

IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con sentenza emessa in data 1 ottobre 2015 il Tribunale di Trieste ha affermato la
penale responsabilità di Marchesini Roberto, classe ’73, per il reato di abusiva
introduzione nel territorio dello Stato – in concorso con Marchesini Enrico – di più armi da
guerra (un fucile mitragliatore AK47 e una mitraglietta tipo Skorpion) e munizioni (fatto
avvenuto il 29 maggio del 2014), con condanna dell’imputato alla pena di anni cinque e

In fatto, la decisione valorizza i seguenti elementi :
a)

le armi di cui all’imputazione sono state materialmente rinvenute all’interno della

vettura di Marchesini Enrico (genitore di Roberto) nel corso di un controllo su strada (nei
pressi del confine con la Slovenia, valico di Pesek) avvenuto dopo l’incontro tra i due;
b) Marchesini Roberto si trovava all’estero per sfuggire ad un ordine di carcerazione per
concorso in rapina ;
c)

prima dell’incontro i due erano stati intercettati nelle loro conversazioni, con

captazione di scambi criptici, da cui poteva desumersi l’esistenza di una attività illecita in
corso;
d) l’incontro tra i due in territorio sloveno è stato osservato a distanza ed è avvenuto
nella stessa giornata del fermo di Enrico Marchesini, un paio di ore prima.
2. La Corte di Appello di Trieste, con sentenza resa il 20 settembre 2016, dopo aver
respinto le doglianze dell’imputato ha accolto l’impugnazione proposta dal Pubblico
Ministero e riferita alla entità della pena.
All’esito del giudizio di secondo grado il Marchesini risulta condannato alla pena di anni
sette, mesi sei di reclusione ed euro 20.000 di multa.
2.1 In particolare, la Corte di secondo grado ritiene pienamente provata l’avvenuta
consegna delle armi in territorio estero da parte di Roberto Marchesini ad Enrico
Marchesini delle armi rinvenute nella autovettura del secondo.
Quanto al trattamento sanzionatorio, si evidenzia il numero e la gravità dei precedenti
(ben otto rapine aggravate) nonchè la notevole pericolosità mostrata attraverso la
commissione del nuovo delitto, sia attraverso la lunga latitanza che in ragione degli
evidenti contatti con ambienti criminali di spessore, data la tipologìa dì armi oggetto di
importazione verso l’Italia.
Vengono dunque negate le circostanze attenuanti generiche e commisurata la pena nella
misura di anni quattro e mesi sei di reclusione ed euro 12.000,00 di multa, aumentata
per la recidiva a quella inflitta.

3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore,
Marchesini Roberto, articolando distinti motivi.
2

mesi cinque di reclusione.

3.1 Al primo motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza
del concorso nella importazione delle armi.
La versione difensiva – aver consegnato al padre durante l’incontro in Slovenia della
componentistica per serramenti – è stata erroneamente accantonata. Al momento del
controllo della vettura non si è dato atto della eventuale presenza di tali oggetti non
perchè fossero con certezza assenti ma perchè non se ne poteva apprezzare, in quel
momento, la rilevanza.
La materiale consegna delle armi è solo ipotizzata posto che gli operanti non hanno

appartati nei pressi di un monumento non è dato univoco.
Il linguaggio criptico utilizzato durante le conversazioni ben poteva derivare dal fatto che
Roberto Marchesini era da tempo latitante.
3.2 Al secondo motivo si deduce erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in
riferimento al trattamento sanzionatorio.
I precedenti si riferiscono a rapine commesse con uso di taglierino e correlate alla
condizione di tossicodipendente vissuta dal Marchesini all’epoca dei fatti. Non potevano
pertanto rappresentare una solida base per l’aumento a titolo di recidiva.

4. Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi addotti,
tesi peraltro a sollecitare nuova valutazione degli elementi di fatto, a fronte di sviluppo
argomentativo logico e coerente contenuto nella decisione impugnata.
4.1 La base argomentativa della decisione impugnata, quanto al primo motivo, è
particolarmente solida e riflette senza alcuna incertezza lo schema logico della
valutazione della prova indiziaria di cui all’art. 192 cod.proc.pen, atteso che pur in
assenza di prova diretta della materiale consegna (non osservata dagli operanti) la
sequenza storica degli eventi (conversazioni/partenza del Marchesini Enrico/incontro oltre
confine e condotte tenute in tal sede/repentino rentro/rinvenimento delle armi occultate
nella vettura) confina nell’assoluta inverosimiglianza ogni ipotesi alternativa di
spiegazione dei fatti, il che equivale a dire come il dubbio sulla responsabilità non sia per
nulla ragionevole.
4.2 Quanto alla ritenuta sussistenza della recidiva, tale da giustificare l’incremento
sanzionatorio, va ricordato che l’apprezzamento di tale circostanza, nella sua portata di
amplificazione dell’entità della pena, va sempre operato in concreto, alla stregua dei
criteri espressi da Sez. U. n. 35738 del 27.5.2010, ric. Calibè, rv 247838 ( e successivi
arresti sul tema). In tale decisione si è evidenziato il dovere di verificare se la
reiterazione dell’illecito sia da ritenersi sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta
e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di
cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla

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assistito allo scambio ma solo all’incontro tra i due, durante il quale il fatto di essersi

distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale
occasionalità della ricaduta e ad ogni altro parametro individualizzante significativo della
personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato
riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali.
A tale linea interpretativa si è attenuta la Corte di Appello in modo evidente, data da un
lato l’oggettiva gravità ed il numero di precedenti, dall’altro la accentuata pericolosità
sociale manifestata dall’imputato, razionalmente correlata ad indicatori precisi ed
inequivoci, quali la tipologìa di armi introdotte in Italia e la esistenza di rapporti con

Alla declaratoria di inammissibilità consegue ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e , in mancanza di elementi
atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la condanna
al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende che stimasi
equo determinare in euro 2.000,00 .

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 14 dicembre 2017

Il Consigliere estensore
Raffaello Magi

Il Presidente
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ambienti criminali tali da consentirne l’agevole reperimento.

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