Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21275 del 02/03/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 21275 Anno 2018
Presidente: ANDREAZZA GASTONE
Relatore: GAI EMANUELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Armonio Sergio, nato a Gravina di Puglia il 03/05/1947

avverso la sentenza del 18/05/2017 della Corte d’appello di Campobasso

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro
Gaeta, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Armonio Sergio ha proposto ricorso nei confronti della sentenza della
Corte d’appello di Campobasso, emessa in data 18 maggio 2017, di conferma
della sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Isernia, alla pena
sospesa di mesi quattro di reclusione, per il reato di cui all’art. 10 bis del d. Igs.
n. 74 del 2000, quale rappresentante legale di MC Group Molise Conglomerati, in
relazione all’omesso versamento delle ritenute risultanti dalla certificazione
rilasciata ai sostituti di imposta, per l’anno 2009, per l’ammontare di euro
225.927,00, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo, con un unico e articolato

Data Udienza: 02/03/2018

motivo di ricorso, la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen.
in relazione all’art. 10-bis cit. e il vizio di motivazione in relazione all’illogicità e
contraddittorietà della motivazione sulla prova dell’elemento soggettivo del
reato.
La Corte d’appello non avrebbe considerato, quale causa di esclusione
dell’elemento soggettivo, la grave crisi che aveva interessato il gruppo
Patriciello, di cui la MC Group Molise Conglomerati faceva parte, sin dal 2004 e
che si era protratta sino al 2012, crisi che aveva travolto anche la società MC

imposto e che aveva comportato il rigetto di richieste di finanziamento rivolte
agli enti creditizi, fino all’ammissione alla procedura di concordato preventivo del
2014, da cui era emerso che le risorse rimanenti erano state impiegate per il
pagamento dei lavoratori e, in minima parte, dei creditori strategici per la
continuazione dell’attività di impresa. La corte territoriale non avrebbe tenuto
conto dei recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità in tema di
sussistenza del dolo e di esclusione della illiceità del fatto per caso fortuito ai
sensi dell’art. 45 cod.pen.
3.

Il Procuratore generale, in udienza, ha concluso chiedendo

l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Va preliminarmente considerato che l’art. 8 del d.lgs. 24/09/2015 n.
158, entrato in vigore in data 22/10/2015, ha modificato il predetto art. 10 bis
cit. nel senso di attribuire rilevanza penale, elevando il precedente limite,
unicamente alle condotte di omesso versamento dell’imposta per un ammontare
superiore ad euro 150.000 per ciascun periodo di imposta; nel caso di cui ci si
occupa l’importo omesso è di gran lunga superiore essendo pari a euro
225.927,00, sicchè la condotta è tuttora di rilevanza penale.
5. Ciò posto, il ricorso è inammissibile per la proposizione di motivo
manifestamente infondato e anche, in parte, generico.
Al netto dei rilievi fattuali con cui il ricorrente invoca una lettura delle
risultanze probatorie più favorevole in punto esclusione del dolo in presenza di
crisi finanziaria della società, la sentenza impugnata, sulla scorta degli
accertamenti di fatto non sindacabili in questa sede in presenza di congrua e
logica motivazione, ha fatto corretta applicazione del consolidato indirizzo
ermeneutico espresso dalla Corte di cassazione in tema, ed ha correttamente
escluso, nel caso concreto, la rilevanza della crisi economica quale causa di
esclusione del dolo all’esito di un percorso argomentativo corretto e immune da
censure.

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Group Molise Conglomerati con stallo dell’attività di impresa giudizialmente

Come è noto, secondo il costante orientamento della Corte di cassazione,
l’imputato ben può invocare la situazione di crisi economica che determina
l’impossibilità di adempimento dell’obbligazione, quale causa di esclusione della
responsabilità penale, purché assolva agli oneri di allegazione riguardanti sia il
profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica, sia l’aspetto
della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure
idonee da valutarsi in concreto (Sez. 3, n. 20266 dell’8/4/2014, Zanchi, Rv.
259190). In altri termini / l’indagato deve allegare la prova che non sia stato

il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo
posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio
personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa
crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza
esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili
(Sez. 3, n. 5467 del 5/12/2013, Mercutello, Rv. 258055).

6. La sentenza impugnata ha dato atto che non era stato assolto all’onere
allegativo e probatorio, restando priva di allegazione e prova che l’imprenditore
avesse fatto tutto il possibile, anche con misure a lui sfavorevoli, per
fronteggiare la crisi e assolvere correttamente al debito tributario.
Scrivono i giudici del merito: la scelta di privilegiare il pagamento delle
maestranze e in parte degli altri creditori, considerato che l’ordinamento gitglid
appresta anche misure a sostegno dell’occupazione, non escludeva il dolo del
reato non potendosi configurare la scriminante ex art. 45 cod.pen. in dipendenza
della scelta compiuta. Rilevavano/ infine, che l’imputato era amministratore della
società dal 2009, dal momento nel quale, per sua stessa ammissione/ si era
venuta a creare la sofferenza, sicchè alcun fatto imprevedibile all’adempimento
era ravvisabile.
Nella sentenza risulta congruamente motivato l’aspetto della imputabilità
al ricorrente dell’impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso
a misure idonee da valutarsi in concreto, avendo ammesso di aver scelto,
nell’alternativa tra rispettare il precetto normativo o corrispondere le retribuzioni
e di pagare i fornitori, etrappili il secondo.
Dunque, risulta correttamente motivata l’esclusione della ricorrenza della
causa di giustificazione dell’art. 45 cod.pen. il cui presupposto indefettibile, per
la verificazione di una causa di forza maggiore, è l’individuazione di un fatto
imponderabile, imprevisto e non prevedibile, estraneo alla condotta dell’agente,
si da rendere ineluttabile l’evento costituito e comporta, nei reati omissivi, qual è
quello in esame, l’assoluta impossibilità del comportamento doveroso omesso.
Da tali affermazione discende, quale corollario, che nei reati omissivi

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altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli

integra causa di forza maggiore solo l’assoluta impossibilità e non la semplice
difficoltà a porre in essere il comportamento omesso (Sez. 6, n. 10116 del
23/03/1990, Iannone, Rv. 184856).
A fronte di siffatta motivazione, il motivo di ricorso, limitandosi ad
invocare l’applicazione dell’esimente di cui all’art. 45 cod.pen. di cui non
ricorrono i presupposti normativi, è anche generico.

7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve

cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data
del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento di € 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 02/03/2018

Il Consig re
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ensore

Il P

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GasPbn,Andreazza

essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616

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