Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21274 del 02/03/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 21274 Anno 2018
Presidente: ANDREAZZA GASTONE
Relatore: GAI EMANUELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Tanghetti Tersilla, nata a Pezzaze il 20/06/1956

avverso la sentenza del 18/02/2017 della Corte d’appello di Brescia

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Piero
Gaeta, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputata l’avv. Claudio Schiaffino che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 18 febbraio 2017, la Corte d’appello di Brescia ha
confermato la sentenza del Tribunale di Brescia che, per quanto qui di rilievo in
connessione con i motivi di impugnazione, aveva condannato Tanghetti Tersilla,
alla pena di mesi nove di reclusione, per i reati di cui agli artt. 10- ter d.lgs 10
marzo 2000, n. 74, perché, quale legale rappresentanza di “Gesmgroup di
Tanghetti Tersilla s.a.s”, non versava l’imposta sul valore aggiunto dovuta sulla
base della dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto

Data Udienza: 02/03/2018

relativo al periodo di imposta successivo, per un ammontare complessivo di C
557.230,00 (annualità 2008) e C 430.058,00 (annualità 2010), fatti commessi il
28/12/2009 e 27/12/2011.

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso Tanghetti Tersilla, a mezzo del
difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto
dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:

45 cod.pen. e il vizio di motivazione. Argomenta & ricorrente che la Corte
d’appello avrebbe con motivazione contraddittoria affermato la responsabilità
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in presenza di forza maggiore costituita dalla crisi

finanziaria della società generata da fatti oggettivi (blocco della produzione a
seguito di controlli dell’ARPA), e non addebitabili ad errori gestionali
dell’imputata.
La corte territoriale avrebbe erroneamente pretermesso la valutazione di tali
elementi confermando la decisione di condanna sul rilievo che l’inadempimento
sarebbe frutto di una scelta imprenditoriale di destinare le risorse al pagamento
dei creditori strategici, non considerando che l’imputata non avrebbe avuto
scelta nell’agire, situazione che concretizzerebbe la forza maggiore.
2.2. Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione in relazione
all’elemento soggettivo. Alcuna libertà di scelta avrebbe avuto l’imputata, sicchè
illogica sarebbe anche la motivazione della corte che avrebbe ritenuto provato
l’elemento soggettivo del dolo quantomeno nella forma del dolo eventuale. Tale
motivazione sarebbe in contrasto con lo stesso dato fattuale ricostruito nella
sentenza del Tribunale che aveva dato atto che l’imputata aveva destinato le
risorse provenienti dall’iva alla sopravvivenza dell’azienda, disponendo il
pagamento dei fornitori confidando di poter poi provvedere al pagamento del
debito tributario, sicchè l’inadempimento successivo non si potrebbe ascrivere in
termini di dolo anche nelle forme del c.d. dolo eventuale, avendo agito nella
sicura convinzione di poter adempiere entro il termie più lungo concesso dalla
norma penale. In conclusione, la ricorrente avrebbe, al più, agito con colpa
cosciente.
3. Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è inammissibile per la proposizione di motivi, anche ripetitivi

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2.1. Con il primo motivo denuncia la violazione di legge in relazione all’art.

di quelli già devoluti, manifestamenti infondati.

5. Manifestamente infondato il primo motivo di ricorso, anche ripetitivo
della stessa doglianza già devoluta e disattesa dal giudice dell’impugnazione, con
il quale la ricorrente censura la sentenza con riguardo alla rilevanza della
situazione di crisi economica e finanziaria generata dal blocco della produzione a
seguito di controllo amministrativo, ai fini di esclusione dell’elemento soggettivo
del reato, quale forza maggiore ex art. 45 cod.pen.

quale causa di esclusione della punibilità, la giurisprudenza di legittimità ha, con
indirizzo ermeneutico costante (anche richiamato nella sentenza impugnata)
affermato che essa sussiste solo e in tutti quei casi in cui la realizzazione
dell’evento stesso o la consumazione della condotta antigiuridica è dovuta
all’assoluta ed incolpevole impossibilità dell’agente di uniformarsi al comando,
mai quando egli si trovi già in condizioni di illegittimità (Sez 4, n. 8089 del
13/0571982, Galasso, Rv. 155131; Sez. 5, n. 5313 del 26/03/1979, Geiser, Rv.
142213; Sez. 4, n. 1621 del 19/01/1981, Sodano, Rv. 147858; Sez. 4 n. 284 del
18/02/1964, Acchiardi, Rv. 099191) e rileva come causa esclusiva dell’evento,
ma mai quale causa concorrente di esso (Sez. 4, n. 1492 del 23/11/1982,
Chessa, Rv. 157495; Sez. 4, n. 1966 del 06/12/1966, Incerti, Rv. 104018; Sez.
4 n. 2138 del 05/12/1980, Biagini, Rv. 148018). Presupposto indefettibile per la
verificazione di una causa di forza maggiore è l’individuazione di un fatto
imponderabile, imprevisto e non prevedibile, estraneo alla condotta dell’agente,
si da rendere ineluttabile l’evento costituito e comporta, nei reati omissivi, qual è
quello in esame, l’assoluta impossibilità del comportamento doveroso omesso.
Da tali affermazione discende, quale corollario, che nei reati omissivi
integra causa di forza maggiore solo l’assoluta impossibilità e non la semplice
difficoltà a porre in essere il comportamento omesso (Sez. 6, n. 10116 del
23/03/1990, Iannone, Rv. 184856).

6. La sentenza impugnata, in continuità con quella del Tribunale, ha
accertato, in punto di fatto, che era stata incassata l’iva esposte nelle fatture, e
che l’imputata aveva consapevolmente trattenuto le somme da versare
mensilmente destinandole al pagamento dei fornitori strategici, accettando il
rischio di non poter onorare il debito verso l’erario nel maggior termine
consentito, sicchè la condotta era frutto non già di forza maggiore, ma di scelta
dolosa, quantomeno nella forma del dolo eventuale, di non far fronte
all’adempimento tributario. Motivazione congrua che non presenta profili di
illogicità ed è corretta sul piano del diritto.
La scelta di pagare i fornitori strategici, in una situazione nella quale non

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Con riferimento al tema della rilevanza della circostanza di forza maggiore

si dubita dell’incasso dell’Iva esposta nelle fatture, esclude in radice la
circostanza di forza maggiore essendo incompatibile la scelta imprenditoriale
assunta dalla ricorrente, con il requisito del fatto imponderabile ex art. 45
cod.pen.
Ben inteso, occorre sgombrare il campo da un possibile equivoco. Ciò che
rileva, nella esclusione di una circostanza di forza maggiore, non è il fatto
imponderabile del controllo amministrativo che aveva determinato il blocco della
produzione, ma il fatto che l’omissione nel maggior termine di scadenza del

dell’acconto relativo all’anno di imposta successivo) è stata frutto di una scelta di
destinare quanto ricevuto in pagamento, comprensivo di Iva, al pagamento dei
fornitori anziché di accantonarla in vista della scelta del versamento nel maggior
termine concesso dalla legge. Al momento della scadenza del termine alcun fatto
imponderabile estraneo alla sfera di azione è sussistente.
In tale contesto del tutto priva di rilievo è la circostanza che la situazione
di crisi non fosse correlata all’incapacità gestione della ricorrente, poiché, si
ribadisce, ciò che viene in rilievo è l’omissione consapevole del versamento del
termine di legge della somma dovute a titolo Iva, omissione conseguente ad una
scelta operata dalla ricorrente nella convinzione, secondo i giudici del merito, di
poter adempiere all’obbligazione nel maggior termine rispetto a quello imposto
dalla norma tributaria (mensile nel caso in esame), situazione che si traduce nel
dolo del reato (dolo generico) al momento della scadenza.
Poiché il reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto ha
natura istantanea ed unisussistente, esso è integrato dalla volontà dell’omesso
versamento con riguardo al momento della scadenza e non in momenti ad esso
antecedenti (Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, Schirosi, Rv. 263126) ed è
integrato dalla condotta omissiva posta in essere nella consapevolezza della sua
illiceità, non richiedendo la norma, quale ulteriore requisito, un atteggiamento
antidoveroso di volontario contrasto con il precetto violato, sicchè la scelta di
non pagare lo integra.
Da tale affermazione se‘ cttca trae la conclusione che la scelta rivendicata
dalla ricorrente di aver optato per il mancato versamento periodico dellIva, in
base ad una scelta imprenditoriale, non solo vale a dimostrare una gestione della
crisi di liquidità estranea all’ambito di rilevanza della forza maggiore, ma rivela
anche la consapevolezza e la volontà della condotta omissiva alla scadenza del
maggior termine che è la prova del dolo del reato, sicchè l’invocata ricorrenza
della colpa cosciente, di cui al secondo motivo di ricorso, appare manifestamente
infondata.

7. Deve riaffermarsi il principio secondo cui l’inadempimento della
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versamento dell’imposta (termine entro cui deve avvenire il versamento

obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi
da fatti contingenti e imprevedibili non imputabili all’imprenditore che non abbia
potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e
che sfuggono al suo dominio finalistico, dovendosi escludere la predetta causa di
esclusione del dolo nel caso di situazione di difficoltà economica anche derivante
da eventi estranei e non imputabili alla gestione ordinaria dell’impresa, nella
quale l’omissione del versamento Iva alla scadenza è preceduta Aal mancato
pagamento alla singole scadenze mensili e, dunque, da una situazione di

8. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e & ricorrente deve
essere condannats, al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616
cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data
13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna 84 ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento di € 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 02/03/2018

Il Consigliere
E

ensore
ai ,

Il Pré1sidente
Gasto Andreazza

illegittimità che non può integrare la causa di forza maggiore.

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