Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21271 del 09/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21271 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RICCARDI CLAUDIO MARIA N. IL 26/11/1954
avverso la sentenza n. 555/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
02/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 09/05/2016

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in parziale riforma di quella di primo grado,
RICCARDI CLAUDIO MARIA è stato condannato per il reato di cui all’articolo 496
cod. pen., alla pena di 5 mesi e 10 giorni di reclusione, per aver dichiarato ad
agenti operanti della polizia stradale, in occasione di un controllo, delle false

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, avv.
Stefano Nava, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
all’elemento soggettivo del reato poiché l’imputato declinò le proprie esatte
generalità nel corso dello stesso accertamento, in tal modo dimostrando
l’assenza del dolo ed in relazione alla ricorrenza della desistenza volontaria dal
reato, irrazionalmente esclusa con il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art.
62, n. 6, cod. pen.;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, poiché la
desistenza attiva è stata esclusa in punto di fatto perché il delitto si consuma nel
momento in cui la dichiarazione perviene a pubblico ufficiale, indipendentemente
dalla sua riproduzione in un atto pubblico, a nulla rilevando il fatto che
successivamente il pubblico ufficiale, constatatane la falsità, non la inserisca
nell’atto (Sez. 5, n. 24308 del 31/03/2015, Noto, Rv. 265145);
– che peraltro lo stesso ricorrente riconosce che la ritrattazione avvenne in un
secondo momento, sia pure prima che gli operanti ponessero in essere gli
accertamenti necessari alla sua esatta identificazione, circostanza che conferma
la corretta qualificazione operata dei giudici di merito con il riconoscimento
dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen.;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui
all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro 2000;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
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generalità;

spese processuali e al versamento della somma di 2000 euro in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 9 maggio 2016
Il presente

Il consigliere est nsore

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