Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21235 del 09/05/2016
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21235 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: SABEONE GERARDO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
VASTA ANGELO ANTONIO N. IL 27/05/1973
avverso la sentenza n. 1871/2014 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 03/04/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE;
Data Udienza: 09/05/2016
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte dì Appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo
grado con la quale Vasta Angelo Antonio era stato condannato per il delitto di
false dichiarazioni sulla propria identità personale, di cui all’articolo 495 cod.pen.
e guida in stato di ebbrezza, articolo 186 C.d.S..
mezzo del proprio difensore, lamentando una violazione di legge e una
motivazione illogica in merito alla sussistenza del dolo dell’ascritto reato di false
dichiarazioni nonché all’eccessivo aumento stabilito per la continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Deve dichiararsi inammissibile il ricorso.
2. Ai fini della sussistenza del reato di false dichiarazioni sulla identità o
su qualità personali proprie o di altri, è sufficiente il dolo generico consistente
nella coscienza e volontà di rendere dichiarazioni difformi dal vero su qualità
personali giuridicamente rilevanti, mentre non occorre il dolo specifico di trarre in
inganno il destinatario della dichiarazione o altri soggetti (v. Cass. Sez. V 3 luglio
2008 n. 41166). Dolo non escluso, come correttamente affermato dalla Corte
territoriale, dallo stato di ebbrezza dell’imputato.
3. Del pari manifestamente infondato è il motivo attinente all’eccessivo
aumento operato per la continuazione tra gli ascritti reati. Non vi è pena illegale
in quanto non si è superato il triplo della pena base del più grave reato di cui
all’articolo 495 cod.pen.
4. Dall’inammissibilità del ricorso deriva, per concludere, la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma dì denaro in
favore della Cassa delle Ammende.
P.T.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 9 maggio 2016.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a