Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21217 del 10/02/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21217 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Evangelista Gianni, nato il 16/11/1976;

Avverso l’ordinanza n. 370/2014 emessa il 15/12/2014 dalla Corte di
appello di Firenze;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Pasquale
Fimiani, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 10/02/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 15/12/2014 la Corte di appello di Firenze, quale
giudice dell’esecuzione, rigettava l’incidente di esecuzione proposto da Gianni
Evangelista avverso il provvedimento di cumulo emesso dalla Procura generale
presso la Corte di appello di Firenze il 02/09/2014.
Tale provvedimento, in particolare, veniva adottato sul presupposto del
corretto inserimento nel cumulo del reato di cui all’art. 216 L. Fall., giudicato con

una bancarotta fraudolenta, la cui sentenza dichiarativa di fallimento era
intervenuta il 15/03/2007, in epoca successiva all’inizio della carcerazione
dell’Evangelista per reati precedentemente commessi.
Non poteva, per altro verso, ritenersi sussistente alcuna duplicazione di
giudicati tra la predetta sentenza e il decreto penale di condanna emesso dal
Tribunale di Lucera il 07/04/2007, anch’esso irrevocabile, diversificandosi le due
vicende delittuose sotto il profilo dell’oggettività giuridica e delle modalità
esecutive.

2. Avverso questa ordinanza l’Evangelista, a mezzo del suo difensore,
ricorreva per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in
relazione alla valutazione dei presupposti applicativi del provvedimento di
cumulo emesso dalla Procura generale presso la Corte di appello di Firenze il
02/09/2014, che erano stati vagliati dal giudice dell’esecuzione con un percorso
motivazionale contraddittorio e manifestamente illogico.
Si deduceva, in particolare, che, nel provvedimento impugnato, non erano
stati valutati correttamente né l’epoca di commissione del reato giudicato con la
sentenza irrevocabile emessa dal Tribunale di Lucera 1’08/07/2010, né la
sussistenza di una preclusione processuale, rilevante ai sensi dell’art. 649 cod.
proc. pen., tra tale sentenza e il decreto penale di condanna emesso dal
Tribunale di Lucera il 07/04/2007.
Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento dell’ordinanza
impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, essendo fondato su motivi manifestamente
infondati.

sentenza irrevocabile emessa dal Tribunale di Lucera 1’08/07/2010, in relazione a

Deve, in proposito, rilevarsi che il controllo affidato al giudice di legittimità è
esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e
processuale, ai vizi della motivazione, dovendo essere ricondotti in tali patologie
tutti i casi in cui la motivazione risulti del tutto priva dei requisiti minimi di
coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente,
ovvero assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal
giudice di merito, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano
talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare rimanere

Alla luce di tali parametri ermeneutici, questa Corte osserva che il ricorso
dell’Evangelista, pur denunciando formalmente anche il vizio di violazione di
legge, non individua singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a
censura giurisdizionale, ma tende in realtà a provocare una nuova e non
consentita valutazione nel merito dei presupposti applicativi del cumulo emesso
dalla Procura generale presso la Corte di appello di Firenze il 02/09/2014, che il
giudice dell’esecuzione aveva correttamente valutato, sotto entrambi i profili
processuali censurati.

2. Si consideri, innanzitutto, che, per costante giurisprudenza, nel reato di
bancarotta, semplice o fraudolenta, al contrario di quanto dedotto dalla difesa
del ricorrente, la dichiarazione di fallimento non costituisce una condizione
obiettiva di punibilità, ma un elemento costitutivo del reato, rappresentando
l’ultimo atto che perfeziona la fattispecie considerata.
Ne discende che, nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione, rigettando
l’incidente di esecuzione proposto nell’interesse dell’Evangelista, aveva
correttamente ritenuto che la sentenza dichiarativa di fallimento emessa nei
confronti del condannato il 15/03/2007 interveniva dopo l’inizio della sua
carcerazione per reati precedentemente commessi, imponendo di inserire nel
cumulo i fatti di reato giudicati con la sentenza irrevocabile emessa dal Tribunale
di Lucera 1’08/07/2010 (cfr. Sez. 5, n. 43076 del 18/10/2007, Rizzo, Rv.
237547).
Tali considerazioni impongono di ritenere inammissibile la doglianza
difensiva in esame.

3. Quanto all’ulteriore doglianza difensiva, riguardante la violazione dell’art.
649 cod. proc. pen., conseguente all’identità processuale tra la sentenza
irrevocabile sopra richiamata e il decreto penale di condanna emesso dal
Tribunale di Lucera il 07/04/2007, deve rilevarsi che, nel caso in esame, la
differenza dell’oggetto delle due vicende delittuose discendeva sia dalla diversità
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oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione.

di persone offese, sia dalla differenza dei titoli di reato, essendo contestato nel
secondo dei due procedimenti una truffa in danno della società Maia s.p.a., nei
termini correttamente esplicitati a pagina 2 del provvedimento impugnato.
Né, sul punto, sussistono oscillazioni interpretative tali da indurre a
rivalutare la decisione impugnata, tenuto conto della giurisprudenza consolidata
di questa Corte, secondo cui: «Il delitto di bancarotta fraudolenta può concorrere
con quello di truffa, sia perché l’obiettività giuridica delle distinte ipotesi
delittuose è diversa, sia perché l’iter criminis” della seconda si esaurisce con

dell’imprenditore truffaldino, che sottragga successivamente alla garanzia
patrimoniale le entità economiche illecitamente acquisite al suo patrimonio,
costituisce un’azione distinta ed autonoma, punita a titolo di bancarotta
fraudolenta, se viene dichiarato il fallimento» (cfr. Sez. 5, n. 39610 del
21/09/2010, Meschieri, Rv. 248652).
Ne discende l’inammissibilità della doglianza difensiva in esame.

4. Per queste ragioni processuali, il ricorso proposto nell’interesse di Gianni
Evangelista deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di
esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile
in 1.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 febbraio 2016.

l’acquisizione di beni mediante mezzi fraudolenti, mentre il fatto

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