Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21217 del 04/04/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21217 Anno 2018
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: MICCICHE’ LOREDANA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SETTIMO MARIO nato il 21/10/1971 a SANTA NINFA

avverso la sentenza del 22/11/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere LOREDANA MICCICHE’;

Data Udienza: 04/04/2018

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dall’ imputato in epigrafe avverso sentenza recante l’affermazione di
responsabilità in ordine al reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 è
manifestamente infondato e quindi inammissibile.

Infatti, contrariamente a quanto dedotto, la pronunzia impugnata reca appropriata

orientamento di questa Corte di legittimità, secondo cui ai fini della punibilità della coltivazione
non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, l’offensività della
condotta consiste nella sua idoneità a produrre la sostanza per il consumo, sicché non rileva la
quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, ma la conformità della pianta al tipo
botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a
maturazione e a produrre la sostanza stupefacente, nell’obiettivo di scongiurare il rischio di
diffusione futura della sostanza stupefacente, pericolosa per la salute pubblica (Sez. 6, n.
35654 del 28/04/2017, Rv. 270544; Sez. 4, n. 53337 del 23/11/2016, Rv. 268695; Sez. 6, n.
52547 del 22/11/2016, Rv. 268938). Nella specie, i giudici di merito hanno dato atto ( vedi
anche sentenza di primo grado) che la sostanza in sequestro (sia quella ancora in coltivazione
che quella essiccata) presentava un principio attivo utile a ricavare svariate dosi medie
singole e che le trenta piante rinvenute sul terrazzo della abitazione dell’imputato fossero in
fase di coltivazione, perfettamente idonee quindi a giungere a maturazione.
La Corte d’appello ha inoltre espressamente respinto il motivo proposto in ordine alla
concessione delle attenuanti generiche rendendo congrua motivazione, relativa alla negativa
personalità dell’imputato, gravato da numerosi e gravi precedenti penali, e alla proporzionalità
della sanzione, applicata in misura prossima al minimo edittale (mesi sei e giorni 15). Queste
le precise considerazioni dei giudici di merito, a fronte delle quali il ricorrente non ha dedotto
specifiche nuove doglianze, limitandosi a riproporre le medesime censure già rigettate in sede
di gravame. In relazione all’adeguatezza della pena appare, invero, assolutamente corretto e
insindacabile in sede di legittimità il rilievo fattuale del giudice di merito in ordine ai connotati
di allarmante gravità che rendono l’imputato immeritevole di un più mite trattamento
sanzionatorio.
Alla ritenuta inammissibilità del ricorso segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa
delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 3.000 a titolo di
sanzione pecuniaria.

motivazione, basata su definite e significative acquisizioni probatorie e conforme al consolidato

PQM

dichiara inammissibile

il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del

procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di euro
3.000,00.

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESID TE

Roma 4 aprile 2018

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