Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21180 del 19/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 21180 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da

1)

Berti Bruno, n. a Prato il 6/2/1964

2)

dalla parte civile Fenzi Roberto, in proprio e nella qualità di Tintoria di

Vaiano s.r.l.

avverso la sentenza del 29/5/2014 della Corte di appello di Firenze

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emilia Anna Giordano;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Antonio Balsamo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso di
Berti Bruno; la correzione dell’errore materiale con riguardo al ricorso della parte
civile e in subordine annullamento con rinvio della sentenza impugnata;

1

Data Udienza: 19/04/2016

udito per la parte civile ricorrente il difensore, avv. Alberto Rocca, che ha
concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
13 cere
udito per il ricorrente 421 il difensore, avv. Giovanni Mati, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

La Corte di appello di Firenze, in riforma della sentenza di

abbreviato, dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Prato il 15
gennaio 2013, con la sentenza indicata in epigrafe in accoglimento dell’ appello
della parte civile limitato alle statuizioni civili, ha condannato Berti Bruno al
risarcimento dei danni, da liquidare nel separato giudizio civile, in favore della
parte civile Fenzi Roberto a cui favore venivano altresì liquidate, nell’importo di
euro 1.400 oltre accessori di legge, le spese processuali. Si procedeva, nei
confronti del Berti per il reato di cui all’art. 372 cod. pen. perché, deponendo
come teste dinanzi al giudice del lavoro del Tribunale di Prato, nella causa civile
per risarcimento danni intentata dal gruppo FIT, di cui faceva parte la Tintoria di
Vaiano, nei confronti di Fossi Riccardo, affermava il falso sostenendo di avere
parlato con il Fenzi e che il Fenzi dirigeva di fatto l’azienda ed aveva poteri di
firma, essendo emerso che egli non aveva mai parlato con il Fenzi e che questi
non aveva poteri di firma in seno all’azienda ( in Prato il 10 gennaio 2008).
2.

Hanno proposto ricorso per cassazione, con motivi qui sintetizzati

ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la parte civile e Berti Bruno.
3.

Il Berti deduce: 3.1 la nullità della sentenza per vizio di violazione

di legge in relazione all’art. 591, comma 1 lett. c) cod. proc. pen. per la
genericità e mancanza di specificità dei motivi di appello proposti dalla parte
civile, poiché i motivi di impugnazione si limitavano alla mera ripetizione delle
dichiarazioni di cui si assumeva il mendacio e al richiamo di massime
giurisprudenziali non pertinenti al tema, risolvendosi dunque in una mera
petizione di principio;

3.2 la nullità della sentenza per la mancanza di

motivazione sul punto innanzi indicato non avendo la Corte di appello motivato
sull’eccezione proposta dalla difesa; 3.3 la nullità della sentenza per difetto di
motivazione e travisamento del fatto risultante dal confronto con la sentenza di
primo grado dalla quale emerge che la deposizione del Berti non era
circostanziata dal punto di vista temporale e con riferimento alle specifiche

2

assoluzione perché il fatto non sussiste pronunciata, all’esito del giudizio

mansioni rivestite dal Fenzi in seno alle varie società, piuttosto che la ritenuta
falsità.
4.

La parte civile: premesso che il dispositivo della sentenza è

evidentemente frutto di errore materiale nella parte in cui non contiene la
condanna al risarcimento del danno in favore della Tintoria di Vaiano s.r.l. essendo il Fenzi costituito in giudizio in proprio e nella qualità di legale
rappresentate della predetta – deduce l’error in procedendo in cui è incorsa la
Corte fiorentina nella parte in cui non ha disposto la condanna al pagamento

punto sul quale la parte civile ricorrente aveva concluso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Il ricorso proposto da Berti Bruno è inammissibile.

2.

Manifestamente infondati sono i motivi di ricorso che deducono la

nullità della sentenza impugnata discendente dal mancato accoglimento della
eccezione della inammissibilità dei motivi di appello. Le ragioni illustrate dal
ricorrente, infatti, non si confrontano con la giurisprudenza di legittimità secondo
la quale l’inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi deve essere
esclusa quanto sono identificabili, con accettabile precisione, i punti cui si
riferiscono le doglianze e le ragioni essenziali delle medesime, in considerazione
della natura di tale specifico mezzo di impugnazione, nonché del principio del
favor impugnationis ( Sez. 6, n. 3721 del 24/11/2015, (dep. 2016 ), Sanna, Rv.
265827). Nella specie, i motivi di gravame proposti dalla parte civile, indicavano
con precisione il punto della sentenza oggetto di impugnazione attraverso la
riproduzione delle dichiarazioni rese dal Berti, quelle degli altri testi escussi nel
giudizio a carico del Fossi, che smentivano le prime, e i passaggi motivazionali
della sentenza del giudice civile, secondo una tecnica di composizione
congruente con la natura della contestazione poiché le dichiarazioni del Berti
costituivano oggetto della contestazione di falsa testimonianza e della
valutazione compiutane nella sentenza in primo grado ai fini dell’assoluzione
dell’imputato. Né rileva, ai fini della dedotta inammissibilità dell’appello della
parte civile, il richiamo, contenuto nei motivi di gravame,

a principi

giurisprudenziali in ipotesi non pertinenti, tenuto conto della possibilità per il
giudice dell’appello di accogliere l’impugnazione sulla base di argomentazioni
proprie e diverse da quelle dell’appellante. Implicita, a tenore della ricostruzione
compiuta nella sentenza impugnata, è, infine, la ritenuta infondatezza

3

delle spese della parte civile anche relativamente al giudizio di primo grado,

dell’eccezione difensiva relativa alla inammissibilità del gravame e, per tale
ragione, la infondatezza manifesta del motivo di ricorso di cui al punto 3.2.
3.

Manifestamente infondato è anche l’ulteriore motivo di ricorso che,

richiamando il vizio di travisamento della prova, sollecita al giudice di legittimità
una ricostruzione in fatto diversa rispetto a quella contenuta nella sentenza
impugnata pervenuta a conclusioni che si sottraggono alla censura di manifesta
illogicità, pure adombrata nei motivi di ricorso che rimandano alla genericità
delle dichiarazioni rese dal Berti onde escludere la rilevanza e pertinenza delle

territoriale sul punto della pertinenza e rilevanza, ai fini della causa civile, delle
dichiarazioni rese dal Berti, ha richiamato la motivazione contenuta nella
sentenza civile che aveva definito il processo a carico del Fossi evidenziando che
le dichiarazioni del Berti avevano comunque accreditato la tesi che il Fenzi fosse
stato amministratore di fatto della società, in assenza dell’amministratore di
diritto e che, pertanto tali dichiarazioni avevano avuto, in concreto, incidenza nel
percorso motivazionale della decisione con conseguente danno per la parte civile.
Trattasi di una conclusione ancor più restrittiva, quanto al criterio di
accertamento dell’elemento materiale del reato enunciato e seguito dal giudice di
merito, rispetto alla giurisprudenza di legittimità che, ai fini della configurabilità
del delitto di falsa testimonianza, ritiene sufficiente che i fatti oggetto della
deposizione siano pertinenti alla causa e suscettibili di avere efficacia probatoria,
anche se, in concreto, le dichiarazioni non hanno influito sulla decisione del
giudice ( Sez. 6, n. 51032 del 05/12/2013, Mevoli, Rv. 258507).
4.

Ad analoga conclusione di inammissibilità non si sottrae il ricorso

proposto dalla parte civile.
5.

Risulta, infatti, evidente attraverso il rinvio contenuto nella parte

motiva alla liquidazione in favore della “parte civile costituita” ed ai “danni tutti”
indicati nel dispositivo, che la condanna al risarcimento dei danni in favore del
Fenzi è relativa alla parte processuale risultante dall’atto di costituzione – cioè
Fenzi Roberto, in proprio e nella qualità – e che il riferimento alle spese
complessivamente liquidate copre quelle di entrambi i gradi di giudizio.
6.

Consegue alla dichiarazione di inammissibilità la condanna dei

ricorrenti, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese
processuali e della somma indicata in dispositivo in favore della cassa della
ammende, essendo imputabile a colpa la determinazione della causa di
inammissibilità.

4

dichiarazioni da questi rese nel giudizio civile. Rileva il Collegio che la Corte

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno a quella della somma di euro 1.500,00 in favore
della cassa delle ammende.
Così deciso il 19 aprile 2016

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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