Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21172 del 21/03/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21172 Anno 2018
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: MOROSINI ELISABETTA MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
BORGIA BIAGIO SALVATORE nato a MILITELLO ROSMARINO il 21/07/1986

avverso il decreto del 02/02/2017 della CORTE APPELLO di MESSINA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Elisabetta Maria Morosini;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Pasquale Fimiani, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile
il ricorso con le pronunce consequenziali.

Data Udienza: 21/03/2018

)

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il decreto impugnato la Corte di appello di Messina, sezione misure di
prevenzione, ha confermato la misura di prevenzione personale della sorveglianza
speciale per la durata di anni uno e mesi sei adottata nei confronti di Borgia Biagio
Salvatore.

articolando un unico motivo con il quale deduce violazione di legge per difetto di
motivazione.
2.1 Lamenta il ricorrente che il provvedimento impugnato riproduce il decreto
di primo grado, senza evidenziare alcun elemento in punto di attualità della
pericolosità sociale, atteso che l’ultimo reato risalirebbe al 2015 e, quindi,
presenterebbe una significativa cesura temporale rispetto al momento di adozione
della misura di prevenzione personale (12 ottobre 2016).
Sostiene inoltre che nella presente materia non sarebbe ammissibile alcuna
presunzione e che non si sarebbe tenuto conto del lungo periodo di detenzione in
regime di arresti donniciliari, sofferto dal proposto e della conseguente possibilità
che siano intervenute modifiche da parte del soggetto nei confronti dei valori della
convivenza civile.

3. Il ricorso è inammissibile.

4. Il decreto con il quale la Corte di appello decide sul gravame proposto dalle
parti avverso il provvedimento del Tribunale applicativo della misura di
prevenzione è ricorribile per cassazione esclusivamente per violazione di legge
(per tutte Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).

2. Avverso il decreto ricorre il proposto, per il tramite del difensore,

5. Ne consegue l’inammissibilità delle censure proposte dal ricorrente che, per
un verso, sono manifestamente infondate mentre, per altro verso, sotto la formale
denuncia di una violazione di legge, espongono nella sostanza vizi motivazionali.

6. Il decreto impugnato si occupa espressamente della questione della
persistente pericolosità sociale del proposto.
Diversamente dall’assunto del ricorrente, la Corte di appello non si limita
affatto a recepire in maniera acritica il provvedimento di primo grado, ma anzi
svolge un’ampia e approfondita analisi — ulteriore rispetto a quella compiuta dal
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primo giudice — degli elementi da cui desumere la sussistenza del requisito di
attualità: viene ripercorsa l’attività criminale del proposto che annovera precedenti
penali sin dall’età di 19 anni; si considera che lo stesso è già stato destinatario di
misura di prevenzione personale nel 2010, prorogata sino al 6 settembre 2013,
ma che, nonostante questo, ha perseverato nella commissione di reati; si aggiunge
che il Borgia è stato raggiunto da ordinanza cautelare emessa nel dicembre 2016
per il reato, tra gli altri, di cui all’art. 416 cod. pen. in qualità di capo di un sodalizio
operante da novembre 2014 sino a settembre 2015 e dedito alla commissione di

detenzione e commercio di sostanze alimentari nocive e adulterazione di sostanze
alimentari.
In forza di tanto la Corte di appello ritiene di confermare il quadro di attualità
della pericolosità sociale del proposto, quale soggetto abitualmente dedito a traffici
illeciti dai quali trae, almeno in parte, il proprio sostentamento.
Trattasi di motivazione congrua, certo non apparente.

7. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 2.000,00, a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 a favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 21/03/2018

delitti di furto, uccisione di animali, violazione di sigilli, falso per soppressione,

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