Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21171 del 21/03/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21171 Anno 2018
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: MOROSINI ELISABETTA MARIA

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
1. MARINO FRANCO nato il 10/01/1973 a SCORDIA, proposto
2. PALAZZOLO LILIANA nata a PATTI il 07/05/1975, quale terza interessata

avverso il decreto del 20/04/2017 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Elisabetta Maria Morosini;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Delia Cardia, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 21/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con il decreto impugnato la Corte di appello di Catania, sezione misure di
prevenzione, in parziale riforma del provvedimento assunto dal Tribunale, ha
revocato la confisca di un terreno, in quanto il relativo acquisto era avvenuto in
periodo antecedente a quello di manifestazione della pericolosità sociale del
proposto, circoscritta agli anni dal 2005 al 2013, mentre ha confermato nel resto
la misura di prevenzione personale e quella patrimoniale adottate nei confronti di

2. Avverso il decreto ricorrono Marino Franco e Palazzolo Liliana, con un unico
atto a firma del comune difensore e procuratore speciale, articolando quattro
motivi.
2.1 Con il primo motivo si deduce violazione di legge per difetto di motivazione
o motivazione apparente sul tema della pericolosità sociale del proposto e della
attualità.
Secondo i ricorrenti l’analisi della Corte di appello poggerebbe su un dato
inesistente.
Il giudice di secondo grado, dopo aver preso atto che le condotte delittuose
di truffa ai danni di Agea sono cessate nel 2012, desume l’attualità della
pericolosità sociale del proposto dalla circostanza che nel parallelo procedimento
cautelare — denominato “Prato verde” — sarebbe stata riconosciuta la sussistenza
dell’aggravante di cui all’art. 7 legge n. 152 del 1991, a riprova del legame
persistente tra il proposto e il clan mafioso “Cappello”.
In realtà, diversamente da quanto ritenuto nel provvedimento impugnato, in
sede di giudizio di rinvio, a seguito dell’annullamento della Corte di cassazione, nel
procedimento “Prato verde”, sarebbe stato escluso non soltanto il reato di cui
all’art. 416 bis cod. pen., ma anche l’aggravante della agevolazione mafiosa.
2.2 Con il secondo motivo deduce analogo vizio con riferimento alla
sussistenza della pericolosità del proposto dal 2005 al 2013.
Assume il ricorrente che le misure cautelari adottate anche nei confronti del
proposto nel procedimento “Prato Verde” si basano su intercettazioni telefoniche
e su contratti depositati dalla D.I.A., questi ultimi, peraltro formalmente
ineccepibili, sono relativi agli anni dal 2010 al 2011, quindi concernerebbero un
ambito temporale molto più ristretto rispetto a quello ritenuto dalla Corte di
appello in maniera apodittica e senza fornire alcuna motivazione sul punto.
Peraltro l’impianto argomentativo sarebbe illogico e contraddittorio sul tema
dei contributi Agea per il settore bovini.

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Marino Franco con apprensione di beni intestati anche alla moglie Palazzolo Liliana.

La motivazione risulterebbe apparente sul punto della confisca di due
immobili: l’abitazione sita in Scordia, entrata a far parte del patrimonio del
proposto a seguito di donazione del proprio padre, negozio a titolo gratuito
dissimulato da un contratto di compravendita del 9 ottobre 2007 recante il prezzo,
mai realmente corrisposto, di 50.000,00 euro; il terreno ubicato in contrada
Rappis-Vigna- Principe, acquistato dal proposto il 27 settembre 2011 al prezzo di
22.5000,00 euro, grazie al prestito versato da alcuni consocenti tramite assegni
per l’importo di euro 15.000,00, mai restituito.

di sproporzione in quanto non si sarebbe tenuto conto, tra i redditi leciti, di quelli
appartenenti alla tipologia “bovini”, né si sarebbe considerata l’attività
imprenditoriale svolta dal Marino fin da giovanissima età, provento di lascito
paterno unitamente al bestiame.
2.4 Con il quarto motivo ci si duole della omessa valutazione del motivo di
appello afferente la posizione di Palazzolo Liliana.
Costei, originaria indagata nel procedimento “Prato Verde”, non è mai stata
rinviata a giudizio. La sua posizione è stata separata dal Pubblico Ministero, il suo
certificato dei carichi pendenti è negativo.
Deriverebbe che i contributi Agea dalla stessa percepiti dal 2000 al 2013
dovrebbero ritenersi leciti, con l’ulteriore conseguenza che il loro ammontare
complessivo, pari a 78.947,17 euro, giustificherebbe ampiamente, sotto il profilo
della proporzione, il patrimonio di sua spettanza, a lei intestato non certo
fittiziamente. Inoltre l’indennità di disoccupazione agricola, percepita dalla
ricorrente, ammonterebbe a 20.864,61 euro, sulla scorta di quanto risulterebbe
dalla consulenza di parte, in difformità dai dati riportati nel decreto.

3. I ricorrenti depositano successiva memoria per insistere sul difetto di
attualità della pericolosità sociale (cfr. punto 2.1) in sintonia con quanto ritenuto
dalla sezione sesta della Corte di cassazione che, rilevando una omessa
motivazione sul punto, ha annullato con rinvio il decreto della Corte di appello di
Catania che, sulla base dei medesimi presupposti qui censurati, aveva confermato
l’applicazione della misura di prevenzione personale nei confronti di Marino
Salvatore, fratello del ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono infondati.

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2.3 Con il terzo motivo si lamenta analogo vizio in relazione alla valutazione

1. Va ricordato che secondo il consolidato orientamento della Corte di
legittimità – asseverato anche dal giudice delle leggi con le sentenze n. 321 del
2004, n. 80 del 2011 e n. 106 del 2015 – in tema di misure di prevenzione, la
riserva del sindacato di legittimità alla violazione di legge non consente di dedurre
il vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc.
pen., sicché il controllo del provvedimento consiste solo nella verifica della
rispondenza degli elementi esaminati ai parametri legali, imposti per l’applicazione
delle singole misure e vincolanti, in assenza della quale ricorre la violazione di

Repaci, Rv. 260246; tra le altre Sez. 5, n. 19598 del 8 aprile 2010, Palermo, Rv.
247514).
Principio di recente declinato dalle Sezioni Unite come segue: «È del tutto
pacifico che sia possibile svolgere in sede di legittimità il controllo inerente
all’esatta applicazione della legge, sui provvedimenti applicativi della misura di
prevenzione, ove si profila la totale esclusione di argomentazione su un elemento
costitutivo della fattispecie che legittima l’applicazione della misura,
configurandosi, in caso di radicale mancanza di argomentazione su punto
essenziale, la nullità del provvedimento ai sensi delle disposizioni di cui agli artt.
111, sesto comma, Cost., 125, comma 3, cod. proc. pen., 7, comma 1, d. Igs
06/09/2011, n. 159, poiché l’apparato giustificativo costituisce l’essenza
indefettibile del provvedimento giurisdizionale» (Sez U. n. 111 del 30/11/2017,
dep. 2018, Gattuso, in motivazione).

2. Consegue l’inammissibilità di tutte quelle censure con cui si deduce
l’illogicità e contraddittorietà della motivazione o che, sotto la formale denuncia di
una violazione di legge, espongono, nella sostanza, vizi motivazionali.

3. Il primo motivo è infondato.
Il decreto applicativo della misura di prevenzione personale si fonda sulla
ritenuta pericolosità generica del proposto.
Il giudice di primo grado ha escluso, in limine, la configurabilità di una
pericolosità “qualificata” del proposto alla luce degli esiti del procedimento
denominato “Prato Verde”, nel corso del quale, in sede cautelare, a seguito di
sentenza di annullamento con rinvio, era stata esclusa la gravità indiziaria sia
quanto al reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., sia quanto all’aggravante di cui
all’art. 7 legge n. 152 del 1991.

4

legge sub specie di motivazione apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014,

Il medesimo giudice ha ancorato il giudizio di pericolosità sociale alle condotte
di truffa ai danni dell’Agea e di acquisto di carburante, per le quali il quadro
cautelare era stato confermato.
In forza di tanto la pericolosità del Marino viene inquadrata in quella cd.
“generica” ai sensi dell’art. 1 lett. b) d. Igs. n. 159 del 2011, espressa da coloro
che vivono abitualmente, anche in parte, con proventi di attività delittuose.
La Corte di appello conferma il medesimo inquadramento e, chiamata a
rispondere sul motivo di appello afferente il requisito di attualità della pericolosità

procedimento “Prato Verde”, nonché dal precedente penale per favoreggiamento
che grava sul proposto.
In sostanza il giudice di secondo grado, diversamente da quanto sostenuto
dai ricorrenti, non fa rivivere l’aggravante di cui all’art. 7 legge n. 152 del 1991,
ma semplicemente si limita ad agganciare il requisito della attualità a specifici dati
di fatto, da cui emerge un collegamento, di lunga data, tra il proposto e Orazio
Privitera, noto esponente del cd. gruppo dei “Carateddu”, facente parte del clan
mafioso “Cappello” (pagina 5 decreto impugnato): il proposto ha riportato una
condanna definitiva per aver favorito la latitanza del Privitera; il proposto continua
ad essere legato alla famiglia Privitera, come emerge dai significativi rapporti
intrattenuti con la Balsamo, moglie del Privitera, documentati dalle intercettazioni
telefoniche effettuate nel procedimento “Prato verde”.
Trattasi di motivazione adeguata che certo non attinge la soglia della
inesistenza.

4. Il secondo motivo è inammissibile, per manifesta infondatezza o,
comunque, perché afferente a vizi di motivazione non proponibili nella presente
sede.
4.1 II decreto fornisce congrua motivazione in merito al periodo di
manifestazione della pericolosità sociale, riducendolo agli anni dal 2005 al 2013,
in conformità al tempus commissi delicti riportato nel capo di imputazione del
procedimento “Prato verde”.
La doglianza dei ricorrenti, che richiama i contratti della D.I.A., asseritamente
circoscritti agli anni 2010 – 2011, è inammissibile perché meramente assertiva.
4.2 Le questioni agitate, con il secondo e il terzo motivo, in ordine al settore
dei “bovini”, sono inammissibili perché denunciano vizi di motivazione.
Sulla risoluzione della relativa problematica la Corte di appello spende ampia
motivazione (pagina 7).

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sociale, valorizza gli elementi di fatto, comunque ricavabili dalle emergenze del

4.3 Le censure mosse sul tema della provenienza della provvista relativa
all’acquisto di due immobili sono assertive, poiché si citano documenti indicati in
maniera generica, prospettando interpretazioni soggettive non avvalorate da alcun
dato obiettivo.
In ogni caso va rilevato che la Corte di appello si è preoccupata di fornire una
risposta anche sul punto concernente gli acquisti dei due immobili in rilievo: un
immobile asseritamente ricevuto in donazione dal padre e dissimulato da un
contratto di compravendita; un altro acquistato dal proposto con l’impiego di

Sul primo immobile la Corte di appello assegna valenza decisiva al dato
formale dell’esistenza di un contratto di vendita, sostenendo che se davvero il
padre avesse voluto donare un bene al figlio sarebbe ricorso allo strumento
giuridico più appropriato della donazione, non ravvisandosi ragioni dell’utilizzo di
un contratto di vendita. La motivazione è coerente con le regole che governano
l’istituto della simulazione (artt. 1414 e ss. cod. civ.), secondo le quali la
simulazione non è opponibile ai terzi; il contratto dissimulato ha effetto tra le parti
purché sussistano i requisiti di sostanza e forma del contratto diverso da quello
apparente, il che nella specie non risulta neppure allegato.
Quanto al secondo immobile il decreto impugnato rileva come l’asserito
prestito non sia idoneo a coprire l’intero valore dell’immobile.
La motivazione è pertinente.

5. Il ricorso concernente la posizione della terza interessata, Palazzolo Liliana,
è infondato.
Va ricordato che, al di là della operatività della presunzione biennale, la
giurisprudenza di legittimità ha sancito il principio per cui, in materia di misure di
prevenzione patrimoniali, l’accertamento giudiziale della disponibilità, in capo al
proposto, dei beni formalmente intestati a terzi, opera diversamente per il coniuge,
i figli ed i conviventi di quest’ultimo, rispetto a tutte le altre persone fisiche o
giuridiche, in quanto nei confronti dei primi siffatta disponibilità è legittimamente
presunta senza la necessità di specifici accertamenti, quando risulti l’assenza di
risorse economiche proprie del terzo intestatario, mentre, con riferimento alle
seconde, devono essere acquisiti specifici elementi di prova circa il carattere fittizio
dell’intestazione (Sez. 1, n. 5184 del 10/11/2015 dep. 2016, Trubchaninova, Rv.
266247; Sez. Sez. 5, n. 8922 del 26/10/2015 dep. 2016, Poli, Rv. 266142; Sez.
6, n. 49878 del 06/12/2013, Mortellaro, Rv. 258140).
5.1 I ricorrenti fanno leva sulla prova di autonome disponibilità finanziarie di
Palazzolo Liliana, che sarebbero idonee a giustificare gli acquisti degli immobili alla
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somme di denaro ottenute in prestito e mai restituite.

stessa intestati. In sostanza la ricorrente avrebbe percepito un reddito di
78.947,17 euro dal 2005 al 2014 corrispondente ai contributi agricoli erogati
dall’Agea.
La Corte di appello affronta la tematica, rispondendo che il reddito proveniente
dalla percezione di tali contributi costituisce provento delle truffe contestate nel
procedimento “Prato Verde” e che, quindi, non può essere computato come lecito.
Dunque il decreto impugnato contiene una motivazione che risolve la
questione sollevata al riguardo con l’atto appello.

separazione della posizione della Palazzolo, così come il mancato esercizio
dell’azione penale per un verso non significano che la stessa rimarrà indenne da
responsabilità per altro verso sono circostanze che attingono al suo eventuale
apporto concorsuale, senza incidere sulla provenienza illecita delle somme.
5.2 È del pari inammissibile la doglianza che rivendica la percezione del
superiore importo di 20.864,61 euro, a fronte di quello di 7.664,93 indicato dalla
Corte di appello (pagina 9 decreto impugnato), trattandosi di censura meramente
assertiva.

6. Le sorti del procedimento di prevenzione a carico di Marino Salvatore sono
ininfluenti in questa sede.

7. Discende il rigetto dei ricorsi con condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.
Così deciso il 21/03/2018

Trattasi di motivazione giuridicamente corretta, poiché l’avvenuta

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