Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21164 del 28/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21164 Anno 2016
Presidente: CITTERIO CARLO
Relatore: CORBO ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALBANO FERNANDO N. IL 09/10/1948
avverso la sentenza n. 174/2013 CORTE APPELLO di LECCE, del
25/05/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO CORBO;

Data Udienza: 28/04/2016

R. G. 53575 / 2015

Con l’epigrafata sentenza, la Corte di Appello di Lecce ha confermato la sentenza di
primo grado del Tribunale della stessa città che aveva condannato Fernando Albano per il
reato di violenza o minaccia a pubblico ufficiale, per avere pronunciato una frase
intimidatoria nei confronti di due agenti di polizia giudiziaria in servizio presso l’Ufficio
locale marittimo, al fine di costringere gli stessi ad omettere la redazione di un verbale
concernente la violazione di norme sulla sicurezza balneare, e gli aveva irrogato la pena di
quattro mesi di reclusione, previa concessione delle attenuanti generiche.
Contro la sentenza di appello ha proposto ricorso l’avvocato Bartolo Ravenna, quale
difensore di fiducia dell’Albano, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge
penale e difetto di motivazione in rapporto alla confermata colpevolezza, in quanto
l’imputato avrebbe reagito ad un atto arbitrario dei due agenti della Guardia costiera, i
quali volevano contestare una violazione di norme di sicurezza balneare obiettivamente
insussistente, ed avrebbe posto in essere la sua condotta non per impedire la redazione del
verbale, ma per contrastare la pervicace asserzione degli stessi dell’avvenuta violazione.
Il ricorso è inammissibile perché contiene censure diverse da quelle consentite.
Invero, la sentenza di appello, nel confermare la sentenza di primo grado, ha
compiutamente descritto i fatti da essa ritenuti accertati, esplicitando chiaramente la
condotta riferita all’Albano e le finalità da questi perseguite; in particolare, ha escluso la
configurabilità della scriminante della reazione legittima ad atti arbitrari di un pubblico
ufficiale, solo dopo aver motivatamente esaminato le risultanze istruttorie e la plausibilità
logica della versione resa dall’imputato, poi ribadita nel ricorso proposto davanti a questa
Corte. Di conseguenza, le contestazioni relative alla ricostruzione dei fatti costituiscono
mera richiesta di rivalutazione del merito della regiudicanda, non consentita in questa
sede.
All’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende,
che stimasi equo determinare in misura di euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle
ammende.
Roma, 28 aprile 2016

Motivi della decisione

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