Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21162 del 14/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21162 Anno 2018
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: MAZZITELLI CATERINA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RANALLI TIZIANA nato il 05/10/1971 a ROMA

avverso l’ordinanza del 16/03/2017 della CORTE APPELLO di ROMA
sentita la relazione svolta dal Consigliere CATERINA MAZZITELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG

Data Udienza: 14/02/2018

Letta la requisitoria del Procuratore Generale, nella persona del Sost. Proc. Gen. dott.ssa
Elisabetta Ceniccola, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto, emesso in data 16 marzo 2017, la Corte d’Appello di Roma rigettava la
richiesta, avanzata da Ranalli Tiziana, al fine di ottenere la revoca del decreto, emesso dal

Ranalli, la misura di prevenzione personale della Sorveglianza Speciale di pubblica sicurezza, di
anni due, in quanto soggetto pericoloso ai sensi dell’art. 1 L. 1423/1956.
2. La Ranalli, tramite difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, avverso tale
provvedimento, lamentando la ricorrenza di vizi di legittimità, per violazione di legge, in
relazione all’art. 70 D.Legs n. 159/2011, oltre che carenza e manifesta illogicità della
motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), codice di rito. Parte ricorrente
osserva che la misura in questione era terminata dopo due anni e che solo in seguito, con
sentenza del Tribunale di Velletri del 21 giugno 2013, la prevenuta era stata condannata, per
un reato commesso il 16 agosto 2009. Il citato art. 70 prevede che, decorsi tre anni dalla
cessazione della misura di prevenzione personale, il soggetto che abbia tenuto una buona
condotta può chiedere la riabilitazione, se ha dato prova di una costante buona condotta. La
Corte avrebbe errato nel considerare il precedente, sopra menzionato, risalente ad epoca
successiva, rispetto all’arco temporale, indicato dall’art. 70, mediante la decorrenza del periodo
triennale, implicante una sorta di rimessa in pristino delle facoltà limitate durante la durata
della misura di prevenzione personale. Per di più, la Corte sarebbe incorsa, in un vizio
argomentativo, indicando, quale indice di pericolosità sociale, un precedente, divenuto
irrevocabile nel 2014, e relativo ad un fatto, commesso sette anni prima. Si sarebbe omesso,
in realtà, di motivare su tutto l’arco di tempo, a far data dalla cessazione della misura.
Il PG., nella requisitoria scritta, ha rilevato l’infondatezza del ricorso, non essendo il giudice,
nella propria valutazione, vincolato al periodo triennale, indicato nella disposizione, quale
requisito per poter formulare l’istanza di riabilitazione, ma dovendo, al contrario, valutare la
condotta del proposto nella sua interezza. Quanto agli altri profili, fermo restando che il ricorso
è ammesso in via esclusiva per violazione di legge, ha poi osservato il P.G., il costrutto
motivazionale del provvedimento è lineare e logico, essendo estremamente significativo il
richiamo al precedente, risalente al 2013, in quanto indicativo, di per sé solo, di uno stile di
vita, generale e costante, della Ranalli.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

Tribunale di Roma in data 14 luglio 1998, con il quale era stata applicata, nei confronti della

v

Invero, se pur il disposto normativo prevede il decorso di un termine pari a tre anni, affinchè
l’interessato possa presentare istanza di riabilitazione, ciò non vuol dire, né che allo scadere di
detto termine, automaticamente, in caso di mancata trasgressione nel predetto periodo, sia
stato acquisito il diritto dell’istante ad ottenere la riabilitazione né che la valutazione debba
essere circoscritta a quel periodo.
Sul punto, è sufficiente rammentare che, secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di
misure di prevenzione, la prova costante ed effettiva di buona condotta, necessaria per la

della mera astensione dal compimento di fatti criminosi, ma di fatti e comportamenti
sintomatici di un effettivo e costante rispetto delle regole della convivenza sociale, quale
espressione del recupero dell’interessato ad un corretto modello di vita. (Sez. 6, n. 5164 del
16/01/2014 – dep. 03/02/2014, Marigliano, Rv. 258572)
Del resto, limitare ad un solo segmento di vita la predetta valutazione, sarebbe insensato,
oltre che antigiuridico, dovendosi necessariamente valutare il singolo soggetto, nella globalità
delle sue manifestazioni estrinseche.
2. La censura di illogicità non è consentita in tale sede, fatta salva l’ipotesi di carenze
motivazionali tali da incidere sulla violazione stessa dell’obbligo di motivare la decisione
assunta. La condanna- successiva alla scadenza del triennio e avente ad oggetto un reato di
furto analogo ad altre condotte -si presta, infatti, a rappresentare un indice, di natura
sistematica, rappresentativo di un sistema di vita, pur a fronte di fatti risalenti nel tempo.
3. Alla luce delle considerazioni esposte, si deve dichiarare l’inammissibilità det ricorsp con la

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condanna bi ciascuno di essa al pagamento delle spese del procedimento e di una somma, che
si reputa equo fissare in C 2.000,00, in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna

14

ricorrente al pagamento delle spese dl

procedimento e della somma di C 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14/02/2018

concessione della riabilitazione, implica una valutazione della personalità sulla base, non già

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