Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21151 del 28/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21151 Anno 2016
Presidente: CITTERIO CARLO
Relatore: CORBO ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MASCALI SEBASTIANO N. IL 08/08/1970
avverso la sentenza n. 2021/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
11/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO CORBO;

Data Udienza: 28/04/2016

R. G. 53369/2015

Con l’epigrafata sentenza, la Corte di Appello di Catania, riformando solo in punto
di pena la sentenza di primo grado del Tribunale della stessa città, sezione distaccata di
Belpasso, ha dichiarato la colpevolezza di Sebastiano Mascali per il reato di resistenza a
pubblico ufficiale, per avere usato violenza nei confronti di un Maresciallo dei Carabinieri,
che gli aveva messo un dito in bocca per impedirgli di ingoiare un involucro, mordendolo
e spintonandolo, al fine di precludergli l’apprensione dell’involucro, e gli ha irrogato la
pena di sette mesi di reclusione, applicando il minimo edittale previsto per il delitto in
questione, nonché l’aumento di un mese di reclusione per la recidiva contestata.
Contro la sentenza di appello ha proposto ricorso l’avvocato Giuseppe Russo, quale
difensore di fiducia del Mascali, deducendo, con il primo motivo, violazione di legge
penale e difetto di motivazione, in rapporto alla confermata colpevolezza dell’imputato,
per la mancata valutazione degli elementi addotti dalla Difesa e per l’assenza di condotte
efficacemente o seriamente impeditive, posto che la reazione fisica dell’imputato si spiega
come un istintivo e naturale tentativo di opporsi ad una «pratica “barbara”», con il
secondo motivo, difetto di motivazione, per l’assenza di argomenti autonomi e diversi da
quelli esposti nella sentenza di primo grado, e, nel terzo motivo, violazione di legge penale
e difetto di motivazione, con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti
generiche.
Il ricorso è inammissibile perché contiene censure diverse da quelle consentite e
manifestamente infondate. La sentenza di appello, infatti, nel confermare la sentenza di
primo grado con riferimento all’affermazione di colpevolezza, ha compiutamente descritto
il fatto da essa ritenuto accertato, descrivendo la condotta riferita all’imputato, illustrando
le ragioni della legittimità della perquisizione personale eseguita, in quanto effettuata
norma dell’art. 103 d.P.R. n. 309 del 1990, ed evidenziando, in termini di consequenzialità,
il significato dell’azione compiuta dal Mascali e la sua efficacia oppositiva rispetto all’atto
dell’ufficio; ha inoltre spiegato il diniego della concessione delle attenuanti generiche,
richiamando le modalità del fatto e la negativa personalità dell’imputato, gravato da
molteplici precedenti penali, in particolare per furto e per reati concernenti gli
stupefacenti. Di conseguenza, i motivi posti a fondamento del ricorso non formulano
critiche plausibili alla sentenza impugnata e si risolvono, inoltre, almeno in parte in una
richiesta di rivalutazione, non consentita, della regiudicanda.
All’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende,
che stimasi equo determinare in misura di euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle
ammende.
Roma, 28 aprile 2016

Motivi della decisione

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