Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2115 del 16/11/2012
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2115 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: RAMACCI LUCA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) INSOLIA PATRIZIA N. IL 13/10/1966
2) LEONZIO MASSIMILIANO N. IL 29/05/1973
avverso la sentenza n. 2633/2007 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 12/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
Data Udienza: 16/11/2012
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento
ed al versamento della somma di euro 1.000,00 (mille/00) ciascuno alla Cassa delle ammende.
Così deliberato i
OMA, nella camera di consiglio del 16.11,2012
Ritenuto:
— che la Corte di appello di L’Aquila con sentenza del 12.12.2011, ha confermato la sentenza
8.1.2007 del Tribunale di Pescara, che aveva affermato la responsabilità penale di INSOLIA
Patrizia e LEONZIO Massimiliano in ordine ai reati di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73 d.P.R.
309\90 (acc. in Pescara, il 27.5.2005);
— che la Corte di merito ha valorizzato, ai fini dell’affermazione di responsabilità, il complessivo
materiale probatorio acquisito agli atti processuali;
— che avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, denunziando
violazione di legge, nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in punto di
affermazione della responsabilità e di determinazione della pena;
— che le doglianze anzidette sono manifestamente infondate, poiché:
a) la motivazione della sentenza impugnata appare esauriente e corrispondente alle premesse fattuali
acquisite in atti, in quanto essa esamina tutti gli elementi decisivi a disposizione e fornisce risposte
coerenti alle obiezioni della difesa;
b) le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione dei
fatti e dell’attribuzione degli stessi alla persona dell’imputato non sono proponibili nel giudizio di
legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e
coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si
limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio e, con essa, il riesame nel
merito della sentenza impugnata;
c) la pena risulta determinata con corretto riferimento ai criteri direttivi indicati dall’art. 133 cod.
pen. (entità oggettiva dei fatti e personalità degli imputati);
— che il ricorso, conseguentemente, va dichiarato inammissibile e, a norma dell’art. 616 c.p.p., alla
declaratoria di inammissibilità — non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei
ricorrenti (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) — consegue l’onere delle spese del procedimento e
del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro
1.000,00