Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21133 del 28/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21133 Anno 2016
Presidente: CITTERIO CARLO
Relatore: CORBO ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MEREU TERENZ N. IL 10/10/1981
avverso la sentenza n. 4397/2015 TRIBUNALE di CAGLIARI, del
07/10/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO CORBO;

Data Udienza: 28/04/2016

R. G. 52987/2015

Con l’epigrafata sentenza il Tribunale di Cagliari ha applicato a Terenz Mereu, a
norma dell’art. 444 cod. proc. pen. e ss., la pena di otto mesi di reclusione per il reato di
evasione dalla detenzione domiciliare, previo riconoscimento delle attenuanti generiche
equivalenti alla recidiva contestata e della diminuente per il rito.
Contro l’indicata sentenza ha proposto ricorso l’avvocato Stefabo Piras, quale
difensore di fiducia del Mereu, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge
penale, in rapporto alla mancata verifica dell’esistenza dei presupposti per la pronuncia di
sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., alla luce delle
indicazioni fornite dall’imputato in sede di interrogatorio di convalida dell’arresto.
Il ricorso è inammissibile perché contiene censure manifestamente infondate. L’atto
di impugnazione, in vero, si limita a richiamare le circostanze genericamente addotte
dall’imputato nell’interrogatorio, e cioè di essersi recato al S.E.R.T. confidando in buona
fede nella regolarità dell’inoltro all’Ufficio di Sorveglianza competente dell’istanza intesa
ad ottenere il permesso necessario a tal uopo, essendosi rivolto ad un’assistente sociale;
ciò, dopo aver presentato una richiesta di pena patteggiata, tale da presupporre rinuncia
implicita a questioni sulla colpevolezza e sugli elementi circostanziali del reato. Il giudice
di merito, d’altro canto, ha escluso di dover eludere la richiesta di pena concordata e di
dover giungere ad una sentenza liberatoria basata sull’evidenza dell’inesistenza del reato
o della non colpevolezza dell’imputato, richiamando espressamente l’atteggiamento
collaborativo dell’imputato, «il quale ha ammesso il fatto a lui ascritto, pentendosi del suo
operato».
All’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende,
che stimasi equo determinare in misura di euro 1.500,00 (millecinquecento).
P. Q. M.

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro millecinquecento in favore della
cassa delle ammende.
Roma, 28 aprile 2016
Il consigliere estensore
Ant. i CorjA
vuf

Il Presidente
Carlo Citterio

Motivi della decisione

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