Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21131 del 09/03/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21131 Anno 2018
Presidente: PEZZULLO ROSA
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PAGNOTTA Maria Giuseppina, nata il 10/01/1960 a Trani

avverso la sentenza del 22/02/2016 della Corte di Appello di Bari

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE RICCARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Felicetta Marinelli, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per
prescrizione;
udito il difensore della parte civile, Avv. Fabio Falcone, che ha concluso
chiedendo l’inammissibilità o il rigetto del ricorso;
udito il difensore, Avv. Giuseppina Chiariello, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 22/02/2016 la Corte di Appello di Bari ha
confermato la sentenza del Tribunale di Trani, che aveva affermato la

Data Udienza: 09/03/2018

responsabilità penale di Pagnotta Maria Giuseppina per il reato di cui all’art.
491 cod. pen., per avere, al fine di procurarsi il vantaggio di succedere nel
patrimonio di Ladisa Iolanda quale erede universale, alterato il testamento
olografo manoscritto nella parte relativa all’indicazione della data di
compilazione, che indicava come “3 marzo 2007”, così facendola apparire
apposta dalla stessa testatrice.

2. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il difensore di Pagnotta

2.1. Violazione di legge: l’originaria norma incriminatrice contestata, l’art.
485 cod. pen., è stata oggetto di depenalizzazione nel corso del giudizio, e
non è possibile invocare l’applicazione di una circostanza aggravante per non
riconoscere l’abrogazione del reato.
2.2. Vizio di motivazione: sostiene che manchi una valutazione della
consulenza di parte della difesa, ignorata senza alcuna argomentazione, e
lamenta che non sia stata accolta la richiesta di rinnovazione mediante
perizia; la sentenza avrebbe preso in considerazione soltanto la consulenza
del P.M., anche se metodologicamente errata e con conclusioni incerte, senza
chiarire quale sarebbe stato il vantaggio conseguito dall’imputata
nell’apposizione della data.

3. Con memoria depositata in udienza il difensore della parte civile ha
chiesto l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
L’abrogazione dell’art. 485 c.p., invero, non ha privato di rilevanza penale
la condotta di falsificazione del testamento olografo, rientrante nella tipicità
dell’art. 491 c.p. (in tal senso, ex multis, Sez. 5, n. 25948 del 06/04/2017,
Bertelli, Rv. 270287, secondo cui, in tema di falso in scrittura privata, a
seguito dell’abrogazione dell’art. 485 cod. pen. e della nuova formulazione
dell’art. 491 cod. pen., da parte del d.lgs. n. 7 del 2016, la rilevanza penale
dell’attività di falsificazione (ovvero utilizzazione dell’atto falso), realizzata
secondo le modalità previste dagli articoli che precedono il predetto art. 491,
è circoscritta alle scritture private indicate da quest’ultimo (testamento
olografo, cambiale e titoli di credito trasmissibili per girata o al portatore),

g2

Maria Giuseppina, Avv. Giuseppina Chiariello, deducendo i seguenti motivi.

sempre che il fine avuto di mira dall’agente sia quello specifico di recare a sé
o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno).
1.2. Il secondo motivo è inammissibile.
Premesso che nel dibattimento del giudizio di appello, la rinnovazione di
una perizia può essere disposta soltanto se il giudice ritenga di non essere in
grado di decidere allo stato degli atti (Sez. 2, n. 36630 del 15/05/2013,
Bommarito, Rv. 257062, che ha precisato che, in caso di rigetto della relativa
richiesta, la valutazione del giudice di appello, se logicamente e congruamente

fatto), la sentenza impugnata appare immune da censure, avendo evidenziato
che le conclusioni del consulente del P.M. risultavano univoche e convincenti,
e, richiamandole altresì testualmente, attribuivano le lettere e le cifre alla
grafia dell’odierna ricorrente.
La doglianza concernente la pretesa mancanza di motivazione sulla
consulenza della difesa è, del resto, del tutto generica, in quanto, oltre a
sollecitare una rivalutazione del merito non consentita in sede di legittimità,
non deduce neppure quali sarebbero le conclusioni contrastanti e gli elementi
sui quali sarebbe fondata la consulenza di parte, né, tanto meno, si confronta
con l’apparato argomentativo della sentenza impugnata, che, come già
evidenziato, ha richiamato le univoche conclusioni del consulente del P.M. .

2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al
pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di
denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo
determinare in Euro 2.000,00, nonché alla rifusione delle spese di parte civile,
che si liquidano in C 2.000,00, oltre accessori

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e della somma di C 2.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione delle spese di parte civile, che
liquida in C 2.000,00, oltre accessori.

Così deciso in Roma il 09/03/2018

motivata, è incensurabile in cassazione, in quanto costituente giudizio di

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