Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21126 del 27/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21126 Anno 2018
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
UDRISTE ALEXANDRU SEBASTIAN nato il 29/01/1988

avverso la sentenza del 23/02/2015 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA FIDANZIA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PERLA LORI
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
Udito il difensore
l’avvocato TU LINO LOREDANA, si riporta ai motivi del ricorso.

Data Udienza: 27/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 23 febbraio 2015 la Corte d’Appello di Trieste, in parziale
riforma della sentenza di primo grado, qualificato giuridicamente il fatto come tentato furto
aggravato in concorso con il connazionale Danila, in luogo della qualificazione dello stesso da
parte del Tribunale di Trieste come favoreggiamento personale, ha condannato Udriste
Sebastian Alexandru alla pena di giustizia.

affidandolo ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo è stata dedotta violazione di legge nonché vizio di motivazione.
Lamenta il ricorrente le gravi carenze motivazionali della sentenza impugnata in tema di
concorso nel reato di tentato furto, non evincendosi da quali dati la Corte territoriale abbia
ritenuto provato l’accordo preventivo del ricorrente con il Danila rispetto alla commissione del
furto, di talchè non è stato superato il principio “dell’oltre ragionevole dubbio”.
2.2. Con il secondo motivo è stato dedotto vizio di motivazione in punto quantificazione
della pena.
Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale è incorsa nella illogicità della motivazione,
avendo, da un lato, descritto l’azione del ricorrente come collaborazione occasionale rispetto al
ben più collaudato connazionale Danila, e, dall’altro, gli ha irrogato il medesimo trattamento
sanzionatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il primo motivo ricorso è inammissibile.

Non vi è dubbio che il ricorrente, nel contestare di aver concorso alla perpetrazione del
delitto di tentato furto, formuli delle censure di mero fatto – come tali inammissibili in sede di
legittimità – essendo finalizzate a sollecitare una rivalutazione del materiale probatorio e ad
accreditare una diversa ricostruzione del fatto rispetto a quella effettuata dal giudice di
secondo grado, che, con argomentazioni non manifestamente illogiche, ha evidenziato come la
presenza dell’auto del ricorrente in piena notte a poca distanza dal luogo del tentato furto e la
stessa circostanza che nell’autovettura medesima sia stata rinvenuta una gran quantità di
arnesi da scasso (oltre all’aver il ricorrente accolto nella propria auto il Danila travisato con un
passamontagna, fingendo insieme a lui di dormire all’arrivo degli agenti) non può che trovare
una plausibile giustificazione nell’accordo preventivo tra l’imputato ed il Danila alla
commissione del furto.
2. Il secondo motivo è infondato.

2

2. Con atto sottoscritto dal suo difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputato

Va osservato che l’entità della pena stabilita dalla Corte d’Appello di Trieste è stata
rapportata alla gravità del delitto ascritto all’imputato (tentato furto aggravato in abitazione)
ed è stata ritenuta congrua, tenuto conto del precedente contestato al ricorrente con la
recidiva infraquinquennale. Né può rilevare, per ritenere la manifesta illogicità della
motivazione della sentenza impugnata sotto tale profilo, l’entità della pena che è stata inflitta
dal giudice di primo grado al coimputato che il giudice d’appello – nonostante l’impugnazione
sul punto del P.M. – non ha inteso esaminare per questioni processuali.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2018
Il consigliere estensore

Il Presidente

processuali.

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