Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21121 del 29/01/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21121 Anno 2018
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: CALASELICE BARBARA

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
MESSINA ALESSANDRO nato a Catania il 8/09/1988

avverso la sentenza del 3/02/2017 della Corte di appello di Catania

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Barbara Calaselice;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Stefano

Facci, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

udito il difensore di fiducia, avv. F. Siracusano che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

Lki

Data Udienza: 29/01/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza emessa in data 3 febbraio 2017 la Corte di appello di
Catania ha confermato la sentenza del Tribunale di Catania del 31 gennaio 2014,
con la quale Alessandro Messina era stato condannato per il reato di lesioni
personali, alla pena di mesi quattro di reclusione, con la sospensione
condizionale della pena, nonché al risarcimento dei danni nei confronti della

2.

Avverso l’indicata sentenza ha proposto tempestivo ricorso per

cassazione l’imputato tramite il difensore di fiducia, avv. F. Siracusano, con il
quale si deduce violazione di legge processuale (art. 533 cod. proc. pen.),
illogicità e contraddittorietà della motivazione, quanto alla sussistenza delle
lesioni ascrivibili al Messina, nonché violazione di norme penali (art. 62-bis cod.
pen.), mancanza illogicità della motivazione quanto al disconoscimento delle
attenuanti generiche.
2.1. Con il primo motivo l’appellante deduce che la Corte d’appello aveva
assunto, ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen., la prova testimoniale introdotta
dalla parte civile, non ammessa nel corso del giudizio di primo grado, perché la
parte era stata dichiarata decaduta, non avendo documentato l’avvenuta
citazione. Sulla base di tale audizione ritenuta indispensabile, tuttavia, dalla
motivazione della Corte territoriale emerge che i dichiaranti non avevano visto
cosa accadeva al momento dell’aggressione, né era stato riferito quanto
accaduto, sicché la ricostruzione del fatto, pur all’esito dell’istruttoria
dibattimentale rinnovata, il cui svolgimento era stato ritenuto indispensabile per
decidere, rimaneva fondata soltanto sul narrato della parte lesa, del fratello e del
teste estraneo La Manna, elementi probatori incerti tanto da rendere
indispensabile, per la Corte di appello, approdare alla disposta integrazione
probatoria.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta che la Corte di appello ha negato le
generiche con motivazione tautologica. Il rigetto, fondato sull’errata
determinazione della pena da parte del giudice di primo grado e l’illegalità quindi
di quella irrogata, non si confronta con elementi positivi che sono emersi nella
specie, diversi dalla mera incensuratezza.

3. Si osserva che il ricorso è infondato e deve essere respinto.

2

parte civile, liquidati equitativannente in euro 2.000,00.

3.1. Con riferimento al primo motivo si osserva che la sentenza
impugnata, con argomento logico e privo di contraddizioni, ha adeguatamente
motivato sulle ragioni per le quali le prove testimoniali assunte, all’esito
dell’integrazione probatoria disposta, non avevano condotto a soluzione
favorevole per l’imputato, né avevano sovvertito le risultanze delle prove
dichiarative e documentali assunte nel corso del dibattimento di primo grado, ma
anzi ne rappresentavano ulteriore conforto. La Corte territoriale, infatti, ha

soltanto dalla deposizione del fratello Ivan e da quelle di Giuseppe La Manna,
teste oculare che aveva dichiarato di aver visto il Messina, di spalle, colpire il
Furnò con un ceffone all’orecchio. La Corte di appello ha sottolineato da un lato
che gli altri testi escussi ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen., in quanto non
presenti in campo ma posti all’interno di una paninoteca sita nei pressi del plesso
sportivo, non avevano potuto rendere una ricostruzione diretta degli
avvenimenti; dall’altro si è però sottolineato che questi stessi testi avevano
riferito che, nei giorni immediatamente successivi alla partita di calcio nel corso
della quale i fatti si erano svolti, avevano avuto notizia dello schiaffo ricevuto dal
Furnò da parte del Messina, ricevendo anche notizia da terzi e dalla stessa parte
lesa, che questo evento aveva cagionato al Furnò problemi all’orecchio. Ciò in
particolare espone la Corte territoriale per quanto concerne la deposizione del
teste Vincenzo Ciadamidaro, il quale aveva anche esposto di aver personalmente
notato, nei giorni successivi, nel corso di un incontro con la parte lesa,
nell’androne delle scale, che questa aveva problemi ad un orecchio.
3.2. Da tali considerazioni deriva che risulta infondata la deduzione
difensiva secondo la quale l’escussione di testi reputati necessari si era rivelata
del tutto superflua, avendo la Corte territoriale sottolineato con una motivazione
esauriente e priva di vizi logici manifesti o di contraddizioni, come, pur senza
riferire di fatti appresi direttamente in quanto non presenti al momento dello
schiaffo, i testi esaminati ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen. avevano riferito
circostanze che comunque, corroboravano la ricostruzione offerta dalla parte
lesa, suo fratello e il teste La Manna.

4. In relazione al secondo motivo si osserva che lo stesso è inammissibile.
In primo luogo si osserva che la critica non è specifica, in quanto non indica
diversi criteri ai quali i giudici di merito si sarebbero dovuti attenere per
concedere il beneficio invocato. In secondo luogo si osserva che appare
esaustiva a priva di vizi censurabili in sede di legittimità la motivazione della

3

spiegato che le dichiarazioni della parte lesa erano state corroborate non

Corte territoriale che esclude le generiche, tenuto conto non soltanto dell’entità
della pena irrogata, ben al di sotto dei limiti edittali, ma anche dell’assenza di
elementi positivi da cui trarre la conclusione della concedibilità del beneficio
invocato.
Per il diniego della concessione delle attenuanti generiche, del resto, non
è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o
sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente il riferimento

rilevanza tenga conto, a pena di illegittimità della motivazione, delle specifiche
considerazioni mosse sul punto dall’interessato (Sez. 5,

n.

43952

del

13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269; Sez. 4, n. 24172 del 28/05/2013; Sez. 3, n.
23055 del 23/04/2013, Rv. 256172). Quello espresso dal giudice del merito,
peraltro, è un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di
legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli
elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai
fini della concessione o dell’esclusione. Nella specie alla gravità della condotta,
sia pure in modo implicito, fa riferimento la Corte territoriale, laddove sottolinea
l’entità veramente insignificante della pena irrogata, a fronte di una condotta
aggravata dall’aver provocato la lesione permanente di un senso (udito).

4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 29 gennaio 2018
Il consigliere estenso e
Barbara Calaselic

Il Presidente
Geré

abeone

a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, purché la valutazione di tale

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