Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21120 del 29/01/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21120 Anno 2018
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: CALASELICE BARBARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

VALVO CRISTIAN nato a Udine il 18/09/1972

avverso la sentenza del 19/07/2016 della Corte di appello di Trieste

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Barbara Calaselice;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale,
Stefano Tocci, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 29/01/2018

RITENUTO IN FATTO

1.

La Corte di appello di Trieste il 19 luglio 2016, con la sentenza

impugnata, su impugnazione della parte pubblica, ha riformato la condanna
irrogata dal Tribunale di Udine in data 11 luglio 2014 a Cristian Valvo,
aumentando la pena inflitta per il reato di cui all’art. 582 e 583 cod. pen.,
rideterminata in quella di mesi sei di reclusione, confermando nel resto

multa per il delitto di cui all’art. 612 cod. pen., alla condanna risarcitoria nei
confronti della parte civile ed alla pronunciata assoluzione dal delitto di cui
all’art. 594 cod. pen. La pronuncia ha respinto l’appello proposto nell’interesse
dell’imputato.
1.1. Le sentenze di merito attengono alle lesioni cagionate in occasione di
un incontro di calcio, disputato per l’assegnazione della Coppa Friuli, nel corso
del quale il giocatore Cristian Valvo, cagionava lesioni alla parte lesa Fabrizio
Berton, nonché ingiuriava e minacciava il predetto avversario di gioco.

2.

Avverso l’indicata pronuncia ha proposto tempestivo ricorso per

cassazione il difensore di fiducia dell’imputato, avv. Emanuele Urso, lamentando
quattro vizi.
2.1. Con il primo motivo si denuncia omessa motivazione sulla questione
devoluta con l’appello, relativa all’interpretazione della valutazione operata
dall’arbitro della volontarietà delle lesioni provocate dal Valvo. Per il ricorrente la
motivazione sarebbe stata del tutto omessa dalla Corte territoriale, su una prova
decisiva tenuto conto che il giudizio del primo giudice si era fondato proprio sulla
valutazione operata dal direttore di gara, circa la natura volontaria delle lesioni
e, comunque, espressa dal medesimo in forma dubitativa.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta la manifesta contradditorietà della
motivazione posto che da un lato la sentenza descrive l’intervento che aveva
cagionato le lesioni, come una “scivolata” su un soggetto che usciva dalla propria
area di rigore con il pallone in azione di contropiede, dall’altra si giudica
l’intervento volontario e gratuitamente aggressivo senza alcun collegamento con
la dinamica del gioco.
2.3. Il terzo motivo denuncia errore di diritto in cui sarebbe incorsa la Corte
territoriale nell’aver ritenuto la condotta (fallo di gioco) integrare una lesione
volontaria di natura dolosa, senza alcuna operatività della scriminante sportiva,
posto che è pacifico che in ambito sportivo le condotte assumono connotati

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l’impugnata sentenza, quanto alla condanna alla pena pecuniaria di euro 50,00 di

colposi, per non aver rispettato le regole sportive, avendo l’agente, nella specie,
agito con l’esclusiva finalità di conseguire il risultato agonistico, escludendosi le
descritta scriminante soltanto ove le condotte siano del tutto avulse dal gioco e
si sostanzino in lesioni volontariamente provocate (es. pugno). Di qui la
necessaria derubricazione del fatto in lesioni colpose, ai sensi dell’art. 590 cod.
pen. trattandosi di scivolata a piedi bassi e non a gamba alta.
2.4. Con l’ultimo motivo si denuncia l’omessa motivazione sulla richiesta

3. Risulta depositata memoria difensiva e dichiarazione di rimessione di
querela, con relativa contestuale accettazione da parte dell’imputato, nella quale
si insiste per la diversa qualificazione giuridica della condotta di lesioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto, limitatamente alla ritenuta
diversa qualificazione del delitto di lesioni volontarie in quello di lesioni colpose,
con conseguente declaratoria di estinzione dei reati per i quali il ricorrente ha
riportato condanna, per remissione di querela del 25 ottobre 2017, accettata dal
querelato.

2. Quanto al primo motivo si osserva che la prova indicata come non
valutata dal giudice di merito (giudizio espresso soltanto in forma dubitativa
dall’arbitro, sulla natura delle lesioni) risulta, invece, oggetto di articolato esame
da parte della Corte territoriale che, anzi, ha confutato le ragioni per le quali la
decisione del primo giudice non poteva reputarsi fondata, esclusivamente, sul
giudizio soggettivo espresso soltanto in forma dubitativa dal direttore di gara. La
pronuncia, infatti, evidenzia come l’arbitro Radivo, escusso come teste, avesse
ricostruito compiutamente l’episodio, caduto sotto la sua diretta percezione, per
il quale aveva anche adottato, nei confronti del giocatore Valvo, provvedimenti
disciplinari trattandosi di entrata a gamba tesa. Dalla lettura del provvedimento
impugnato, comunque, risulta che la ricostruzione della Corte territoriale ha
tenuto conto non soltanto della deposizione del direttore di gara ma anche degli
altri testi esaminati, nella compiuta ed articolata istruttoria, concludendo nel
senso di qualificare la condotta lesiva come volontaria.
2.1. Tanto premesso questa Corte osserva che il terzo motivo di ricorso
debba trovare accoglimento posto che, a fronte della ricostruzione del fatto,

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derubricazione in delitto colposo.

come prospettata dalla Corte territoriale, non emerge senz’altro la natura dolosa
della condotta di lesioni ascritta all’imputato. Risulta, infatti, dalla motivazione
della Corte territoriale che lo stesso arbitro aveva indicato come l’entrata in
scivolata del giocatore era avvenuta quando la palla era a circa due metri dalla
parte lesa Berton, quando l’azione di gioco non era del tutto ferma, pur
precisando che il giocatore, a suo giudizio, non avrebbe più potuto raggiungere il
pallone. La Corte territoriale, poi, evidenzia, pur sottolineando le contraddizioni

come tutti i compagni di gioco dell’imputato, escussi quali testi a discarico,
avessero ricondotto a frazioni di secondo il ritardo dell’intervento in scivolata
dell’imputato. Su tale punto la Corte territoriale precisa come mancasse una
videoregistrazione dell’accaduto, onde rivalutare in termini di certezza il dato
temporale riferito dai testi approssimativamente e, comunque, ha attribuito
risalto all’affermazione del direttore di gara per il quale il punto decisivo per
l’adozione della sanzione nei confronti del giocatore, immediatamente espulso,
era stato la circostanza che la palla non potesse essere più raggiunta (il punto è
che non poteva prenderla: cfr. pag. 6 della pronuncia impugnata).
In ogni caso la pronuncia descrive l’intervento che aveva cagionato le
lesioni alla caviglia del Berton, come una scivolata su un soggetto che usciva
dalla propria area di rigore con il pallone in azione di contropiede, quindi come
condotta che non avrebbe potuto consentire al giocatore di raggiungere la palla,
come esposto dal direttore di gara, ma non del tutto disancorata dalla dinamica
del gioco ancora in atto. A tale considerazione va aggiunto il rilievo che la Corte
territoriale attribuisce all’alterco, tra imputato e parte lesa, poco prima
dell’intervento in scivolata del quale si discute, pur non indicativo senz’altro della
volontarietà delle lesioni successivamente cagionate al Berton. La sentenza
impugnata, in proposito, descrive una vera e propria “baraonda” tra i giocatori,
che aveva interessato, oltre ai due, quasi tutti i giocatori delle squadre, pur in
assenza dell’annotazione da parte dell’arbitro, sul referto, del preciso scambio di
battute intercorso tra il Valvo e la parte lesa.

3. Tanto premesso, dunque, si reputa che nella specie non possa operare,
come invocato, la scriminante sportiva, posto che non è pacifico che il Valvo
abbia agito con l’esclusiva finalità di conseguire il risultato agonistico. E’ noto
infatti che questa Corte, aderendo all’opinione, peraltro più diffusa e
convincente, secondo la quale gli eventi lesivi causati nel corso d’incontri
sportivi e nel rispetto delle regole del gioco, restano scriminati per l’operar

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o

per altri versi delle singole deposizioni (cfr. folio sei della sentenza di appello),

della causa di giustificazione non codificata dell’accettazione del rischio
consentito, ha escluso l’operatività di una tale scriminante, reputando la
conseguente antigiuridicità del fatto: a) quando si constati assenza di
collegamento funzionale tra l’evento lesivo e la competizione sportiva; b) quando
la violenza esercitata risulti sproporzionata in relazione alle concrete
caratteristiche del gioco e alla natura e rilevanza dello stesso (a tal ultimo
riguardo, si è valutato se ad esercitare agonismo sia un atleta nel corso di

tale importanza o si tratti di partite amichevoli o di allenamento); c) quando la
finalità lesiva costituisce prevalente spinta all’azione, anche ove non consti, in tal
caso, alcuna violazione delle regole dell’attività.
Al

contrario,

con

un’interpretazione

restrittiva,

è

stata

esclusa

l’antigiuridicità della condotta e, dunque, l’obbligo di risarcimento, ove si tratti di
atto posto in essere senza volontà lesiva, nel rispetto del regolamento e l’evento
di danno sia la conseguenza della natura stessa dell’attività sportiva rispetto alla
quale il contatto fisico sia immanente. Inoltre è stato ritenuto che ricorre la
scriminante ove, pur in presenza di una violazione di norma regolamentare,
debba constatarsi assenza della volontà di ledere l’avversario e il finalismo
dell’azione esclusivamente correlato all’attività sportiva

(Sez. 4, n. 9559 del

26/11/2015, dep. 2016, De Bardi, Rv. 266561; Sez. 3 civ., n. 12012 del
8/08/2002, Rv. n. 556833).
3.1. Ciò posto, nella specie, sulla base della ricostruzione offerta dalla
sentenza impugnata, deve rilevarsi che il contatto tra i giocatori maturò in un
frangente di gioco particolarmente intenso, peraltro dopo una vera e propria
“baraonda”, a seguito di un alterco generale che aveva coinvolto anche i due
protagonisti dell’azione lesiva, i quali si erano scambiati reciproche ingiurie.
Inoltre il Berton aveva tenuto una condotta definita dall’arbitro antisportiva,
peraltro canzonando il Valvo, comportamento al quale erano seguite, da parte
dell’imputato, anche delle minacce. L’intervento del giocatore, poi, da un lato era
manifestamente indirizzato a interrompere l’azione di contropiede della squadra
avversaria, mediante il tentativo d’impossessarsi del pallone. Dall’altro la
condotta descritta nella sentenza impugnata, come riportata dal direttore di
gara, risulta posta in essere dal Valvo in una fase in cui sicuramente la palla non
poteva più essere raggiunta dal giocatore, il quale interveniva in scivolata, sia
pure a piedi bassi, comunque colpendo direttamente l’avversario privo ormai del
pallone, lontano dall’uomo circa due metri.

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competizioni di primario rilievo, diversamente opinando quando l’esito non abbia

Sicché la condotta del Valva, è risultata meritevole di censura
(1/All’ordinamento sportivo, tenuto conto che l’autore del fallo, evidentemente
anche mal calcolando i tempi del proprio intervento, invece di colpire la palla,
aveva finito per colpire la caviglia dell’avversario. Detta condotta sconfina,
inoltre, dal perimetro coperto dalla scriminante di cui s’è detto tanto da non
potersene escludere l’antigiuridicità, considerato che non risulta senz’altro
l’esclusiva finalità della stessa limitata all’azione di gioco in corso, stante la

violazione di norme regolamentari dell’attività sportiva in corso.
In assenza, tuttavia, di una franca azione volontaria, diretta in via esclusiva
ed intenzionalmente, a provocare lesioni, del tutto svincolata ed avulsa dal
contesto sportivo in cui si colloca, la condotta va riqualificata ai sensi dell’art.
590 cod. pen., in quella di lesioni colpose, con conseguente estinzione del reato,
unitamente a quello di minaccia di cui all’art. 612 cod. pen. per sopravvenuta
remissione di querela, accettata dalla parte lesa. Si ritiene, in definitiva, che la
rilevata violazione di norme regolamentari mediante un intervento in scivolata
sull’uomo, con pallone che dista dall’avversario tanto da non essere più
raggiungibile, non possa scriminare la condotta del giocatore per l’accettazione
del cd. rischio consentito. Tuttavia l’assenza di intenzionalità diretta, in via
esclusiva, a provocare lesioni, in modo del tutto avulso dal contesto e dalla
dinamica sportiva in cui si colloca l’intervento del calciatore, tenuto conto che
non è emerso che il gioco era fermo, al momento del contatto tra il Valvo e
l’avversario, impone la riqualificazione della condotta. Questa, dunque, come
prospettato con il ricorso e, prima ancora, con l’atto di appello nell’interesse
dell’imputato, va riqualificata, quanto al delitto di cui al capo a), in lesioni
colpose (Sez. 5, n. 42114 del 04/07/2011, B. Rv. 251703, che ha qualificato
lesione volontaria, la condotta in un incontro di calcio, in cui l’imputato colpisca
l’avversario con un pugno; si è in questa sede chiarito il principio secondo il
quale l’azione commessa, al di fuori di un’azione ordinaria di gioco, trattandosi di
dolosa aggressione fisica, per ragioni avulse dalla peculiare dinamica sportiva,
integra lesioni volontarie, posto che nella disciplina calcistica l’azione di gioco è
quella focalizzata dalla presenza del pallone ovvero da movimenti, anche senza
palla, funzionali alle più efficaci strategie tattiche (blocco degli avversari,
marcamenti, tagli in area ecc.) e non può riconnprendere indiscriminatamente
tutto ciò che avvenga in campo, sia pure nei tempi di durata regolamentare
dell’incontro. Sez. 5, n. 33275 del 28/03/2017, Sansica, Rv. 270498, che ha

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rilevata distanza tra il pallone e l’avversario, risultando, peraltro, senz’altro la

escluso l’applicabilità di cause di giustificazione nel caso in cui, durante una
partita di calcio, a gioco fermo un calciatore colpisca l’avversario).

4. Le statuizioni civilistiche adottate nel corso del giudizio di merito sono
superate dal pronunciato annullamento senza rinvio della sentenza in questa
sede, per estinzione dei reati contestati a seguito di remissione di querela (Sez. .
2, n. 37688 del 08/07/2014, Giustinetti, Rv. 259989). Segue alla pronuncia, in

poste a carico del querelato Valvo.

PQM

Previa riqualificazione dell’imputazione di cui al capo a) nel delitto di cui
all’art. 590 cod. pen., annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i
reati estinti per remissione di querela; pone le spese del giudizio a carico del
querelato Valvo.
Così deciso il 29/01/2018

assenza di diverso accordo sul punto, che le spese del presente giudizio siano

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