Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21078 del 06/04/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 21078 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NARDO FILADELFO nato il 08/01/1974 a CATANIA

avverso l’ordinanza del 21/04/2017 della CORTE APPELLO di CATANIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere EUGENIA SERRAO;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale dott. LUCA TAMPIERI, che
ha concluso per il rigetto del ricorso

Data Udienza: 06/04/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Catania, con l’ordinanza in epigrafe, ha rigettato la
domanda di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da Nardo Filadelfo in
relazione alla privazione della libertà personale subita, nella forma della custodia
in carcere, dal 17 aprile 2011 al 17 luglio 2014, nell’ambito di un procedimento
nel quale era indiziato per il delitto di associazione a delinquere di stampo
mafioso, con l’aggravante dell’essere l’associazione armata, in relazione al quale

con sentenza del 17 luglio 2014.

2.

La Corte territoriale ha ritenuto sussistente la condotta gravemente

colposa ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione sulla base delle
seguenti circostanze fattuali: a) alcuni collaboratori di giustizia avevano indicato
il Nardo come appartenente al clan Nardo, operante in Lentini ed inserito in un
più vasto raggruppamento collegato alla famiglia catanese di Cosa Nostra
facente capo a Santapaola Benedetto, specificando che lavorasse al 118 alle
dipendenze dello zio Pippo Nardo, fratello del boss Nardo Sebastiano; b) gli esiti
dei servizi di osservazione e controllo avevano attestato la frequentazione
dell’istante con elementi di spicco del clan, fornendo numerose e dettagliate
indicazioni circa le modalità degli incontri con Brunno Sebastiano, prima
dell’inizio della sua latitanza, e con il coindagato Randazzo Angelo, reggente del
clan Nardo, nonché con Ferro Marcello, soggetto vicino a Blandino Fabrizio che
era referente megarese del clan Nardo; c) gli esiti dei servizi di intercettazione
ambientale tra terzi all’interno dell’istituto penitenziario avevano rivelato che il
Nardo fosse considerato referente per il settore del traffico della cocaina per
conto del clan; d) in un’intercettazione ambientale a bordo dell’autovettura del
Nardo quest’ultimo chiedeva ad un uomo non identificato se si fosse portato la
pistola; e) in un’intercettazione ambientale a bordo dell’autovettura del
Randazzo, il Nardo, passando davanti alla Caserma dei Carabinieri, gli diceva di
nascondersi e lo informava circa taluni pagamenti che terzi avrebbero dovuto
fare; f) non era stato ritenuto credibile che il Nardo non sapesse, come da lui
riferito, che il Brunno fosse affiliato del clan Nardo, né che l’incontro con il Ferro
fosse motivato dall’interesse del Nardo per una barca da pesca da acquistare, né
che parlasse con Randazzo del pagamento dello stipendio al 118, né che
scherzasse quando aveva parlato di armi.

3. Filadelfo Nardo ricorre per cassazione censurando l’ordinanza impugnata
per mancanza di motivazione, avendo i giudici della riparazione posto a base del (

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era stato condannato in primo grado ma assolto dalla Corte di Appello di Catania

provvedimento impugnato elementi di accusa contenuti nell’ordinanza di custodia
cautelare smentiti ed esclusi dalla sentenza di assoluzione; con un secondo
motivo deduce vizio della motivazione in ordine al nesso causale tra le
frequentazioni sospette dell’istante e la sussistenza del dolo o della colpa grave
ed in ordine alla consapevolezza dell’istante circa la caratura criminale degli
interlocutori. Si duole del fatto che nell’ordinanza si sia fatto riferimento alla
gravità indiziaria in ordine al reato di rapina aggravata o quantomeno di

4. Il Sostituto Procuratore generale dott. Luca Tampieri nella requisitoria
scritta ha concluso per il rigetto del ricorso.

5. Con memoria depositata il 4 aprile 2018 il Ministero dell’Economia e delle
Finanze ha concluso per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
1.1. Nell’analisi dei dati fattuali a disposizione del giudice della cautela quali
si presentavano prima dell’adozione della misura cautelare è consentito al
giudice della riparazione soffermarsi esclusivamente, ed è anzi pienamente
coerente con l’oggetto del giudizio, su quegli elementi indiziari che siano
espressivi di una condotta direttamente ascrivibile a colui che chiede il
riconoscimento del diritto alla riparazione, posto che presupposto di tale diritto è
la verifica che l’istante non abbia con il suo comportamento concorso a dare
causa all’errore dell’autorità giudiziaria.
1.2. Quanto alla lettura delle emergenze processuali, come è noto, il
rapporto tra giudizio penale e giudizio per l’equa riparazione è connotato da
totale autonomia ed impegna piani di indagine diversi, che possono portare a
conclusioni del tutto differenti (assoluzione nel processo, ma rigetto della
richiesta riparatoria) sulla base dello stesso materiale probatorio acquisito agli
atti, ma sottoposto ad un vaglio caratterizzato dall’utilizzo di parametri di
valutazione differenti. In particolare, è consentita al giudice della riparazione la
rivalutazione dei fatti, non nella loro valenza indiziarla o probante (smentita
dall’assoluzione), ma in quanto idonei a determinare, in ragione di una
macroscopica negligenza od imprudenza dell’imputato, l’adozione della misura,
traendo in inganno il giudice. In tal senso deve valutarsi la motivazione
dell’ordinanza impugnata, che il ricorrente tende a censurare lamentando che la /i,
3

ricettazione aggravata, mai contestatigli.

Corte territoriale si sia limitata a ripercorrere le valutazioni proprie del giudice
della cautela, senza tener conto dell’esito assolutorio.
1.3. La Corte territoriale ha, nel caso in esame, correttamente fondato il
proprio accertamento sugli elementi indiziari a disposizione del giudice della
cautela che concernevano la condotta dell’istante; contrariamente a quanto
dedotto nel ricorso, la decisione non si è fondata su fatti la cui esistenza sia stata
esclusa nel giudizio assolutorio, avendo la Corte territoriale precisato che nel
giudizio assolutorio non fosse stata messa in discussione la condotta del Nardo,
idonea, ad avviso del giudice della riparazione, ad indurre in errore l’Autorità

giudiziaria.
1.4. Nel menzionare alcuni punti della sentenza assolutoria che ha escluso,
in grado di appello, la sussistenza del reato contestato, peraltro a seguito delle
dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Blandino Vincenzo, dalle quali era
emersa l’estraneità del Nardo all’associazione mafiosa, il ricorrente sembra
ignorare il costante indirizzo giurisprudenziale, affermato dalla Corte di
Cassazione anche a Sezioni Unite (Sez. U n. 43 del 13/12/1995, dep. 1996,
Sarnataro, Rv.20363801), per cui, nel procedimento per la riparazione
dell’ingiusta detenzione, è necessario distinguere nettamente l’operazione logica
propria del giudice del processo penale, volta all’accertamento della sussistenza
di un reato e della sua commissione da parte dell’imputato, , da quella propria del
giudice della riparazione, il quale, pur dovendo eventualmente operare sul
medesimo materiale, deve seguire un percorso logico-motivazionale del tutto
autonomo, essendo suo compito stabilire non se determinate condotte
costituiscano o meno reato, e tantomeno se determinate acquisizioni
investigative abbiano valenza indiziaria ai fini della condanna, ma se queste
condotte si siano poste come fattore condizionante alla produzione dell’evento
«detenzione»; in relazione a tale aspetto della decisione tale giudice ha piena ed
ampia libertà di valutare il materiale acquisito nel processo, non già per
rivalutarlo, bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni
dell’azione, sia in senso positivo che negativo, compresa l’eventuale sussistenza
di una causa di esclusione del diritto alla riparazione
(Sez. 4, n. 27397 del 10/06/2010, Rv. 247867; Sez. 4, n.23128 del 22/10/2002,
dep. 2003, Iannozzi, Rv. 225506); tale valutazione costituisce attività riservata
al giudice del merito e, ove non contrastante con fatti accertati o esclusi dal
giudice del processo penale, non è sindacabile in sede di legittimità.

2. In merito al dedotto vizio di motivazione con riguardo al fatto che l’istante .
fosse consapevole della caratura criminale dei soggetti da lui frequentati, va
sottolineato che nel ricorso stesso viene riportato il brano della sentenza 7

U
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assolutoria in cui la Corte di Appello ha ritenuto di affermare che dal compendio
intercettivo fosse desumibile che l’imputato fosse ben consapevole che le
persone da lui frequentate fossero coinvolte in attività illecite; ed in altro passo
della medesima sentenza, richiamato nell’ordinanza qui impugnata, il giudice
della cognizione ha ritenuto che gli elementi emersi dall’istruttoria evidenziassero
la «vicinanza» di Filadelfio Nardo al contesto malavitoso del clan Nardo di
Lentini, sebbene da tali elementi non potesse trarsi la prova certa ed univoca di
un suo stabile inserimento nel contesto malavitoso.

conformità al costante orientamento interpretativo-della Corte di legittimità (Sez.
3, n. 39199 del 01/07/2014, Pistorio, Rv. 26039701; Sez. 4, n. 1235 del
26/11/2013, dep. 2014, Calo’, Rv. 25861001), è stata espressamente indicata
anche nel suo rilievo causale rispetto all’adozione ed al mantenimento della
misura cautelare (pagg.9-10), evidenziandosi anche per tale profilo
l’infondatezza del ricorso.
2.2. Né vale ad inficiare la congruità della motivazione offerta dalla Corte
territoriale l’improprio richiamo, evidente frutto di un refuso ove si misuri
nell’ampio contesto motivazionale, ad ipotesi delittuose mai contestate al
richiedente.

3. Il ricorso deve essere, per tali ragioni, rigettato; segue, a norma
dell’art.616 cod.proc.pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché della
rifusione delle spese sostenute dall’Amministrazione resistente, liquidate come in
dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero resistente in
questo giudizio di legittimità, liquidate in euro mille.

Così deciso il 6 aprile 2018

Il Consig re estensore
r
gnia Serrao

Il Presidente
Patlzr Picci

2.1. La natura gravemente colposa della condotta dell’istante, valutata in

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