Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21067 del 08/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21067 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: IMPERIALI LUCIANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

MEZZATESTA GIOVANNI, nato a Ficarazzi (PA) il 20/07/1939;

avverso l’ordinanza n. 1502/2015 del TRIBUNALE del RIESAME di PALERMO,
del 25/11/2015

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Luciano Imperiali;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Mario M. Stefano Pinelli,
che ha chiesto il rigetto del ricorso,
udito il difensore avv. Salvatore Priola del foro di Palermo, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso

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Data Udienza: 08/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1.

Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Palermo con ordinanza in data

19/10/2015 disponeva applicarsi nei confronti di Mezzatesta Giovanni la misura cautelare
dell’obbligo di dimora in Ficarazzi (PA) e quella dell’obbligo della presentazione alla P.G., in
relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv., 110, 629 commi 1 e 2 cod. pen. e 7 d.l. 152/1991
per avere, agendo in concorso con Comparetto Giuseppe e con Lo Verso Stefano, con più
azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, con la minaccia implicita derivante dalla
qualità di appartenenti alla famiglia mafiosa di Bagheria, costretto Toia Domenico, che subiva

euro richiesti come “messa a posto” per la gestione dell’impianto di illuminazione pubblica del
Comune di Ficarazzi, così procurando per sé e per altri un ingiusto profitto con altrui danno,
con l’aggravante di aver commesso il fatto con le modalità ed al fine di agevolare l’associazione
mafiosa denominata “Cosa nostra”.
2.

La richiesta di riesame proposta nell’interesse del Mezzatesta avverso tale

provvedimento è stata rigettata dal Tribunale di Palermo, sezione per il riesame dei
provvedimenti cautelari e personali, con ordinanza in data 25/11/2015, avverso la quale ha
presentato ricorso per Cassazione il Mezzatesta, a mezzo del difensore, deducendo, quale
motivo di impugnazione, la violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per omessa
motivazione in relazione alla memoria difensiva depositata in data 25/11/2015 e per
motivazione apparente e/o travisamento delle prove. Lamenta il ricorrente che l’ordinanza
avrebbe eluso senza motivazione una pluralità di argomenti difensivi addotti con la predetta
memoria, ed in particolare:
– la circostanza che il Mezzatesta, detenuto per quasi sei anni (dal 25/1/2002 al 4/1/2008)
in relazione al reato di cui all’art. 416 bis cod. ryfrelpen., sia stato assolto ed abbia anche
ricevuto l’indennizzo di riparazione per l’ingiusta detenzione subita,
– la conclamata inattendibilità intrinseca del dichiarante Lo Verso, al quale è stata negata
l’attenuante di cui all’art. 8 I. 203/1991;
– le ragioni di astio e rancore del Lo Verso nei confronti del Mezzatesta, da questo indicate
come documentalmente accertate;
– l’inattendibilità estrinseca e la genericità delle dichiarazioni del Lo Verso,
– la condotta di vita del Mezzatesta, emergente dalle sentenze di assoluzione, indicata
come del tutto incompatibile anche con la mera vicinanza all’organizzazione mafiosa;
– il contrasto tra le dichiarazioni rese da Toia Domenico con le s.i.t. del 25/6/2013 e quelle
rese invece il 7/2/2014;
– l’insussistenza delle esigenze cautelari.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, in ragione della omessa disamina di numerosi e rilevanti punti critici
specificamente dedotti dalla difesa nella articolata memoria depositata dinanzi al Tribunale del
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numerosi furti ed atti intimidatori, a versare beni e denaro per il valore complessivo di 100.000

Riesame il 25/11/2015: sulla fondatezza di una pluralità delle puntuali contestazioni ivi mosse
alle risultanze investigative l’ordinanza impugnata non si è specificamente espressa, né ha
sviluppato un adeguato confronto critico argomentativo, benché si trattasse di questioni
rilevanti ai fini dell’apprezzamento della gravità degli indizi di colpevolezza a carico del
ricorrente.
In particolare, la difesa ha contestato l’attendibilità intrinseca ed estrinseca delle
dichiarazioni di Lo Verso Stefano, deducendo non essere mai stata a questo riconosciuta
l’attenuante di cui all’art. 8 D.L. 152/1991, invece negatagli dalla Corte di Appello di Palermo

delle sue dichiarazioni, provvedimento poi confermato dalla Corte di Cassazione con sentenza
n. 852 del 15/3/2015, così come pesanti riserve sull’attendibilità del Lo Verso erano state
espresse dal Tribunale di Palermo con la sentenza n. 4035/2013 in data 17/7/2013 nel porc.
Mori + 1, che aveva evidenziato come lo stesso Lo Verso avesse reso dichiarazioni su
argomenti che esulavano “dalle modeste conoscenze di un modesto malvivente quale era”,
peraltro anche contrastanti con quelle “di assai più quotati collaboratori di giustizia”. Inoltre,
nella memoria difensiva si erano evidenziate plausibili ragioni di astio ed inimicizia del Lo Verso
nei confronti del Mezzatesta, riferite dallo stesso propalante, che aveva riconosciuto di essere
stato denunciato dal ricorrente, e di avergli “bruciato i magazzini”, e la difesa ha anche
documentato un atto di citazione notificato dal ricorrente al Lo Verso.
A fronte di così significative contestazioni, invece, l’ordinanza impugnata ha del tutto
omesso di valutare l’attendibilità intrinseca del predetto dichiarante e delle sue affermazioni
astenendosi dal valutare sia le riserve espresse in ordine a tale attendibilità del Lo Verso in
altri procedimenti e i possibili motivi di inimicizia con il Mezzatesta, si è invece limitato a
fondare un giudizio di attendibilità del predetto sulla sola considerazione che le sue
dichiarazioni riscontravano quelle della persona offesa Toia Domenico.
Anche in relazione alle dichiarazioni di quest’ultimo, peraltro, la memoria difensiva aveva
avanzato concreti dubbi, lamentando che con le prime sommarie informazioni rese il
25/6/2013 il Toia non aveva in alcun modo indicato il Mezzatesta tra i pur numerosi soggetti,
nominativamente indicati, che avevano avuto un ruolo nelle sue vicende imprenditoriali e nei
reati di estorsione di cui era rimasto vittima, ed invece aveva indicato l’odierno ricorrente solo
con le sommarie informazioni rese il 7/2/2014, peraltro nell’occasione riferendo di essersi
determinato a pagare gli estorsori solo dopo un furto denunciato il 14/11/2003, in un momento
nel quale il Mezzatesta era, peraltro, detenuto: anche in relazione all’omessa indicazione del
Mezzatesta tra le persone di cui era rimasto vittima, nelle prime sommarie informazioni rese
dal Toia, però, l’ordinanza impugnata ha omesso di confrontarsi, limitandosi a rilevare che non
appariva determinante la detenzione del ricorrente al momento della denuncia del 14/11/2003,
trattandosi solo di una delle tante presentate dalla persona offesa.
Riguardo a tali lacune motivazionali, va rilevato che secondo il pacifico insegnamento di
questa Suprema Corte l’omessa valutazione di memorie difensive non può essere fatta valere
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con la sentenza n. 3428/11, con la cui motivazione erano stati espressi dubbi sulla veridicità

in sede di gravame come causa di nullità del provvedimento impugnato, ma può certamente
influire, come avvenuto nel caso in esame, sulla congruità e correttezza logico-giuridica della
motivazione della decisione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse
le ragioni difensive (sez. 6, n. 269 del 5/11/2013, Rv. 258456; sez. 6, n. 18453 del
28/2/2012, Rv. 252713).
Sulla base delle su esposte considerazioni, pertanto, si impone l’annullamento
dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Palermo affinché
provveda a colmare le sopraindicate lacune della motivazione, uniformandosi ai principi dinanzi

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Palermo sezione per il riesame al
quale dispone l’integrale trasmissione degli atti.

Così deciso nella camera di consiglio del 8 aprile 2016.

espressi.

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