Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21065 del 08/03/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 21065 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: RANALDI ALESSANDRO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FOLINO GUERINO nato il 31/07/1967 a PAOLA

avverso l’ordinanza del 24/05/2017 della CORTE APPELLO di CATANZARO
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRO RANALDI;
lette le conclusioni del PG/

Data Udienza: 08/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Catanzaro, quale giudice della riparazione, con
l’ordinanza impugnata ha respinto la domanda con la quale Guerino Folino ha
chiesto la riparazione per la custodia cautelare subita nell’ambito di un
procedimento penale per i reati di cui agli artt. 416-bis e 629 cod. pen. dal quale
è stato definitivamente assolto.

ricorso l’interessato, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione all’art. 314 cod. proc. pen.
Deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, il
Folino non ha tenuto alcun comportamento ambiguo e imprudente, visto che lo
stesso è stato assolto dalla vicenda estorsiva, così come è stato ritenuto
estraneo al sodalizio facente capo a Mario Serpa. Evidenzia che in relazione al
reato estorsivo, sia Folino che Serpa sono stati assolti per insussistenza del fatto,
a conferma della irrilevanza penale dei comportamenti tenuti nell’occorso dal
prevenuto; che dalla ordinanza non si rinviene alcuna argomentazione che
spieghi in che senso i colloqui intercettati debbano ritenersi criptici; che nessuna
rilevanza può essere attribuita alla circostanza che l’interessato non avesse
risposto all’interrogatorio di garanzia.

3. Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del
ricorso.

4. Si è costituito il Ministero dell’Economia e delle Finanze, concludendo per
l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va, quindi, rigettato.

2. La Corte territoriale ha correttamente esaminato la questione sottoposta
al suo esame secondo i parametri richiesti dalla disposizione di cui all’art. 314
cod. proc. pen., valutando in maniera congrua e logica, e con l’autonomia che è
propria del giudizio di riparazione, la ricorrenza di una condotta ostativa
determinata da dolo o colpa grave, avente effetto sinergico rispetto alla custodia
cautelare subita dall’interessata.

2

2. Avverso la suddetta ordinanza, tramite il difensore di fiducia, propone

E’ infatti noto che, in materia di riparazione per ingiusta detenzione, la colpa
che vale ad escludere l’indennizzo è rappresentata dalla violazione di regole, da
una condotta macroscopicamente negligente o imprudente dalla quale può
insorgere, grazie all’efficienza sinergica di un errore dell’Autorità giudiziaria, una
misura restrittiva della libertà personale. Il concetto di colpa che assume rilievo
quale condizione ostativa al riconoscimento dell’indennizzo non si identifica con
la “colpa penale”, venendo in rilievo la sola componente oggettiva della stessa,
nel senso di condotta che, secondo il parametro dell’id quod plerumque accidit,

dell’Autorità giudiziaria. Anche la prevedibilità va intesa in senso oggettivo,
quindi non come giudizio di prevedibilità del singolo soggetto agente, ma come
prevedibilità secondo il parametro dell’id quod plerumque accidit, in relazione
alla possibilità che la condotta possa dare luogo ad un intervento coercitivo
dell’autorità giudiziaria. Pertanto è sufficiente considerare quanto compiuto
dall’interessato sul piano materiale, traendo ciò origine dal fondamento
solidaristico dell’indennizzo, per cui la colpa grave costituisce il punto di
equilibrio tra gli antagonisti interessi in campo.
Va inoltre considerato che il giudice della riparazione, per stabilire se chi ha
patito la detenzione vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o
colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di
stabilire, con valutazione “ex ante” – e secondo un iter logico-motivazionale del
tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale
condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che
abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa
apparenza della sua configurabilità come illecito penale (Sez. 4, n. 9212 del
13/11/2013 – dep. 25/02/2014, Maltese, Rv. 25908201). La valutazione del
giudice della riparazione, insomma, si svolge su un piano diverso, autonomo
rispetto a quello del giudice del processo penale, ed in relazione a tale aspetto
della decisione egli ha piena ed ampia libertà di valutare il materiale acquisito nel
processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno
delle condizioni dell’azione (di natura civilistica), sia in senso positivo che
negativo, compresa l’eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto
alla riparazione (Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 – dep. 09/02/1996, Sarnataro ed
altri).

3. L’ordinanza impugnata ha fornito un percorso logico motivazionale
intrinsecamente coerente e rispettoso dei principi di diritto dianzi accennati.
La Corte territoriale, valutando autonomamente il materiale probatorio
utilizzato dai giudici di merito, ha fondatamente ritenuto che il comportamento

3

possa aver creato una situazione di prevedibile e doveroso intervento

del Folino, pur ritenuto privo di rilevanza penale, ha contribuito colposamente in
maniera decisiva all’emissione della misura cautelare. Ciò sulla base di quanto
risultante dal tenore della stessa sentenza assolutoria, da cui è risultato
accertato che il ricorrente ha tenuto un contegno gravemente ambiguo e
imprudente, indicativo quantomeno di contiguità con il clan mafioso diretto dal
Serpa, posto che il Folino ebbe a rivelare al medesimo Serpa che altri gruppi
criminali erano interessati alle estorsioni ai danni dei giostrai della zona,
«sollecitandolo a intervenire»

e quindi ponendo le premesse per la

situazione, unitamente alle conversazioni di contenuto criptico intercettate tra il
2007 e il 2008 ed i contatti intrattenuti con il boss Mario Serpa durante il lungo
periodo in cui quest’ultimo fu ristretto fuori dalla Calabria, sono stati ritenuti
ragionevolmente idonei ad integrare gli estremi della colpa grave ostativa al
riconoscimento dell’indennizzo, stante l’apparente configurabilità, sul piano
indiziario, del ruolo di concorrente che è stato attribuito al Folino in fase di
indagini, contribuendo così a dare causa all’applicazione del provvedimento
cautelare a suo carico. A ciò si è aggiunta la considerazione che l’interessato, in
sede di interrogatorio, avvalendosi della facoltà di non rispondere, ha omesso di
fornire spiegazioni atte a confutare gli elementi indiziari a suo carico.
In proposito, va qui ribadito il costante indirizzo giurisprudenziale di
legittimità secondo cui, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, integra
gli estremi della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto, la condotta di
chi, nei reati contestati in concorso, abbia tenuto, pur consapevole dell’attività
criminale altrui, comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità
(Sez. 4, n. 8914 del 18/12/2014 – dep. 2015, Dieni, Rv. 26243601; Sez. 4, n.
45418 del 25/11/2010, Carere, Rv. 24923701; Sez. 4, n. 37528 del 24/06/2008,
Grigoli, Rv. 24121801).

4. Le considerazioni sviluppate nel ricorso, con riferimento alla irrilevanza
penale dei comportamenti attribuiti al Folino, non colgono nel segno, proprio
perché non considerano che l’accertamento del giudice della riparazione si svolge
su un piano autonomo e diverso rispetto a quello del giudice della cognizione,
secondo le considerazioni che sono state dianzi sviluppate e che costituiscono un
insegnamento costante della Corte regolatrice.
Le censure in ordine al contenuto delle intercettazioni sono formulate in
maniera generica, limitandosi a contestare la cripticità del loro contenuto, senza
tuttavia spiegare le ragioni di fatto per cui le stesse conversazioni non
dovrebbero essere interpretate in tal senso.

4

partecipazione del clan alla gestione della suddetta attività criminosa. Tale

Anche il rilievo riguardante l’intervenuta assoluzione sia del Folino che del
Serpa dalla vicenda estorsiva, continua a confondere il piano del giudizio di
riparazione con quello del giudizio di merito, che non sono invece sovrapponibili;
né la Corte di cassazione può rivalutare in questa sede il merito della vicenda
processuale nel senso preteso dal ricorrente.

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali, nonché al rimborso delle spese di giudizio in favore del

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dall’Amministrazione
resistente liquidate in euro 1.000,00.
Così deciso il 8 marzo 2018

Il Consigli

estensore

Ales mq° Ranaldi

Il Presidente
Patriz a Piccilli

Ministero resistente, liquidate come da dispositivo.

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