Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21047 del 06/04/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 21047 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VENDRAMIN MIRCO nato il 11/06/1988 a CITTADELLA

avverso la sentenza del 22/02/2017 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere EUGENIA SERRAO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCA ZACCO
che ha concluso per il rigetto del ricorso.
udito l’Avv. PIERO FRATTARELLI per le parti civili Di Stefano Piero e Di Stefano
Martina, che ha concluso per il rigetto o l’inammissibilità del ricorso;
udito l’avvocato PINELLI FABIO del foro di PADOVA in difesa di VENDRAMIN
MIRCO, che insiste per raccoglimento del ricorso.

Data Udienza: 06/04/2018

RITENUTO IN FATTO
1.

Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Venezia ha

parzialmente riformato la pronuncia emessa a seguito di rito abbreviato dal
Tribunale di Vicenza nei confronti di Vendramin Mirko, imputato dei reati previsti
dall’art.589, commi 1,2 e 3 cod. pen. (capo A) e dagli artt.186, comma 2, lett.c)
e 187 d. Igs. 30 aprile 1992, n.285 (capo B) commessi in Vicenza il 2 giugno
2011.
Il giudice di primo grado aveva assolto l’imputato dalla contravvenzione

mesi 4 di reclusione (p.b. anni 7 e mesi 6 di reclusione, ridotta per le generiche
ad anni 5 e, per il rito, a quella indicata) in relazione al capo A), nonché alla
pena di 4 mesi di arresto ed euro 1.000,00 di ammenda in relazione al capo B),
oltre alle pene ed alle sanzioni amministrative accessorie.
La Corte di Appello ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di cui al
capo B), qualificato ai sensi dell’art.186, comma 2, lett. b) cod. strada, ed ha
riqualificato il reato di cui al capo A) ai sensi dell’art.589, secondo comma, cod.
pen., riconoscendo le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata
aggravante ed irrogando la pena di anni tre di reclusione (p.b. anni 4 e mesi 6 di
reclusione ai sensi dell’art.589, primo comma, cod. pen., ridotta per il rito).

2. Il fatto è stato così descritto nelle sentenze di merito: verso le ore 4 del 2
giugno 2011 l’imputato percorreva la tangenziale di Vicenza alla guida
dell’autovettura Polo VW trasportando la sua fidanzata; giunto al km.7,7 aveva
imboccato l’opposta corsia di marcia ed era andato a collidere frontalmente,
dopo aver percorso 368 metri in 14,72 secondi, contro l’autovettura Mini Cooper
condotta da Alex Di Stefano, che procedeva regolarmente nell’opposta direzione;
a seguito dell’urto, quest’ultimo era deceduto; mentre nel capo d’imputazione
risultava che l’imputato avesse un tasso alcolemico nel sangue di g/I 1,59 e
positività alla cocaina nelle urine, a seguito di perizia medico-legale disposta in
appello, era emerso che i valori di concentrazione di alcol etilico nel sangue
dovessero ritenersi attestati tra g/I 1,27 e g/I 1,34, così riqualificandosi il fatto ai
sensi dell’art.589, secondo comma, cod. pen.

3.

Mirko Vendramin ricorre per cassazione censurando la sentenza

impugnata per erronea applicazione di legge e mancanza di motivazione in
ordine alla maggiore gravità sostanziale del fatto-reato rispetto a quanto ritenuto
dal giudice di primo grado. Secondo il ricorrente, il giudice di appello ha violato il
divieto di reformatio in peius in quanto, nel riqualificare il fatto, ha determinato
la pena senza rispettare la proporzione di due terzi rispetto alla forbice edittal
2

prevista dall’art.187 cod. strada e lo aveva condannato alla pena di anni 3 e

alla quale si era attenuto il giudice di primo grado, senza peraltro indicare le
ragioni del giudizio di maggiore gravità del fatto. Con un secondo motivo deduce
manifesta illogicità della motivazione con riferimento al mancato bilanciamento
con posizione di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, mentre la
giovane età dell’imputato, la sua incensuratezza, la dedizione ad attività di
volontariato direttamente connesse alla sicurezza della circolazione avrebbero
giustificato la riduzione per le attenuanti generiche nella massima estensione.

e Di Stefano Piero hanno svolto le loro argomentazioni in merito ai motivi di
ricorso, deducendo che la gravità del caso ha determinato la congruità della
sanzione irrogata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
1.1. La Corte di Appello, nel riqualificare il fatto nella fattispecie meno grave
di omicidio colposo aggravato dalla sola violazione di norme sulla circolazione
stradale, avendo escluso che ricorresse l’ipotesi prevista dall’art.186, comma 2,
lett.c) cod. strada alla quale fa riferimento l’art.589, terzo comma, cod. pen., ha
irrogato una pena finale inferiore a quella inflitta dal giudice di primo grado.
1.2. In conseguenza della derubricazione del fatto, il giudice era tenuto a
determinare la pena entro i nuovi limiti edittali secondo una nuova ed autonoma
valutazione dei parametri previsti dall’art.133 cod. pen., non essendo obbligato a
rispettare altro limite che non fosse quello del divieto di aggravare la sanzione
irrogata dal giudice di primo grado (Sez. U, n. 16208 del 27/03/2014, C, Rv.
25865301; Sez. 3, n. 25606 del 24/03/2010, Capolino, Rv. 24773901; Sez. 4, n.
41566 del 27/10/2010, Tantucci, Rv. 24845701).
1.3. In una precedente decisione, questa Corte Suprema ha già affermato il
principio secondo il quale «Non viola il divieto di reformatio in peius il giudice
dell’impugnazione che, riqualificando il fatto in altra meno grave fattispecie di
reato, individui una pena base di entità maggiore rispetto a quella stabilita nel
minimo edittale dal giudice di primo grado in relazione all’originaria imputazione,
purchè venga irrogata in concreto una sanzione finale non superiore a quella in
precedenza inflitta», sul presupposto che il concetto di minimo edittale non ha
una «potenzialità espansiva esterna» rispetto alla specifica natura della
fattispecie incriminatrice cui esso accede, giacché ad ogni singola figura
incriminatrice corrisponde un giudizio di disvalore che l’ordinamento calibra#
proprio attraverso la previsione di un minimo e di un massimo edittale che, per
3

4. Con memoria depositata il 30 marzo 2018 le parti civili Di Stefano Martina

ciò stesso, perviene soltanto a quella specifica ipotesi di reato (Sez.2, n.33563
del 14/07/2016, Canzonieri, Rv.26785801). Con la conseguenza che alla misura
della pena correlata alla gravità di un reato non deve necessariamente
corrispondere una pena proporzionalmente ridotta di altra figura criminosa
punita con sanzione edittale inferiore.
1.4. Nel caso concreto, la Corte di Appello ha, peraltro, analiticamente
esaminato la questione, già sbttoposta al suo esame dalla difesa in occasione
della discussione orale, riportandosi ai suindicati principi e chiarendo perchè il

23/09/2016, Pappalepore, Rv. 26863601, concernente la differente ipotesi del
divieto per il giudice di appello di irrogare una pena base per il reato continuato
superiore a quella determinata dal giudice di primo grado, qualora a seguito di
appello sia venuto meno il reato più grave.

2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
2.1. Con riguardo all’applicazione delle circostanze attenuanti generiche,
ogni raffronto con il giudizio espresso in primo grado si rivela inconferente, posto
che l’art.590 bis cod. pen. non consente il bilanciamento tra la fattispecie
aggravata prevista dall’art.589, terzo comma, cod. pen. e le circostanze
attenuanti generiche, onde il giudice di primo grado aveva correttamente
applicato la riduzione prevista dall’art.62 bis cod. pen. alla pena prevista per la
fattispecie aggravata ai sensi dell’art.589, terzo comma, cod. pen. mentre il
giudice di appello ha potuto operare il giudizio di bilanciamento, ritenendo le
circostanze attenuanti equivalenti ed operando la determinazione della pena con
riferimento alla forbice edittale prevista dall’art.589, primo comma, cod. pen.
(Sez. 2, n. 43288 del 01/10/2015, Frezza, Rv. 26478101).
2.2. La concessione delle attenuanti generiche con giudizio di equivalenza
non impone, peraltro, al giudice di considerare necessariamente gli elementi
favorevoli dedotti dall’imputato, sia pure per disattenderli, essendo sufficiente
che nel riferimento a quelli sfavorevoli di preponderante rilevanza, ritenuti
ostativi alla concessione delle predette attenuanti in misura prevalente, abbia
riguardo al trattamento sanzionatorio nel suo complesso, ritenendolo congruo
rispetto alle esigenze di individualizzazione della pena, ex art. 27 Cost. (Sez. 7,
n. 39396 del 27/05/2016, Jebali, Rv. 26847501).

3.

Con specifico riguardo al giudizio di determinazione della pena, il

ricorrente omette di confrontarsi con l’ampia motivazione offerta dalla Corte
territoriale per giustificare, in conformità ai principi espressi sul tema dalla Corte
di Cassazione (Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, Pasquali, Rv. 25835601),
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caso concreto non fosse assimilabile a quello deciso da Sez. 2, n. 48259 del

l’applicazione di una pena prossima al massimo edittale, segnatamente la
conformazione dello svincolo stradale che avrebbe richiesto particolare cautela,
la presenza di segnaletica ben visibile, l’esclusiva grave colpa dell’imputato in
assenza di concorso colposo della vittima, la guida in stato di ebbrezza, l’assenza
di manovre di emergenza. Ed il giudizio di bilanciamento risulta ampiamente
motivato, rinvenendosi a pag.13 della sentenza la sottolineatura del fatto che
tutte le indicazioni difensive fossero state già valorizzate dal tribunale ai fini della
concessione delle circostanze attenuanti generiche e che, per converso, la

prevalenza. Risulta, dunque, che anche per tali profili il ricorso non sia
fondatamente proposto.

4. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Segue, a norma
dell’art.616 cod.proc.pen. l’onere delle spese del procedimento.
L’assenza di effettiva soccombenza dell’imputato nei confronti delle parti
civili, trattandosi di ricorso concernente esclusivamente il trattamento
sanzionatorio penale, esclude la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali tra le parti private (Sez. 4, n. 829 del 23/11/2017, dep. 2018,
Menato, Rv. 27194601; Sez. 4, n. 1359 del 02/12/2016, dep. 2017, Zhu,
Rv.26887601).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Nulla per le spese tra le parti.
Così deciso il 6 marzo 2018
Il Consigliere estensore
a errao

Il Presidente
PatritaiPiccialli ,2
Pve 1,-42.. N

gravità della colpa non consentisse di accedere al richiesto giudizio di

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