Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21045 del 08/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21045 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: PARDO IGNAZIO

Data Udienza: 08/04/2016

svolgersi i fatti ed in relazione alla presenza nel luogo ove sarebbe avvenuta la condotta di
violenza privata. Lamentava trattarsi di prove sopravvenute al giudizio di primo grado
riguardanti il matrimonio contratto il 29 ottobre 2011 rispetto alle quali la motivazione del

giudice di appello era meramente assertiva. Lamentava ancora la genericità delle dichiarazioni
delle persone offese e la mancanza di ogni obiettivo riscontro per potere affermare la
responsabilità dell’imputato e con il terzo motivo insisteva su tale aspetto contestando la
credibilità delle persone offese e delle loro dichiarazioni. A tal fine la difesa del Cretu allegava
i motivi nuovi di appello con i quali aveva avanzato le richieste di rinnovazione tramite
l’acquisizione del video del matrimonio celebrato il 29-10-2011 nonché l’ammissione dei
testimoni per riferire in ordine alla presenza dell’imputato in Romania nei mesi da settembre a

Con separato ricorso proponeva impugnazione anche il difensore del Mazare il quale deduceva,
con il primo motivo, violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. a cagione della illegittimità
della declaratoria di latitanza, posto che il rientro in Romania del predetto non era stato
motivato dalla volontà di sottrarsi alla applicazione della custodia cautelare bensì dovuto ad
esigenze familiari. Lamentava ancora che l’emissione del decreto di latitanza non era stata
proceduta da regolari ricerche con conseguente nullità delle notifiche al difensore di ufficio.
All’udienza dell’8 aprile 2016 le parti concludevano come in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati e devono, pertanto, essere respinti.
2.1 Ed infatti, quanto al primo motivo di doglianza comune ad entrambi gli imputati, va
ricordato che in tema di declaratoria di latitanza di soggetto straniero l’emissione del decreto
di latitanza non deve essere necessariamente preceduto dallo svolgimento all’estero di ricerche
tese a rintracciare il soggetto nei cui confronti è stato adottato il provvedimento cautelare e
della cui dimora o residenza in un paese straniero si abbia avuto generica notizia, non
sussistendo i presupposti per l’applicazione in via analogica delle regole dettate per le ricerche
dell’irreperibile dall’art. 169 comma quarto cod. proc. pen.
(Sez. 5, n. 46340 del 19/09/2012, Rv. 253636). Del resto l’autonomia e la difformità delle due

condizioni (irreperibile-latitante) è stata anche oggetto dell’approfondimento delle Sezioni
Unite di detta Corte secondo cui ai fini della dichiarazione di latitanza, tenuto conto delle
differenze che non rendono compatibili tale condizione con quella della irreperibilità, le ricerche
effettuate dalla polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 295 cod. proc. pen. – pur dovendo essere tali
da risultare esaustive al duplice scopo di consentire al giudice di valutare l’impossibilità di
procedere alla esecuzione della misura per il mancato rintraccio dell’imputato e la volontaria
sottrazione di quest’ultimo alla esecuzione della misura emessa nei suoi confronti – non devono
necessariamente comprendere quelle nei luoghi specificati dal codice di rito ai fini della
dichiarazione di irreperibilità e, di conseguenza, neanche le ricerche all’estero quando ricorrano
le condizioni previste dall’art. 169, comma quarto, dello stesso codice
(Sez. U, n. 18822 del 27/03/2014, Rv. 258792). L’applicazione dei suddetti principi al caso in

esame deve pertanto fare escludere la fondatezza delle doglianze esposte; del resto la sola

novembre 2011.

circostanza che entrambi gli imputati si sarebbero contemporaneamente recati in Romania per
ragioni familiari appare evidentemente mascherare la ragione del rientro in patria e cioè la
sottrazione alla ordinanza cautelare. Al proposito va aggiunto, come peraltro già rilevato nei
giudizi di merito, che il Mazare era colui che era fuggito all’atto dell’intervento delle forze
dell’ordine allertate dalle prostitute rumene che venivano minacciate e che in seguito a
perquisizione nel suo domicilio da cui si allontanava veniva ritrovato in possesso di una pistola.
Il provvedimento restrittivo appare pertanto per lo stesso tutt’altro che imprevedibile ed il suo

svolte anche per il Cretu; questi infatti era stato tratto in arresto una prima volta quando si era
scagliato contro un posto di blocco con la propria auto per arrestare la marcia della quale era
stato necessario addirittura esplodere dei colpi di arma all’indirizzo delle gomme; tale condotta
avveniva nel gennaio del 2012 e cioè pochi mesi dopo i fatti di estorsione e violenza privata e
manifesta chiaramente come l’imputato ? ben lungi dall’essere ignaro del procedimento a suo
carico aveva tentato di sottrarsi ai controlli. Inoltre, proprio Cretu, era colui che si era recato
dalle vittime a minacciarle di ritirare la denuncia altrimenti le avrebbe uccise manifestando
così assoluta spregiudicatezza e risolutezza criminale e più che precisa conoscenza del
procedimento a carico proprio e dei correi. Appare pertanto evidente che entrambi i ricorrenti
fossero a conoscenza del procedimento a loro carico, si fossero allontanati dal territorio italiano
per recarsi all’estero e sfuggire alla misura cautelare disposta nei confronti dei correi sicché
non possono lamentare di non avere avuto conoscenza del giudizio con la conseguenza che il
decreto di latitanza appare correttamente emesso.
2.2 Quanto al motivo con il quale si deduce, nell’interesse del Cretu, violazione di legge per
omessa assunzione di prova decisiva, si osserva che lo stesso è ugualmente manifestamente
infondato. Difatti nessuna delle prove dedotte ha carattere di decisività poiché la presenza
dell’imputato in occasione del suo matrimonio in Romania il 29 ottobre del 2011 non è in alcun
modo incompatibile con la consumazione dei fatti in Italia sino al 18 novembre dello stesso
anno; ed infatti che l’imputato avesse facilità di spostamento è ampiamente dimostrato dalle
circostanze emerse all’esito dell’istruzione dibattimentale essendo stato provato che lo stesso
nel gennaio 2012 cercava di fuggire ad un controllo delle forze dell’ordine proprio nel territorio
italiano con ciò dimostrando che lo stesso era aduso a frequenti trasferimenti tra Italia e
Romania. Orbene, va ricordato, come deve ritenersi “decisiva”, secondo la previsione dell’art.
606 lett. d) cod. proc. pen., la prova che, confrontata con le argomentazioni contenute nella
motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato
una diversa pronuncia ovvero quella che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza
intaccandone la struttura portante (Sez. 4, n.6783 del 23/01/2014, Rv.259323). E poiché nel
caso in esame la prova dedotta dall’imputato non appariva idonea ad escludere la sua pur
saltuaria presenza in Italia e quindi la consumazione dei fatti delittuosi anche nel periodo
antecedente e successivo il suo matrimonio deve escludersi il carattere decisivo della stessa.

allontanamento effettuato proprio al fine di sottrarsi all’arresto. Analoghe considerazioni vanno

Quanto al lamentato difetto di motivazione sul punto della rinnovazione istruttoria richiesta in
appello, la Corte di Salerno ha fornito adeguate spiegazioni circa le ragioni del diniego di
accedere alla procedura disciplinata dall’art. 603 cod. proc.pen. rilevando, a pagina 11 della
sentenza gravata da ricorso, come “la richiesta di rinnovazione del dibattimento …è del tutto
ultronea atteso che tutte le persone offese hanno riconosciuto nello “zio” (soprannome
dell’imputato) uno degli autori delle condotte estorsive, verosimilmente quello più pericoloso
che rivendicava il ruolo di comando nella zona in cui le stesse esercitavano il meretricio”. E tali

l’istanza di rinnovazione del dibattimento formulata con l’atto di appello, avuto riguardo
all’accertato comportamento del Cretu nel periodo compreso tra la consumazione dei fatti ed il
suo successivo arresto; pur a dare accertato, così come richiesto dalla difesa, che il ricorrente
si trovasse in Romania nell’ottobre del 2011 è accertato che lo stesso a gennaio del 2012 si
trovava in Italia, quando veniva tratto in arresto perché fuggiva ad un controllo di Polizia e poi
ritornava nuovamente in Romania dove poi veniva tratto in arresto. Appare pertanto provato
che Cretu abitualmente si spostava a breve distanza di tempo tra l’Italia e la Romania sicché le
prove richieste appaiono prive del carattere di decisività non potendo escludere la presenza
dell’imputato nel territorio italiano in occasione del compimento dei fatti delittuosi. Quanto poi
alla natura di dette prove si osserva che non si tratta di prove sopravvenute al giudizio di
primo grado che, si ricorda, si è concluso con sentenza in data giugno 2014 poiché deve
affermarsi che l’imputato non può sottrarsi volontariamente al processo come nel caso del
Cretu ancora latitante durante il giudizio di primo grado e poi invocare la rinnovazione
istruttoria per l’ammissione di prove comunque formatesi antecedentemente la fase stessa di
primo grado. Correttamente pertanto il giudice di appello in tal caso ha fatto applicazione dei
criteri dettati dall’art. 603 cod.proc.pen. nella parte in cui prevedono che il giudice di appello
ammette le istanze di parte ove ritiene di non potere decidere allo stato degli atti e, poiché tale
condizione non sussisteva nel caso in esame a fonte di plurime e convergenti indicazioni
testimoniali e riconoscimenti da parte delle persone offese, correttamente l’istanza veniva
respinta.
2.3 Inammissibile è poi la doglianza in punto di credibilità delle vittime poiché i giudici di
merito con valutazione conforme e priva di contraddizione o delle lamentate illogicità, hanno
sottolineato come la concordanza dei riconoscimenti attribuisca valore certo all’identificazione
degli imputati quali autori dei fatti senza alcuna necessità di dovere individuare ulteriori
riscontri di carattere oggettivo. Peraltro, la fuga del Mazare, al momento dell’intervento delle
forze dell’ordine il 18 novembre del 2011,e la condotta di sottrazione ai controlli operata dal
Cretu. costituiscono validi ed ulteriori riscontri alle dichiarazioni delle vittime tutte peraltro
concordanti in ordine al coinvolgimento di entrambi con ruolo decisivo nella consumazione dei
delitti contestati, come ampiamente ricostruito in fatto nelle pronunce di merito con valutazioni

conclusioni appaiono avvalorate sotto il profilo della superfluità della prova richiesta con

non sindacabili nella presente fase di legittimità e prive delle denunciate illogicità o
contraddizioni.
Alla luce delle predette considerazioni, le impugnazioni devono ritenersi infondate ed alla
relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 cod.proc.pen., la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

ift CONSIGLIERE E
ott. I nazío Pardo
IL PRESIDENTE
dott. Matilde Cammino

Roma, 8 aprile 2016

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