Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21038 del 31/01/2018


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 21038 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: BELLINI UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUIZ VASCO WALTER CARLOS N. IL 11/09/1957
BOLIVAR SALAZAR ANDRES N. IL 10/02/1980
avverso la sentenza n. 3593/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
13/10/2016
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/01/2018 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO BELLINI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. reAs 6 a-k
2.•
ty„,
ut a et
che ha concluso per

e,

, l’Avv
Udit i difenevv.

, u(A, -7„il. etri, t,(i

o

Data Udienza: 31/01/2018

RITENUTO IN FATTO

1.La Corte di Appello di Genova con sentenza pronunciata in data 13
Ottobre 2016 in parziale riforma della sentenza di primo grado, ritenuta la
estinzione per prescrizione di tutti i fatti di droga in relazione ai quali era
stato riconosciuta la ipotesi di minore gravità, rideterminava la pena, in
relazione ai residui episodi commessi dagli imputati in data 16.11.2001 e

VASCO Walter Carlos e in anni quattro mesi tre di reclusione ed C 20.000
per BOLIVAR SALAZAR Andres.

2. Avverso la sentenza proponevano ricorso per cassazione entrambi gli
imputati.
2.1 BOLIVAR Salazar Andres deduceva violazione di legge anche
processuale in ordine ai principi che regolano l’emissione del decreto di
irreperibilità con conseguente nullità assoluta per omessa citazione
dell’imputato. Con una seconda articolazione si doleva della omessa
traduzione degli atti del processo in lingua comprensibile all’imputato, quali
la citazione in giudizio e la sentenza di condanna in primo grado.
3. RUIZ Vasco Walter Carlos deduceva vizio motivazionale in punto di
riconoscimento di responsabilità per la ipotesi criminosa allo stesso ascritta
con particolare riferimento alla ricostruzione dell’episodio e alla
contraddittorietà delle fonti di prova dichiarative indicate a fondamento
della prospettazione accusatoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 primo motivo di doglianza, di rilievo processuale, avanzato dal
Bolivar risulta del tutto infondato laddove lo stesso deduce la violazione del
procedimento notificatorio relativo alla vocatio in ius in primo grado,
coordinando gli obblighi in capo all’agente notificatore in ipotesi di
notificazione da eseguirsi in ipotesi di irreperibilità, con gli incombenti
relativi al procedimento notificatorio nei confronti dell’imputato che dagli
atti risulti dimorare all’estero.
1.2 Invero il ricorrente confonde i piani dei due distinti procedimenti
notificatori, laddove richiama un risalente decreto di espulsione del Bolivar
emesso dalla Prefettura di Genova nel 2002 per farne conseguire l’obbligo
da parte dell’autorità giudiziaria che, nel corso dell’anno 2009, procedeva
nei suoi confronti per fatti di droga, di svolgere ricerche consolari onde
1

12.3.2002, in anni cinque di reclusione ed C 30.000 di multa per di RUIZ

accertare l’esatto luogo di residenza del prevenuto in Colombia, paese
verso il quale era stata eseguita la espulsione.
1.3 Invero ai fini della emissione del decreto di irreperibilità non sussiste
alcun obbligo di disporre apposite ricerche all’estero dell’imputato ivi
residente, del quale si ignori l’esatto recapito (sez.I, 23.6.2010 Loncaric Rv
247719) giacchè l’obbligo di disporre la ricerca all’estero, ai fini della
emissione del decreto di irreperibilità, sorge solo quando quelle svolte nel

dimora o esercita abitualmente la sua attività ed in cui quindi, possa
utilmente effettuarsi la ricerca per l’accertamento di un esatto indirizzo
(sez.VI, 3.6.2015, Ben Helifa, Rv. 264104, sez.II, 31.5.2016, Ciobataru,
Rv.268304).
1.4 Appare evidente che sulla base dello stesso decreto di espulsione e
delle indicazioni ivi contenute, atto peraltro risalente a sette anni prima
dell’emissione della citazione al giudizio e che non era inserito nel fascicolo
processuale dell’odierno procedimento, non risultava il luogo di residenza in
Colombia del ricorrente, essendo in esso indicata esclusivamente la città
natale del prevenuto, il quale medio tempore si era spostato in Inghilterra
per poi rientrare clandestinamente in territorio italiano, ove veniva fermato
del tutto casualmente a dibattimento ormai aperto.
1.5 Risulta pertanto del tutto legittimo e privo di patologie il decreto di
citazione a giudizio del BOLIVAR a seguito di decreto di irreperibilità
pronunciato all’esito dell’adempimento degli incombenti di cui all’art.159
cod.proc.pen., non trovando applicazione alcun segmento del procedimento
previsto per la notifica all’estero, in mancanza di notizia precisa sul
domicilio o sulla dimora del prevenuto in territorio colombiano ovvero dei
suoi successivi spostamenti in Europa.

2. Infondato è anche il motivo di ricorso relativo al diritto alla traduzione
di atti processuali (citazione a giudizio, sentenza di primo grado) laddove,
in base al principio del tempus regit actum, all’epoca della pronuncia della
sentenza di primo grado (anno 2009) l’obbligo di traduzione degli atti
processuali in favore dell’imputato alloglotta che non comprende la lingua
italiana, ai sensi dell’art. 143 cod. proc. pen. (come successivamente
modificato dal D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 32) è configurabile – in relazione
agli atti processuali anteriori alla novella – solo se detto obbligo risulti
funzionale ad un diritto ancora esercitabile; ne deriva che il diritto alla
traduzione non è configurabile con riferimento ad una sentenza già
impugnata, nè in relazione ad un provvedimento per il quale siano già
2

territorio dello Stato consentano di individuare la località ove l’imputato

decorsi i termini di impugnazione (sez.III, 18.9.2015, Egbobawaye Festo,
Rv.265100), con la ulteriore precisazione che la mancata traduzione della
sentenza nella lingua nota all’imputato alloglotta, anche dopo la modifica
dell’art.143 cod. proc. pen. per effetto del D.Lgs. n. 32 del 4 marzo 2014,
non integra ipotesi di nullità ma, se vi è stata specifica richiesta di
traduzione, i termini per impugnare decorrono dal momento in cui la
motivazione della decisione sia stata messa a disposizione dell’imputato
nella lingua a lui comprensibile (sez.II, 11.3.2016, Zhou, Rv.266444).

giudizio fin dal dibattimento di primo grado e la cui vocazione in giudizio è
risultata del tutto regolare, non solo è stato posto in condizione di
esercitare le proprie difese in primo e in secondo grado, ivi proponendo
peraltro le medesime censure processuali in punto di traduzione di atti, ma
in concreto le ha esercitate attraverso la impugnazione, anche per motivi di
merito, della sentenza di primo grado.
2.2 Sotto diverso profilo e in relazione alla doglianza della mancata
nomina di un interprete, pure prevista per le attività processuali cui
l’imputato ha preso parte nel corso del dibattimento di primo grado ai sensi
dell’art.143 cod.proc.pen., il giudice di appello ha logicamente evidenziato
che il BOLIVAR non ha mai affermato in dibattimento di non comprendere
la lingua italiana, così da richiedere la nomina di un interprete, ma semmai
aveva dichiarato in sede di convalida dell’arresto (avvenuta sette anni
prima della celebrazione del giudizio) di non parlare bene la lingua, non
determinandosi pertanto il presupposto della nomina di interprete, peraltro
non richiesta dall’imputato nella udienza dibattimentale cui aveva
partecipato. Il ricorso del Bolivar deve pertanto essere rigettato.

3. Infondato risulta poi il ricorso proposto dal RUIZ Vasco, il quale si
duole della motivazione del giudice di appello in ordine ala sussistenza di
gravità indiziaria tale da giustificare la pronuncia di responsabilità in
relazione all’episodio del 16 Novembre 2001 che coinvolgeva gli imputati
RUIZ e BOLIVAR nella cessione di quattro ovuli di stupefacente cocaina del
peso di circa gr.13 ciascuno, poi rinvenuti sulla persona del Mandili.
Invero i giudici distrettuale con adeguato e coerente iter motivazionale
hanno valorizzato i plurimi elementi probatori acquisiti nel processo,
primariamente costituiti dalle intercettazioni telefoniche e dal servizio di
osservazione, appostamento con successivo sequestro dello stupefacente,
che vedevano convergere entrambi gli imputati presso il luogo ove si erano

3

2.1 Ne consegue pertanto che il ricorrente, il quale ha partecipato al

dati appuntamento, dopo frenetici contatti finalizzati alla vendita di
stupefacente, con l’acquirente, zona monitorata dagli inquirenti.
3.1 In termini del tutto logici e coerenti con gli accertamenti di PG il
giudice distrettuale rilevava come RUIZ e MANDILI erano stati monitorati
nel momento dell’incontro per poi salire su una autovettura in cui si
trovava presente anche il Bolivar e, dopo un rapido giro sull’autovettura,
riscendevano dal mezzo e il MANDILI era immediatamente fermato in
possesso di quattro distinti ovuli di stupefacenti, del peso di tredici grammi

ciascuno, dal peso pertanto del tutto coincidente con quanto prospettato
all’acquirente negli scambi telefonici con il Ruiz che avevano preceduto
l’appuntamento.

4. Va a tale proposito evidenziato che con riferimento alla interpretazione
del materiale captativo il giudice di appello si è del tutto conformato
all’insegnamento del S.C. che costantemente riconosce

agli indizi raccolti

nel corso delle intercettazioni telefoniche … fonte diretta di prova della
colpevolezza dell’imputato che non devono necessariamente trovare
riscontro in altri elementi esterni, qualora siano a) gravi, cioè consistenti e
resistenti alle obiezioni e quindi attendibili e convincenti; b) precisi e non
equivoci, cioè non generici e non suscettibili di diversa interpretazione
altrettanto verosimile; c) concordanti, cioè non contrastanti tra loro e, più
ancora, con altri dati o elementi certi (sez.VI, 4.11.2011 n.3882; sez.I,
18.6.2014 n.37588).
4.1 n giudice di appello invero, con motivazione assolutamente congrua
ha fornito logica interpretazione del compendio di intercettazioni e della
loro plastica rappresentazione dei contatti finalizzati alla negoziazione dello
stupefacente, attraverso cui veniva fissato l’appuntamento presso la zona
presidiata dalle forze dell’ordine, ove la intuizione investigativa trovava
conferma tanto nel sequestro dello stupefacente, quanto nella
individuazione dei due imputati, coinvolti nell’illecito traffico.
4.2

In merito al significato attribuito alle intercettazioni il giudice di

legittimità ha affermato che in tema di intercettazioni di conversazioni o
comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti
intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di
fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta
logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al
sindacato di legittimità (sez.U, 26.2.2015,Sebbar, rv 263715) se non per
ragioni di manifesta irragionevolezza ed illogicità (sez.II, 4.10.2016,
D’Andrea e altri, Rv. 268389).
4

eP—

Il motivo di ricorso deve pertanto essere disatteso.

5.

di

Infondato è anche il motivo

ricorso relativo al trattamento

sanzionatorio laddove il giudice di appello, in relazione all’unico episodio
per cui non era stata riconosciuta la causa estintiva della prescrizione, ha
modulato la pena, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche ritenute prevalenti sulla recidiva, sulla base di criteri edittali
prossimi al minimo (anni cinque di reclusione ed C 30.000 di multa).

legittimità ha più volte precisato che la determinazione della pena tra il
minimo ed il massimo edittale rientra, tra i poteri discrezionali del giudice
di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura
media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il
giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e
simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (così
sez. 4, n. 21294, Serratore, rv. 256197; conf. sez. 2, n. 28852
dell’8.5.2013, Taurasi e altro, rv. 256464; sez. 3, n. 10095 del 10.1.2013,
Monterosso, rv. 255153), potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto
dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo:
“pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo
alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (così sez. 2, n. 36245 del
26.6.2009, Denaro, rv. 245596).

6. In conclusione entrambi i ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti
RUIZ e BOLIVAR devono essere condannati al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.

Rigetta

i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese

processuali.

Così deciso in Roma il 31 Gennaio 2018

Il Consigliere estensore
Ugo Bellini
U ky

Il Presidente
Patri/a P . ccialli

5.1 L’obbligo motivazionale è dunque assolto laddove questa Corte di

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA