Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21037 del 16/02/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21037 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: IMPERIALI LUCIANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

GIORDANO ALDO, nato a Cagliari il 27/04/1955;

avverso la sentenza n. 176/2012 della CORTE di APPELLO di CAGLIARI,
del 03/07/2014;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/02/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIANO IMPERIALI;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. MASSIMO GALLI,
che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso

1

Data Udienza: 16/02/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 3/7/2014 la Corte di Appello di Cagliari ha confermato la sentenza del
Tribunale della stessa città che, in data 28/10/2011 aveva condannato Giordano Aldo alla pena
di anni due di reclusione ed euro novecento di multa per il delitto di cui all’art. 648 cod. pen.
per avere acquistato e ricevuto da Coroforo Paoletto un centrotavola in argento massiccio del
1800 del valore di circa 1000 euro, provento di furto ai danni di Curreli Simonetta.
2. Propone ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, chiedendo

di impugnazione:
2.1.

con il primo motivo lamenta l’inosservanza o erronea applicazione della legge

penale con riferimento agli arttt. 168 bis e ss. cod. pen. e 464 bis cod. proc. pen., per
violazione dell’art. 2 comma 4 cod. pen. e art. 7 CEDU, per essersi la Corte territoriale
adeguata all’indirizzo giurisprudenziale prevalente, rigettando la richiesta di sospensione del
procedimento con messa alla prova formulata in udienza, nel primo momento utile successivo
all’entrata in vigore della I. 67/2014, ponendo l’accento sulle finalità deflattive dell’istituto, che
ha invece anche finalità di reinserimento per i soggetti coinvolti in reati di minore allarme
sociale, con profili non solo processuali, ma anche di carattere sostanziale, quali l’estinzione del
reato per effetto conseguente all’esito positivo della prova, che ad avviso del ricorrente ne
imporrebbero la retroattività ai sensi dell’art. 2 comma 4 cod. pen. e dell’art. 7 CEDU.
2.2. con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione delle norme processuali
stabilite a pena di inutilizzabilità, in particolare laddove la Corte territoriale ha ritenuto
utilizzabili le dichiarazioni testimoniali della persona offesa Curreli Simonetta e del mar.11o
Russo in ordine alla dichiarazione confessoria resa da Coroforo Paoletto nell’immediatezza del
fatto, disapplicando così il divieto posto dall’art. 62 cod. pen.
2.3.

con l’ultimo motivo, infine, il ricorrente lamenta l’erronea applicazione della legge

penale e la mancanza di motivazione, adducendo che la Corte territoriale avrebbe
immotivatamente ed irragionevolmente ritenuto di non concedere le circostanze attenuanti
generiche invocate anche dal Procuratore Generale, negando anche il beneficio della
sospensione condizionale della pena ad un soggetto gravato solo da precedenti per reati ormai
depenalizzati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non può trovare accoglimento, per l’infondatezza dei primi due motivi di
impugnazione e l’inammissibilità del terzo.
1. Il primo motivo di impugnazione è infondato, in quanto l’art.464-bis, comma 2, cod.
proc. pen., non prevede l’ammissione all’istituto della sospensione del procedimento penale
2

l’annullamento della pronunzia della Corte territoriale e sollevando, a tal fine, i seguenti motivi

con messa alla prova – introdotto dalla legge n. 67/2014 – nei processi in primo grado nei
quali la dichiarazione di apertura del dibattimento sia stata effettuata prima dell’entrata in
vigore della nuova norma, e così anche nei giudizi di impugnazione pendenti alla data della sua
entrata in vigore. Difettano, infatti, nella nuova disciplina disposizioni transitorie e, pertanto,
questa Corte di Cassazione ha già ripetutamente evidenziato che l’imputato non può chiedere
la sospensione del procedimento con la messa alla prova di cui all’art. 168-bis cod. pen., né
può altrimenti sollecitare l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice di
merito, perché il beneficio dell’estinzione del reato, connesso all’esito positivo della prova,

(sez. feriale, n. 35717 del 31/07/2014, Rv. 259935; sez. feriale n. 42318 del 09/09/2014, Rv.
261096; sez. 2 n. 18265 del 16/01/2015, Rv. 263792). La legittimità costituzionale di tale
disciplina, peraltro, è stata anche riconosciuta dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 240
del 7/10/2015, con la quale si è rilevato che l’istituto della sospensione del procedimento con
messa alla prova, pur avendo effetti sostanziali, perché dà luogo all’estinzione del reato, è
connotato comunque da un’intrinseca dimensione processuale e che in ragion di ciò si giustifica
la scelta legislativa di parificare la disciplina del termine per la richiesta, senza distinguere tra
processi in corso e processi nuovi. Ha rilevato, infatti, la Corte Costituzionale che il legislatore
gode di ampia discrezionalità nello stabilire la disciplina dei nuovi istituti processuali, a
condizione che ciò non sia manifestamente irragionevole e che, pertanto, la disposizione
dell’art. 464 bis cod. proc. pen., attesa la sua prospettiva processuale, è regolata dal principio
tempus regit actum, e non già dal principio di retroattività della lex mitior il quale, al contrario,
riguarda solo la fattispecie incriminatrice e la pena.
2. Infondato è anche il secondo motivo di impugnazione. Premesso, infatti, che presso la
gioielleria ove pacificamente operava l’odierno ricorrente Giordano è stato rinvenuto il
centrotavola di argento massiccio di proprietà di Simonetta Curreli, al quale il bene era stato
sottratto dal compagno tossicodipendente Paoletto Coroforo, il ricorrente si duole della
riconosciuta utilizzabilità delle dichiarazioni testimoniali della persona offesa Curreli e del
mar.11o Russo in ordine alla dichiarazione confessoria resa dal Coroforo nell’immediatezza del
fatto, assumendo che sarebbe stato così violato il divieto posto dall’art. 62 cod. proc. pen.
La sentenza impugnata riferisce, però, che la Curreli ha dichiarato che presso la sua
abitazione il suo compagno le aveva confessato, anche in presenza dei carabinieri e prima di
qualsiasi iniziativa della polizia giudiziaria, di aver venduto il centrotavola d’argento al
Giordano, sicché tale confessione non è soggetta al divieto di testimonianza previsto dall’art.
62 cod. proc. pen., che opera solo in relazione alle dichiarazioni rese nel corso del
procedimento all’autorità giudiziaria, alla polizia giudiziaria e al difensore nell’ambito
dell’attività investigativa, sicché restano escluse da tale divieto le dichiarazioni, anche se a
contenuto confessorio, rese dall’imputato o dall’indagato ad un soggetto non rivestente alcuna
di tali qualifiche (sez. 3, n. 12236 del 12/2/2014, Rv. 259297).

3

presuppone lo svolgimento di un “iter” processuale alternativo alla celebrazione del giudizio

La Corte territoriale ha, invece, evidenziato che dichiarazioni testimoniali del mar.11o Russo
erano state ritenute dal giudice di prime cure un mero riscontro alle dichiarazioni della Curreli,
pienamente utilizzabili e di per sé idonee ad escludere dubbi in merito alla provenienza illecita
del bene rinvenuto presso il Giordano, per di più rilevando che anche quest’ultimo ha, di fatto,
riconosciuto di aver ricevuto il centrotavola da “un signore .. con una borsa .. che aveva da
vendere della roba”.
3. Inammissibile, infine, è il terzo motivo di impugnazione, atteso che la mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche è stata giustificata da motivazione fondata

né improntato a fattiva collaborazione: si tratta di motivazione esente da manifesta illogicità
che, pertanto, è insindacabile in Cassazione (sez. 6 n. 42688 del 24/9/2008 rv. 242419),
anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il
giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda
in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli
atti, me è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti,
rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011,
rv. 249163; sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, rv. 248244). Allo stesso modo deve ritenersi
insindacabile in sede di legittimità la valutazione di merito, congruamente motivata, con la
quale la Corte territoriale ha ritenuto di non concedere il beneficio della sospensione
condizionale della pena perché, unitamente alla riconosciuta gravità del fatto, anche i
precedenti penali del Giordano, ancorché relativi a fattispecie ormai depenalizzate, comunque
portavano a formulare una prognosi negativa circa la futura astensione del ricorrente dalla
commissione di altri reati.
4. Al rigetto del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso nella camera di consiglio del 16 febbraio 2016.

sulla gravità del fatto e sul comportamento processuale del ricorrente, ritenuto non “cristallino”

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